2015-03-21 13:00:00

Strage in Yemen, oltre 150 morti. Dubbi su rivendicazione Is


Ancora nessuna certezza sugli autori delle stragi di ieri nello Yemen. Cinque gli attacchi kamikaze che hanno colpito tre moschee e un edificio governativo, nelle città di Sanaa e Saada, provocando oltre 150 morti e più di 350 feriti. Il ramo locale del sedicente Stato Islamico ha rivendicato gli assalti, ma per gli Stati Uniti, non ci sono riscontri. ”Atti brutali e inconcepibili” commentano il segretario Generale dell'Onu Ban Ki-moon e la Casa Bianca. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Un venerdì di preghiera trasformato in una giornata di sangue da dimenticare, ieri nello Yemen, per una serie di attentati a catena. Nella capitale Sanaa un kamikaze si è fatto saltare in aria nella moschea Badr, un altro ha aspettato all'esterno la fuga dei fedeli sciiti per azionare l’esplosivo. Un terzo attentatore ha detonato la cintura che indossava in un'altra moschea quella di Al-Hashahush. Sangue anche nella città Saada, nel nord, una delle roccaforti dei ribelli sciiti Houthi, dove gli attentatori hanno colpito sia una moschea, sia un edificio governativo. Le stragi sono state rivendicate dal ramo locale del sedicente Stato Islamico, ovvero Wilayat al-Yemen: "E' solo la punta dell'iceberg", avrebbero avvertito gli jihadisti in un messaggio su Twitter, anche se la Casa Bianca ha invitato alla cautela. Non vi sono, al momento, chiari collegamenti fra la carneficina e i miliziani dello Stato islamico, secondo l'amministrazione Usa. Sangue anche nel sud del Paese ad Aden, dove risiede il presidente Hadi, deposto dai miliziani sciiti Houthi: 29 i morti negli scontri tra le forze di sicurezza e miliziani, tra cui jihadisti di al Qaeda e separatisti. Dunque un Paese destabilizzato per il quale l’Unione Europea parla di volontà di far deragliare il processo di transizione in atto.

Sulla realtà yemenita e la diffusione della strategia del terrore Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Germano Dottori, docente di Studi Strategici all'Università Luiss di Roma:

R. - La situazione in Yemen è caratterizzata dalla persistenza di uno scontro di fondo tra elementi che si stanno disputando il potere: i sunniti che sono riconducibili in qualche modo alla Fratellanza musulmana e gli sciiti che appartengono evidentemente ad un’altra famiglia confessionale. Sullo sfondo c’è anche al Qaeda ed è nell’ambito di questa che si registra anche qualche tentativo di penetrazione del Paese da parte dello Stato islamico.

D. - Oltre alla minaccia internazionale, lo Stato islamico è concentrato in Siria e in Iraq. Ha dunque aperto anche un altro fronte in Yemen?

R. - Secondo me, in questo momento non ha la forza necessaria per ordire una campagna di attentati di questa natura all’interno dello Yemen; penso che la rivendicazione che è stata pubblicizzata, in realtà rientri in un progetto propagandistico teso a negare ai rivali dello Stato islamico la paternità di questa iniziativa. Lo Stato islamico in questo momento è sulla difensiva; è stato sconfitto a Kobane, alla frontiera con la Turchia, sta combattendo per il possesso di Tikrit e si accinge ad affrontare l’offensiva dei regolari iracheni e di chi li appoggia per Mosul. Quindi credo che abbiano problemi più urgenti di cui occuparsi che non quello di esportare il loro brand in teatri da cui non dipende la loro sopravvivenza.








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