2015-03-22 13:37:00

Tre anni dopo nuovo summit tra Corea, Giappone e Cina


Primo summit dopo tre anni dei ministri degli Esteri di Corea del Sud, Cina e Giappone. Un formato di incontri avviato nel 2007, con l'impegno di rotazione annuale della sede, e poi sospeso ad aprile 2012 per le dispute sul passato bellico e di tipo territoriale riguardanti le isole Senkaku/Diaoyu e le Dokdo/Takeshima. Al centro dei colloqui di questi giorni la Corea del Nord, con il suo carico di missili e armi nucleari, e la prospettiva di un vertice tra i leader dei tre Paesi. L’ultimo risale al maggio del 2012, tra l'allora premier giapponese, Yoshihiko Noda, il presidente cinese, Hu Jintao, e quello sudcoreano, Lee Myung-bak, a Pechino. Delle situazioni di tensione che frenano la prospettiva del vertice, Fausta Speranza ha intervistato Rosella Ideo, docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia:

R. – Le questioni più urgenti riguardano l’atteggiamento del Giappone, un Giappone negazionista che, soprattutto con Abe Shinzo, è tornato addirittura a sostenere che la storia del Giappone, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale, sia stata travisata dagli storici e dai libri di testo. Cito solo un fatto, tra tanti: diciannove storici americani hanno scritto un documento in cui lamentavano proprio questo voler negare da parte del Giappone le atrocità commesse a partire dal 1937-38 in Asia Orientale. Ora, questo è davvero inammissibile e gli storici americani lo hanno espresso, tanto che c’è stato addirittura un intervento giapponese perché una casa editrice americana togliesse qualsiasi riferimento alle atrocità compiute dal Giappone contro le cosiddette “comfort women”, queste giovanissime donne, rapite soprattutto in Corea e costrette a prostituirsi nei bordelli di guerra giapponesi, nell’area dell’Asia Pacifico. C’è questo, c’è lo stupro di Nankino, il sacco di Manila, le giornate di Singapore, gli esperimenti biochimici compiuti dal Giappone…

D. – Ma quali altre questioni complicano i rapporti tra Giappone, Corea del Sud e Cina?

R. – Direi che in questo momento, Cina e Corea del Sud fanno fronte contro il il revisionismo storico giapponese e contro il fatto che il governo del primo ministro Abe abbia, diciamo così, reinterpretato la Costituzione, praticamente negando il carattere pacifista della Costituzione giapponese del 1947, che aveva introdotto l’art. 9 in cui il Giappone rinunciava definitivamente all’uso della guerra per comporre le dispute internazionali. Il Giappone ha potuto negli anni costruire forze di autodifesa senza cancellare l’articolo, quindi aggirandolo. Ma la reinterpretazione di questo governo avviene affinché il Giappone possa usare la forza per autodifesa collettiva, con un’ulteriore stiracchiamento della Costituzione pacifista. E questo non piace neanche ai giapponesi.

D. – Questo ci porta alla questione delle isole contese, nel senso che c’è il timore di qualche svolta al proposito…

R. – Anche  noi europei ci preoccupiamo per una questione che può degenerare. Questo è un pericolo presente, che è da tenere in considerazione. Le isole in sé non sono nulla, ma si trovano su vie marittime importantissime. Il controllo delle vie marittime – come sappiamo bene tutti – è una parte molto, molto importante per qualsiasi Stato nazionale.








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