2015-03-23 12:53:00

Funerali vittime Tunisi. Nosiglia: rispondere al male col bene


Al Santuario della Consolata a Torino oggi i funerali per due delle vittime degli attentati di Tunisi: Orazio Conte e Antonella Sesino, entrambi 54enni. Nel Duomo di Novara invece le esequie di Francesco Caldara, 64 anni, ucciso sempre nell’attacco al Museo del Bardo, mentre a Meda, in provincia di Monza, stamani l’allestimento delle camera ardente della quarta vittima Giuseppina Biella, 72 anni. Grande la partecipazione. A celebrare i funerali nel capoluogo piemontese l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

R. – Difficile trovare le parole, tanto più di fronte ad una follia omicida così brutale, così irrazionale, così disumana, che ci lascia attoniti, sconvolti. Io credo che solo la preghiera, il silenzio e la Parola di Dio, possano infondere speranza e dare forza. Per questo ho scelto il Vangelo delle Beatitudini, perché lì Gesù proclama felici coloro che piangono, coloro che sono perseguitati. Dà loro, però, una speranza non effimera, ma forte, perché l’amore di Dio nella croce può portare veramente speranza. E questo è ciò che dobbiamo, in questi momenti, far crescere sempre di più dentro di noi: senza rispondere al male con il male, perché questo aggraverebbe ancora di più la situazione. Dobbiamo vincere il male con il bene, con maggiore impegno per la solidarietà, l’amore, l’amicizia anche per i popoli, tra le religioni, tra tutti coloro che lottano – e sono tanti nel mondo – per costruire un mondo più giusto e più pacifico. Ci troviamo di fronte, infatti, a minoranze estremiste e allora dobbiamo credere tutti nel bene, far crescere in tutta l’umanità questo senso profondo di rispetto, di accoglienza e collaborazione reciproca.

D. – Se, dunque, da una parte la vendetta non è la strada giusta, legittimo è il desiderio di giustizia…

R. – Quello sì. Indubbiamente bisogna perseguire la giustizia, ma va sempre unita strettamente anche all’amore. Gesù non si è lasciato vincere dal male, l’ha vinto persino con il perdono e sulla croce ha perdonato anche quelli che lo stavano crocifiggendo. Questo allora significa che la via che vince è sempre quella che ci porta ad agire attraverso strade e metodi che non sono violenti, come risposta alla violenza: le vie del dialogo, dell’impegno a far crescere all’interno dei Paesi che purtroppo subiscono questa presenza terrorista, ma che non sono certamente d’accordo, la forza di un popolo di onesti che vogliono superare queste terribili situazioni. Penso che questa strage di innocenti debba scuotere le coscienze di ogni uomo di buona volontà, sia cristiano che di altre religioni, per poter agire insieme, poter favorire un’alleanza – chiamiamola così – mondiale, perché si possa veramente dare una risposta appropriata di giustizia – certamente – ma di una giustizia carica anche di grande disponibilità all’amore e al rispetto di ogni persona. Mi pare che Papa Francesco ci indichi questa strada, quando dice a tutti gli uomini di imparare ad andare a scuola dai più poveri, dai più miseri, dai più perseguitati, immergendosi nelle periferie esistenziali, condividendo le loro miserie, le loro situazioni di grave disagio, di difficoltà. Ripartire da lì per promuovere una società veramente più giusta e più capace di essere solidale.

D. – Che cosa si può dire in particolare dei due defunti? Lei ha avuto contatti in questi giorni con i loro parenti?

R. – Sì, io ho avuto contatti, perché ovviamente sono andato anche ad accoglierli all’aeroporto. Sono stati i parenti che hanno deciso di celebrare i funerali nel Santuario della Consolata.

D. – Un luogo molto importante per i torinesi …

R. – Sì, è stata una scelta veramente importante, perché già di per sé il Santuario richiama una dimensione interiore, una dimensione di preghiera, una dimensione di spiritualità. Mi hanno chiesto come prima Lettura ai funerali l’Inno alla Carità di San Paolo, che come sappiamo è un inno all’amore: all’amore di Dio, vissuto anche attraverso vie non facili, di rifiuto della violenza e di ogni ingiustizia, ma anche di speranza piena che questa carità rimarrà per sempre. Anche il sacrificio e l’amore di queste persone per la loro famiglia è un patrimonio che non andrà perso.








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