2015-03-24 14:40:00

Sant'Egidio: cattolici e sciiti in dialogo per nuovi equilibri


Rafforzare il rapporto di conoscenza reciproca e di amicizia con l’islam sciita, maggioritario in alcuni Paesi, come Iran e Iraq, ma soprattutto richiamare la responsabilità dei credenti tutti in un mondo globale e plurale. E’ il senso del Convegno organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio e dalla "Imam al-Khoei Foundation". Il servizio di Francesca Sabatinelli:

Occorre accettare l’altro come fratello anche se non è compagno di religione. Le parole sono di Jawad Al-Khoei, il segretario generale dell’al-Kohei Institute, la Fondazione irachena legata alla massima autorità religiosa dell’Islam sciita, l’Ayatollah Ali Sistani. Ma il pensiero è condiviso: sono necessari il dialogo e la convivenza pacifica, e c’è bisogno di passi concreti. Il mondo sciita incontra il mondo cattolico, a Roma, e insieme richiamano i credenti alla loro “responsabilità in un mondo globale e plurale”, alla loro responsabilità per la “costruzione della pace in un momento storico attraversato da numerose crisi e conflitti sulle scenario internazionale”.

Martiri dell'ingiustizia
Sullo sfondo ci sono i drammi vissuti in Siria, in Iraq, nello Yemen, in molti altri Paesi, dove i martiri sono i cristiani ma anche i musulmani sciiti. Tra i motivi di conflitto “c’è l’ingiustizia – spiega il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso – il desiderio di eccesso di potere, l'ambizione per le risorse naturali, il commercio delle armi. Tuttavia, ci sono anche discriminazioni e persecuzioni di  tipo culturale". Ecco quindi che il ruolo dei responsabili religiosi deve essere quello di costruzione e protezione della pace. “Il discorso religioso – spiega il porporato – ha l'obbligo di favorire il rispetto reciproco e la pace sociale e questo ruolo diventa più importante in tempi di crisi". Occorre definire le cause dell’estremismo religioso e le modalità per curarlo, spiega ancora Al-Khoei:

“La situazione è difficile, ma dobbiamo cercare di essere realistici: la cosa ha bisogno di tempo. Non dobbiamo trattare la questione pensando a un miracolo, oppure a una soluzione magica. Ci sono sfide culturali, economiche, ci sono conflitti internazionali e politici: tutti fattori dietro l’estremismo e il terrorismo. In Medio Oriente, per esempio, bisogna iniziare con l’educazione, l’istruzione e la comunicazione. Per quanto riguarda noi, come religiosi, dobbiamo parlare anche nelle chiese, nelle moschee e nei luoghi di culto. Non dobbiamo dimenticare il conflitto tra le superpotenze e le potenze regionali che cercano di esercitare la loro influenza. Questo non è il ruolo dei religiosi, questo è il ruolo dei politici, dei leader del mondo. Ma questi sono veramente convinti di volere la pace, oppure vogliono diffondere il caos, i conflitti per i loro propri interessi?”

Islam in travaglio
Sono momenti di prova per le religioni. Per i cristiani in Pakistan, in Iraq, in Nigeria, ma anche per gli sciiti, dice Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio:

“E’ un cammino molto difficile, ma è un cammino importante: è un cammino tra due religioni molto diverse, che però vivono un momento molto difficile, vivono la sfida del martirio, della persecuzione, della mancanza di libertà religiosa in alcune parti della terra. Mondi che si debbono incontrare e, come dico, differenti, ma dove c’è anche un grande rispetto, non solo per la fede, ma per la ragione. L’islam è un mondo molto complesso. In questo momento, il mondo islamico è molto sfidato dalla guerra al proprio interno. Dobbiamo capire questa crisi che travaglia l’islam”.








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