Di nuovo in Tunisia, per parlare di condivisione e solidarietà internazionale: per 4 giorni infatti, Tunisi accoglierà l'annuale Forum Sociale Mondiale, durante il quale centinaia di organizzazioni della società civile rifletteranno su come promuovere pace e giustizia a livello globale attraverso politiche ed economie alternative. I partecipanti hanno scelto di confermare la loro presenza e vicinanza alla nazione tunisina, dopo e nonostante la strage compiuta al Bardo. Da Tunisi, il servizio di Silvia Koch:
Continuare a visitare la Tunisia, venire per il Museo del Bardo, per le sue spiagge e per le altre meraviglie del Paese, non bloccarne l'economia che si regge in larga parte sul turismo. Questo chiede al mondo la Tunisia del post-attentato. Una nazione che ha preso coscienza della minaccia terroristica, e che nonostante tutto si è fatta trovare pronta ad accogliere decine di migliaia di partecipanti al Forum Sociale Mondiale.
Tunisi blindata
La presenza dei militari è massiccia nelle zone limitrofe
al parlamento e al campus universitario El Manar che ospita il Forum, ma non nel resto
della città. D'altra parte, non erano i turisti italiani né quelli spagnoli il bersaglio
dei killers del Bardo. L'azione era pensata per colpire il palazzo del parlamento,
limitrofo al Museo, nel giorno dell'esame di una legge speciale antiterrorismo. Non
a caso dal 2013 la Tunisia, culla e Paese di successo delle “primavere arabe”, dove
la rivoluzione ha portato davvero a una graduale apertura della politica, è scelta
come sede del Forum. Con esso si vuole riflettere in particolare sulla complessità
geopolitica del mondo arabo, cercare di comprenderne le dinamiche, arginare il pericolo
che l'Isis continui ad essere un'alternativa attraente per giovani delusi dagli esiti
delle rivoluzioni.
Solidarietà contro fanatismo
I protagonisti della società civile del Nord Africa
e Medio Oriente cercheranno di individuare, attraverso la condivisione delle esperienze,
dibattiti e attività collettive, le possibili vie per combattere la diffusione del
fanatismo religioso, ma nel pieno rispetto dei diritti individuali e dei popoli. Tutto
questo si traduce in reti transazionali di solidarietà e di azione, alleanze tra associazioni
dei vari Paesi e continenti che condividono le medesime istanze, al di là dello specifico
contesto geografico, all'interno di uno scenario in cui il pericolo da combattere
si muove anch'esso su reti fluide e alleanze internazionali (sia esso rappresentato,
di volta in volta, dal capitalismo spregiudicato, dalla globalizzazione intesa come
impoverimento culturale e negazione della libertà politica, o ancora, dalle varie
forme di fondamentalismo e violenza).
Le “buone pratiche” dei diritti umani
Esperti e cooperanti del Maghreb direttamente a confronto
con corrispettivi referenti delle società del Masrek, e a livelli successivi, con
i partecipanti provenienti dagli altri continenti ed aree geografiche. E ancora, condivisione
di “buone pratiche”, di rispetto e promozione di diritti umani, tra le organizzazioni
impegnate nelle varie aree tematiche: si articola secondo queste logiche di fratellanza,
da ormai 15 anni, il processo del Forum.
La realtà delle donne
Tra i focus di quest'oggi, giornata di apertura dei
lavori, la libertà di informazione da un lato, e la realtà delle donne dall'altro,
in Paesi che attraversano fasi delicate di transizione politica o conflitto, come
la Tunisia, l'Egitto, l'Iraq, lo Yemen, le cui delegazioni si contano numerose ad
animare le oltre mille attività in programma. Oltre
alla geopolitica del mondo arabo, sempre presenti in agenda i temi classici dell'attivismo
sociale: dalla promozione delle donne all'incoraggiamento dei giovani, dalla tutela
dell'ambiente all'immigrazione, alla difesa dei popoli nel mondo ancora oggi senza
una Patria ufficialmente riconosciuta, al confronto costruttivo tra le varie religioni.
Terrorismo non ferma il Forum
Cambiano di anno in anno le sfide e priorità dei difensori
dei diritti umani, ma il percorso del Forum non si arresta, non davanti la follia
omicida e il fanatismo religioso, non a causa delle difficoltà di spostamento oltre
le frontiere, tanto meno per la diffusa sordità di istituzioni e organizzazioni che
governano la politica e l'economia mondiali.
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