2015-03-26 14:47:00

Dl antiterrorismo. Renzi blocca intercettazioni da "remoto"


Il premier Renzi ha chiesto e ottenuto lo stralcio dal Dl antiterrorismo, all'esame della Camera, del passaggio che consente di 'frugare' nel computer dei cittadini. Punto controverso era proprio la possibilità per le Forze dell’ordine di fare intercettazioni telematiche da “remoto”. Ma che cosa significa questo nel concreto? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof. Giovanni Ziccardi, dicente di Informatica giudiziaria all’Università statale di Milano:

R. – Significa poter entrare nel computer, nel telefono cellulare, nello smartphone di una persona o nel suo sistema informatico, come ad esempio la rete wi-fi, un router, e poter vedere, monitorare e memorizzare tutto quello che succede, ossia le comunicazioni in entrata e in uscita, le attività su quel computer, le conversazioni in chat, le conversazioni di whatsapp, le fotografie scattate, i video memorizzati, i siti web visitati: ogni attività pensabile e possibile su un dispositivo.

D.  – Questo tipo di intercettazioni telematiche hanno sollevato proteste ma gli estensori del decreto si sono difesi dicendo che è “necessario adeguamento tecnologico” rispetto alle tradizionali intercettazioni telefoniche …

R. – Intanto, questo metodo di indagine è già diffuso da anni. Già la Cassazione in Italia e diversi esponenti della dottrina giuridica sono più di 10 anni che cercano di inquadrare questo metodo di analisi del computer altrui durante le indagini. La novità di questi giorni è che si vorrebbe formalizzare in un articolo del Codice di procedura penale la possibilità di effettuare questo tipo di indagine che è la più invasiva probabilmente oggi esistente. Forse più invasiva potrebbe essere soltanto tramite i droni, ad esempio un drone miniaturizzato che entri proprio nell’abitazione del soggetto indagato. E’ ovvio che un sistema di questo tipo, talmente invasivo, ha creato subito due schieramenti: quelli che dicono che sono necessari questi strumenti di limitazione della libertà e chi, come invece il Garante per la privacy, che dice che anche nei momenti di crisi dell’ordinamento non bisogna mai perdere di vista i grandi principi della libertà. Quindi si tornerà a discutere sul bilanciamento necessario tra libertà e sicurezza, che da dopo l’11 settembre è un argomento che in tutto il mondo tiene banco ed è ancora molto attuale.

D. – Però è pur vero che queste pratiche sono permesse ai privati, ovvero di spiarci in ogni modo e di assemblare tutti i nostri dati privati…

R. – Infatti una delle cose più pericolose, secondo me, può essere l’accordo tra le Forze dell’ordine e chi opera le investigazioni e le società private che tengono e memorizzano tutti i nostri dati. E’ quello che negli Sati Uniti chiamano l’accordo tra il governo e il business e che può dare vita ad un ‘grande fratello’, cioè ad un sistema di controllo che diventa veramente di una pericolosità estrema, perché gran parte dei nostri dati siamo noi i primi a metterli a disposizione all’interno di realtà commerciali che non sempre garantiscono la privacy. Di sicuro il futuro sarà sempre più votato al controllo.

D. – Quando è lo Stato a voler controllare, a scopo di tutela del rispetto delle leggi, vengono sollevate tante obiezioni, non altrettante quando il controllo viene operato da privati …

R.  – …sì per fini commerciali o altro. Questo è vero, perché la percezione della violazione alla privacy di solito si ha quando succedono questi fatti clamorosi ed evidenti di tentativo da parte dello Stato di invadere così palesemente la vita dei cittadini, mentre nel quotidiano sembra più indolore la svendita dei dati. Oggi, gran parte degli utenti sono portati a non essere loro i primi a tutelare la loro privacy ma a svendere e regalare i loro dati in cambio di visibilità, di servizi, di una finta gratuità. Però, quando è lo Stato e si entra nel sistema delle garanzie processuali e della libertà delle persone, il problema pare palese a tutti e diventa estremamente urgente.








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