2015-03-26 12:17:00

Libia, nuovo stallo nei negoziati: appello dell'inviato Onu


L'inviato dell'Onu per la Libia, Bernardino Leon, ipotizza che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite "nei prossimi giorni" lancerà "appelli molto forti" sulla situazione nel Paese nordafricano. Leon afferma: “secondo uno schema che si ripete, ci si avvicina ad un accordo e poi c’è sempre rinnovata violenza". Obiettivo del negoziato: un accordo tra il governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, e le autorità di Tripoli. Di difficoltà e prospettive, Fausta Speranza ha parlato con Luigi Serra, docente all’Università Orientale di Napoli:

R. - Lo scempio istituzionale, politico, civile, in cui la Libia è caduta - anche non senza sue colpe - alimenta questi timori, che, a fronte di una prospettiva di componimento dello scontro tra le due parti -Tobruk e Tripoli - ci siano ancora movimenti tendenti al vanificare questi sforzi. La proposta di Bernardino Leon è ammirabilissima e probabilmente è una delle migliori praticate negli ultimi mesi per comporre la situazione disastrosa in Libia: nel senso che, su mandato dell’Onu, non ha annunciato la sua missione come un atto di forza, minacciando un intervento unilaterale o ricorrendo ai soliti sistemi di individuare già un premiato dagli accordi, dagli incontri, dalle trattative; ma ha fatto capire alla Libia, alla Libia moderata - quella di un popolo che indubbiamente è stanco del disastro in cui si trova - che le parti contrapposte possono superare vicendevolmente il quadro collaborando insieme a qualcosa che l’esterno - in questo caso l’Occidente, l’Europa,  le Nazioni Unite – suggerisce, ma non vuole direttamente comporre. In ogni caso, si consideri che Mohammed Shoaib di Tobruk ha detto che prende tempo, ma darà comunque un suo documento di risposta alle proposte di accordo.

D. – Ma si tratta di un negoziato davvero difficile tra le parti, cioè tra Tobruk, riconosciuta a livello internazionale, e Tripoli; oppure le parti negoziano però poi sul terreno non hanno il supporto delle masse?

R. – Il fatto che Bernardino Leon abbia incontrato i 34 capi locali, vale a dire i cosiddetti sindaci, ha dato la sensazione all’intera Libia che Leon vuole parlare con il popolo e quindi lanciare un messaggio a coloro che patiscono più di ogni altro questa situazione di terrore, di lacerazione, di guerra civile. Ora, dietro a questo scenario indubbiamente positivo, si annida quella che è l’avversione ad un raggiungimento di componimento dei contrasti in Libia.

D. – Professore, diciamo anche qual è la presenza e il peso delle forze legate al cosiddetto Stato islamico…

R. – Un peso oscuro: lo testimonia la serie di attentati, di drammatici bombardamenti, raid, uccisioni che si sono susseguite in questi stessi giorni tra Tauorga, Zintan... Ha un certo peso anche su una posizione di resistenza da parte della delegazione di Tobruk, la stessa posizione di Khalifa Haftar: indirettamente Khalifa Haftar, che sostiene in sostanza il governo legittimato anche a livello internazionale, è impegnato a sradicare la presenza jihadista, la presenza islamista in Libia, secondo il modello ugualmente affermatosi in Egitto. Questo deve accadere ma non fa altro che alimentare  la resistenza dell’Is e quindi alimentare ancora ogni atto, ogni azione, ogni mossa che possa inficiare il raggiungimento di un accordo. Della gravità di questa presenza, la Libia, come l’Algeria, il Marocco e la Tunisia alla luce del dramma che ha vissuto soltanto qualche giorno fa, cominciano a rendersene davvero conto. La follia del Califfato di Baghdad si alimenta lungo un filo che pochi rilevano, ma che è alla base della spregiudicatezza terroristica di quel raggruppamento: l’emiro di Baghdad tende a riprodurre a distanza di secoli l’itinerario di aggressione dell’islam dall’Oriente verso l’Occidente, via Maghreb.








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