2015-03-27 16:00:00

Fibrosi cistica: ricerca ha fatto passi da gigante


Cos’è la fibrosi cistica? E com’è cambiata negli anni? Queste le domande su cui si è incentrato l’incontro organizzato dall’Osservatorio delle Malattie Rare per scoprire questa malattia, di cui soffrono circa 6000 italiani. Per noi c’era Corinna Spirito:

Sono circa 19 mila ad oggi gli europei affetti da fibrosi cistica, una rara malattia multiorgano che in pochi conoscono. Colpisce i polmoni, il pancreas, l’intestino, destinando i pazienti a una vita di dipendenza dalle terapie, cui si sottopongono più volte al giorno. Fino a pochi anni fa, le équipe di specialisti si trovavano soltanto in ospedali o centri pediatrici, perché i malati di fibrosi cistica non superavano la fase adolescenziale. Ora, però, la ricerca ha fatto passi da gigante e la maggior parte dei pazienti è adulta, come ha spiegato il dottor Vincenzo Carnovale del centro regionale della Campania, uno dei pochi dedicati agli adulti:

“La fibrosi cistica è, forse, in assoluto nella medicina in generale la malattia che negli ultimi 50 anni ha completamente stravolto la sua storia naturale. Il numero dei pazienti adulti è superiore attualmente al numero dei pazienti in età pediatrica. Si prevede che nel 2025 - quindi da qui ad un decennio - ci sarà un aumento percentuale di circa il 50 per cento dei pazienti in generale e questo aumento sarà costituito dal 20 per cento dei pazienti in età pediatrica e dal 75 per cento dei pazienti in età adulta. La necessità, quindi, di centri adulti si rende necessaria, perché con l’aumento della sopravvivenza e il bersaglio – diciamo - di età che aumenta notevolmente verso la sesta decade di vita costringe noi medici ad affrontare delle problematiche cliniche che fino a 30 anni nessuno pensava di dover affrontare”.

Maggiori aspettative di vita significa anche progetti a lungo termine. Tante, ad esempio, sono le donne malate di fibrosi cistica che decidono di diventare mamme, nonostante i rischi. È successo a Valeria Minotti, che all’età di 27 ha deciso di sottoporsi a un trapianto bipolmonare migliorando in modo sostanziale la qualità della propria vita e a 40 anni ha partorito Sofia:

“E’ stata una gravidanza vissuta giorno per giorno. Non pensavo né al peggio né al meglio. Ogni giorno lavoravo su di me, facendo due ore al giorno di camminata veloce, mangiavo in un certo modo, prendevo le medicine in maniera perfetta, bevevo tanta acqua per i reni e mi sono rilassata. Quando ho visto Sofia e la gioia che ci dà Sofia a me e a mio marito, ripara tutto quello che io ho passato”.

Durante l’incontro organizzato dall’Osservatorio Malattie Rare, si è parlato però anche di quanto le nuove terapie abbiano migliorato la quotidianità dei pazienti più piccoli, insieme alla responsabile della Divisione della Fibrosi cistica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù, la dottoressa Vincenzina Lucidi:

“Nel giro di soli 30 anni – e lo dico per esperienza personale – da una situazione clinica in cui la malattia era terribilmente visibile fisicamente, in cui i ragazzi e i bambini subivano anche un ritardo di crescita impressionante - e questo significa quindi statura, significa peso, ma significa anche ritardo puberale – oggi abbiamo raggiunto questo obiettivo di persone normali, che fanno anche tantissimo sport, perché l’insufficienza respiratoria cronica può essere veramente non solo di stimolo psicologico, ma anche proprio di un recupero di capacità funzionale polmonare. Sono ragazzi di una intelligenza incredibile, che imparano subito a convivere con delle regole quotidiane, spesso molto rigide: la durata della terapia - tra terapia, pasticche varie, ma soprattutto aerosol e in alcuni casi terapia antibiotica endovena - impegna ore intere della loro giornata. Io penso che ci sia ancora un margine di lavoro importante, che deve essere soprattutto sul sociale, a cominciare dalla scuola, per permettere loro di vivere normalmente la loro vita e quindi rispettare quelle che sono le regole dei bambini. Per fare questo, però, bisogna tener conto delle esigenze della malattia e la malattia è una malattia che non perdona: tutti i pazienti con fibrosi cistica muoiono, però la sopravvivenza, che noi tentiamo di aumentare, in realtà avrà sicuramente un vantaggio più concreto, perché le nuove terapie porteranno ad una sopravvivenza decisamente migliore”.

Uno stile di vita, dunque, che ha fatto decisamente passi avanti rispetto al passato, ma ancora legato a lunghe e frequenti terapie che impediscono una normale quotidianità.








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