2015-03-28 13:38:00

Yemen, nuovi raid sauditi. Msf: urgenti farmaci e mezzi


L’operazione militare nello Yemen andrà avanti fino alla resa dei ribelli Houthi. Così, dal vertice della Lega Araba in corso a Sharm el-Sheikh il re Salman dell’Arabia Saudita da giorni impegnata in raid soprattutto sulle città di Aden e Saana. 54 i morti, circa 200 i feriti mentre anche il Pakistan e l’India hanno deciso di rimpatriare i propri connazionali. L’Onu auspica dal vertice di oggi una soluzione pacifica: i negoziati dice il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, sono l'unica "chance" per evitare una guerra lunga. Il servizio di Cecilia Seppia:

I caccia sauditi non si fermano, al terzo giorno di raid sulla capitale Sana'a hanno colpito numerosi obiettivi, basi e depositi di armi dei ribelli sciiti Houthi con l’intento di fermare la loro avanzata. D’altra parte, a Riad è arrivato pure il sostegno del presidente americano Obama che ha ribadito però anche lo “scopo comune” di trovare una “soluzione politica negoziata” prima possibile. Il regno del Golfo “apre le porte al dialogo tra tutte le parti”, ha detto il re saudita Salman, dal vertice della Lega Araba, dove si discute anche di Siria e Libia, ma ha ammonito che l’operazione denominata “Defensive storm” andrà avanti fino alla resa incondizionata degli Houti e finché che lo Yemen non avrà pienamente recuperato la sua stabilità politica e sicurezza. D’accordo anche il capo di Stato egiziano al Sissi, e l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad, mentre l’Onu continua ad invocare la svolta pacifica. Intanto, mentre India e Pakistan provvedono all’evacuazione dei loro connazionali sul terreno si contano più di 50 morti, circa 200 feriti per gli scontri armati ad Aden. Gli Houthi sono una minaccia per tutto il Medio Oriente e restano “determinati a ottenere il potere attraverso la violenza” ha detto il presidente yemenita, Mansour Hadi, lanciando un appello al suo popolo affinché scenda in piazza contro i ribelli e i loro alleati golpisti e in favore della sua legittimità.

E mentre la Marina saudita con l’Operazione “Tornado” sta provvedendo all’evacuazione da Aden dei diplomatici stranieri, decine di migliaia di civili non sanno come e dove fuggire, gli ospedali sono pieni di feriti e l’Onu ha parlato di rischio di catastrofe umanitaria. Sulla situazione della popolazione yemenita, Cecilia Seppia ha sentito Gabriele Eminente, direttore generale di Medici Senza Frontiere Italia (Msf):

R. – Noi abbiamo avuto notizie recenti, in particolare dai nostri che stanno lavorando all’ospedale di Aden, che è un ospedale dove Msf da tempo esegue, più o meno, un paio di migliaia di interventi l’anno di chirurgia di emergenza. Ma negli ultimi giorni, questi numeri sono letteralmente esplosi, nel senso che abbiamo ricevuto dalla settimana scorsa circa 250 persone che avevano bisogno di interventi urgenti. Purtroppo, alcuni di questi sono arrivati in condizioni gravissime ed è stato possibile fare poco. Abbiamo soprattutto una situazione di allarme che ci viene dal nostro staff dell’ospedale, perché stanno veramente operando in condizioni estreme.

D. – Immagino che gli ospedali siano al collasso in questi giorni perché arrivano tantissimi feriti, ma la cosa più grave è che cominciano a scarseggiare le risorse per curarli…

R. – Sì, gli aeroporti in particolare sia di Aden che di Sana’a in questo momento sono chiusi e impraticabili e quindi è impossibile per il coordinamento delle missioni di Msf in Yemen, che è per l’appunto a Sana’a, fare arrivare nuovi operatori umanitari, far arrivare farmaci, far arrivare quello che serve per continuare ad operare. Quindi, intravediamo già una condizione di estrema difficoltà se non sarà riaperto l’accesso ai canali per far arrivare nuovi operatori umanitari e per le necessarie attrezzature.

D. – Oltre agli aeroporti chiusi, anche il porto di Aden è sotto attacco in questo momento. Quindi, proprio per questo la gente non può fuggire. L’Onu un paio di giorni fa ha parlato di “rischio di catastrofe umanitaria” nello Yemen. Secondo lei, c’è questa possibilità?

R. – Rischiamo di vedere replicata una situazione che abbiamo visto sempre più spesso negli ultimi mesi. È una situazione, ad esempio, che abbiamo visto recentemente in Ucraina, dove a fronte di un conflitto molto violento, con una linea del fronte che cambia in maniera molto rapida, chi ci rimette di più sono i civili, coloro che restano intrappolati all’interno di questo conflitto. Non riescono a fuggire anche se comunque sono costretti a fuggire, andando così ad alimentare quella che – a nostro avviso e lo stiamo denunciando proprio in questi giorni con la campagna “Milioni di passi” – è la crisi umanitaria globale più pressante, ovvero quella delle popolazioni che sono costrette a lasciare la loro casa, la loro famiglia, perché in fuga da situazioni di guerra e violenza. Si stima che in questo momento siano 51 milioni nel mondo e purtroppo questo numero rischia di crescere ulteriormente a causa di quello che sta succedendo nello Yemen.

D. – Gli Houthi hanno colpito le moschee, gli edifici governativi... C’è stato qualche attacco negli ospedali, nelle strutture mediche?

R. – Evidentemente, è un rischio che corriamo ogni giorno. Abbiamo ricevuto proprio ieri sera una serie di testimonianze da nostri operatori: loro sentono colpi di artiglieria, sentono fischiare le pallottole sopra la loro testa, sono costretti a muoversi con estrema cautela anche nella zona dell’ospedale. Quindi, in questo momento magari non c’è stato ancora un attacco preordinato, ma c’è molta violenza intorno e nulla esclude che si passi rapidamente a situazioni dove gli ospedali vengano presi di mira. Questa è la prima richiesta, il primo appello che abbiamo fatto: ovvero che sia rispettata la neutralità delle strutture mediche in generale, e delle strutture di Msf nello specifico, da tutte quante le parti in conflitto.

D. – Dal punto di vista medico, e quindi anche umanitario, che cosa serve? Noi sappiamo che lo Yemen è il più povero tra i Paesi arabi, quindi immagino che oltre alle medicine servano forse anche beni di prima necessità per la popolazione...

R. – La prima cosa che è necessaria è per l’appunto sbloccare la situazione che impedisce in questo momento le forniture degli ospedali: parliamo di forniture, come ad esempio anestetici, antibiotici tutto quello che serve per poter operare in condizioni minime di sicurezza per il paziente. Detto questo, già ci sono decine, centinaia di migliaia di sfollati all’interno del Paese e questo probabilmente richiederà nel prossimo futuro un’ulteriore attenzione evidentemente con strumenti diversi.








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