“Crediamo che molti dei dirigenti coinvolti nel conflitto non riescano neanche a immaginare una via d’uscita che porti la pace”: lo scrivono i vescovi del Sud Sudan, denunciando per altro il “fallimento” sia delle parti in lotta che dei mediatori nel porre fine ai combattimenti cominciati nel dicembre 2013.
La Chiesa chiede di fermare i combattimenti
La posizione della Conferenza episcopale - riferisce l'agenzia Misna - è stata resa
nota attraverso un messaggio diffuso dopo una nuova tornata di negoziati ad Addis
Abeba tra il governo del presidente Salva Kiir e i ribelli legati al suo ex vice Riek
Machar. “È inconcepibile – si legge nel documento – trattare su incarichi, responsabilità,
percentuali, sistemi di governo, distribuzione delle risorse e altri temi mentre ogni
giorno ci sono nuove vittime; i combattimenti si devono fermare, immediatamente, e
solo allora questi problemi politici potranno essere affrontati”.
Mai rispettate le intese di cessate il fuoco
Il riferimento è a un accordo sottoscritto a febbraio che prevede l’entrata in carica
di un esecutivo di unità nazionale in coincidenza con il quarto anniversario dell’indipendenza
del Sud Sudan, il 9 luglio 2015. Le parti avevano ribadito l’impegno a garantire il
rispetto di un’intesa di cessate il fuoco già sottoscritta all’inizio del 2014, ma
mai rispettata.
Circa 2 milioni le vittime del conflitto
Secondo le Nazioni Unite, dall’inizio del conflitto le vittime delle violenze sono
già state decine di migliaia, mentre le persone costrette a lasciare le proprie case
sono circa un milione e 900.000. (V.G.)
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