2015-04-03 13:59:00

Il Papa sulla strage in Kenya: atto brutale e insensato


“Un atto di brutalità insensata”: così il Papa ha definito la strage compiuta ieri all’Università di Garissa, in Kenya con un bilancio finora di 147 morti, barbaramente uccisi dai fondamentali somali al Shabaab. Francesco, esprimendo il suo profondo dolore per questa “immensa e tragica perdita di vite”, prega “per una conversione del cuore” degli attentatori e invita tutti a raddoppiare gli sforzi per porre fine alla violenza e accelerare l’alba di una nuova era di fratellanza, giustizia e pace”. Forte la condanna della comunità internazionale. Cecilia Seppia

 

E’ ancora un via vai di ambulanze all’Università di  Garissa, dove i jihadisti somali hanno preso in ostaggio e massacrato ieri centinaia di studenti, soprattutto cristiani, alcuni dei quali sono stati decapitati, altri freddati con un colpo alla nuca come riferiscono i sopravvissuti:  i raid delle forze dell’ordine hanno liberato 500 sequestrati  ma mancherebbero all’appello oltre 150 persone tra ragazzi del campus e docenti, quindi il bilancio delle vittime potrebbe aumentare; molti scorpi sono stati portati in queste ore a Nairobi per il riconoscimento. I miliziani di al Shabaab che hanno rivendicato il gesto rilanciano  il terrore con nuove minacce:  “il Kenya vivrà altri attacchi  mortali non ci sarà alcun luogo sicuro, fintanto che il Paese manterrà  le sue truppe in Somalia”, ha detto il portavoce del gruppo legato ad Al Quaeda.  Le autorità hanno messo una taglia sul presunto responsabile: Mohamud Kuno, ex operatore umanitario, che ha insegnato in una scuola teologica proprio a Garissa, prima di unirsi alle milizie islamiche somale. Al grido di condanna di Papa Francesco, si unisce quello dell’Ue che ribadisce il suo impegno a sostenere il Kenya nel superare la minaccia del terrorismo. Per riuscirci, dice però il Capo della diplomazia europea Mogherini è importante che ognuno faccia la propria parte.

 

Sulla strage in Kenya, Giancarlo La Vella ha sentito padre Carmine Curci, direttore dell'agenzia internazionale Misna

 

R. – E’ dal 2011 che il Kenya è fortemente impegnato in Somalia per combattere gli al-Shabaab. In questi anni, di questi atti terroristici ne abbiamo visti tanti in Kenya, compiuti da questo gruppo…

D. – Dobbiamo considerare questo gruppo un movimento a sé stante oppure uno dei tanti aspetti del Califfato, che si sta muovendo in altre parti sia dell’Africa che del Medio Oriente?

R. – Ritengo che al-Shabaab – come Boko Haram, come lo Stato Islamico – porti avanti un’idea dell’Islam violento. Sappiamo già che ci sono contatti tra i vari gruppi ed è quindi evidente che esiste una strategia comune per creare grande tensione, soprattutto in determinate aree.

D. – Avete avuto contatti con la comunità cristiana di Garissa?

R. – Sì, abbiamo sentito il vescovo coadiutore di Garissa, mons. Joseph Alessandro, che ci ha detto che la situazione è effettivamente ancora di grande tensione. Ricordiamo che l’università ospita 800 studenti e in questo momento solo 560-570 risultano vivi: ne mancano quindi all’appello ancora circa 200-250. Fino a questa mattina i morti certi erano 147… Non escludono che si possa arrivare anche a 200-220. Perché l’università? Perché nell’università di Garissa la maggioranza degli studenti non è della zona, sono studenti che arrivano da varie parti del Kenya: quindi questo attacco sembra essere un messaggio a tutto il Kenya.

D. – C’è timore nella comunità cristiana locale?

R. – Sicuramente, soprattutto perché sono circolate delle voci – subito dopo – che sostenevano che i primi ad essere stati uccisi sono stati proprio i cristiani. La tensione si sta alzando e sta aumentando. I pastori e i  vescovi stanno chiedendo al governo di adottare delle misure in difesa non solo dei luoghi, ma anche della gente cristiana. La tensione continuerà, soprattutto nelle prossime settimane.








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