2015-04-08 16:06:00

Coldiretti: riconoscere per il Salento lo stato di calamità


Due giornate importanti per la questione degli ulivi salentini colpiti dal batterio xylella: l’incontro stasera a Lecce del ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, con i sindaci della Regione e con le organizzazioni di categoria e la sentenza del Tar, domani, in merito all’espianto degli ulivi chiesto dall’Unione Europea. Intanto, è confermato lo stop della Francia all’importazione delle piante provenienti dalla Puglia, una decisione che secondo i coltivatori locali avrà un impatto disastroso sull’economia del territorio. Adriana Masotti ne ha parlato con il presidente della Coldiretti di Lecce, l’ing. Pantaleo Piccinno:

R. – Purtroppo, non sono soltanto le piante di ulivo, ma tutte le piante dei vivai possono potenzialmente essere ospiti del batterio: quindi parliamo di 102 tipologie di piante. E’ l’ennesimo, duro colpo per i vivaisti salentini, che avevano già subito l’embargo su alcune di queste varietà. Adesso la Francia fa – in maniera scorretta, devo dire – l’apripista, ma probabilmente la seguiranno altri Stati europei. Anche perché l’Unione Europea ha fatto un po’ come Ponzio Pilato e se ne lava le mani...

D. – Voi ce l’avete con l’Unione Europea perché giustifica questa decisione francese, invece di bloccare le importazioni in Europa di piante proveniente da Paesi extraeuropei, da cui – dite voi – proviene il batterio…

R. – Non lo diciamo noi, ma lo dice la scienza: è provato scientificamente che il batterio riscontrato nel Salento è il gemello di uno presente in Costa Rica. E’ arrivato con l’importazione di piante ornamentali in Europa, via Rotterdam. Successivamente, sono state portate nei vivai del Salento dove hanno trovato un clima idoneo alla vita del batterio e una straordinaria monocultura, come è quella dell’uliveto salentino, nella quale purtroppo il batterio ha trovato la possibilità di insediarsi.

D. – Oggi, la visita del ministro Martina: che cosa sperate di sentire da lui?

R. – Noi ci aspettiamo ma – se mi permette, con rispetto – pretendiamo che venga dichiarato lo stato di calamità per questa fitopatia. Praticamente, la normativa italiana non ha ancora recepito la normativa europea che consente la dichiarazione di stato di calamità naturale anche per le fitopatie. Aspettiamo che, con una legge o ancora meglio con un decreto, il ministro renda possibile la dichiarazione di stato di calamità naturale anche per le fitopatie come questa. Questo sarebbe il primo provvedimento necessario per innestare quei puntelli capaci di mantenere il tessuto produttivo salentino. Al di là poi di questi piccoli puntelli, che comunque in questo momento sono necessari, chiediamo che la discussione del futuro del Salento si sposti in Europa. Noi viviamo un problema che è globale in un’area locale: chiedono a noi agricoltori salentini di combattere una battaglia fatta di buone pratiche, di trattamenti, di tanta attività per salvaguardare il nostro patrimonio, ma soprattutto per impedire che questo batterio vada ad ammazzare l’intera ulivicoltura europea e mediterranea. Noi ce la stiamo mettendo tutta, ma penso che l’Unione Europea debba farsi carico realmente di questa situazione.

D. – La sentenza del Tar sull’espianto delle piante: c’è una forte resistenza da parte dei coltivatori. Perché?

R. – Bisogna costruire un meccanismo di interazione maggiore con il territorio, bisogna costruire un percorso virtuoso in cui si disegni un futuro per questo territorio. Per questo nascono le resistenze. C’è stato un ricorso al Tar che ha dato, in via cautelativa, la sospensiva… Si vedrà poi cosa deciderà. Ovviamente, c’è un’altra questione che il ricorso al Tar solleva, che è quella della determinazione dell’indennizzo sull’espianto, perché ad oggi agli ulivicoltori salentini non è arrivata l’ombra di un euro…

D. – Ma al di là questo, quali sono le proposte alternative allo sradicamento delle piante per evitare che, appunto, l’infezione vada avanti?

R. – Vale sì il principio cautelativo: non si possono mettere a rischio 50 milioni di piante di ulivo della Puglia, rimanenti al nord, per non togliere 500 piante… Ma a sud, la diffusione del batterio è ormai presente in tutto il territorio e quindi probabilmente andrà costruito un modello diverso, che prescinda dagli espianti. Quello che noi sosteniamo da tempo è la costruzione di un grande laboratorio a cielo aperto, nel quale sperimentare come si possa combattere questa malattia, che è la “peste verde” del terzo millennio, perché è nota da 130 anni in America: in California ha colpito le viti, in Brasile ha colpito gli agrumi, in Costa Rica ha colpito il caffè e in Salento ha colpito l’ulivo. Quindi, l’Europa intera – e io penso il mondo intero – deve confrontarsi con questa malattia e probabilmente non al chiuso dei laboratori, ma su scala reale dovrà trovare la maniera per convivere o meglio ancora per debellare questa malattia. Questo è il modello che noi ipotizziamo per il Salento. Come Coldiretti abbiamo promosso la formazione di un "cluster" di ricerca al quale partecipano tutte le università pugliesi. La mia paura, da salentino, è che probabilmente noi stiamo lavorando per gli altri, ma non per il nostro territorio, perché nel frattempo le piante si ammalano, tragicamente muoiono.

D. – Vogliamo dire, però, che comunque l’olio che ancora si produce è buono?

R. – Assolutamente sì! Su questo non c’è alcun problema: il batterio non ha niente a che fare con le olive né tantomeno con l’olio. Purtroppo, fa disseccare le piante e quindi le piante non producono olive e di conseguenza non producono olio. Le piante sane continuano, invece, a produrre ottime olive, dalle quali si produce quello straordinario olio salentino che negli ultimi anni aveva conquistato la stima e la considerazione degli intenditori di tutto il mondo.








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