2015-04-09 13:29:00

Sudan vota da lunedì: insicurezza sui Monti Nuba e in Darfur


Bisognerà attendere la fine di aprile per conoscere i risultati delle elezioni che si terranno da lunedì a mercoledì prossimo in Sudan. Ma sulle consultazioni presidenziali, legislative e regionali, che chiameranno al voto oltre 13 milioni di sudanesi, pesa l’incognita dell’insicurezza. Nella regione dei Monti Nuba - nello Stato del Sud Kordofan - e in una zona del Darfur la Commissione elettorale ha infatti annunciato che non si voterà, sottolineando che il rinvio è dovuto a “ragioni di sicurezza”. In questo clima, per la massima carica dello Stato appare scontata la conferma di Omar Hassan al Bashir, al potere da oltre 25 anni: i candidati sono 15, ma i principali partiti di opposizione hanno annunciato il boicottaggio. Ce ne parla Anna Bono, africanista dell’Università degli Studi di Torino, intervistata da Giada Aquilino:

R.  – Sulla riconferma esistono pochi dubbi: il presidente è sfidato da 14 candidati ma le probabilità che lui vinca sono elevatissime. E’ praticamente scontato, come già è stato in passato. Stiamo parlando di uno dei leader africani più longevi ormai in termini di potere, perché è dal 1989 che governa il Sudan. Negli ultimi anni, a partire dal 2011, nel Paese si è moltiplicata un’opposizione abbastanza decisa e motivata, anche se ciò non dovrebbe incidere sulle elezioni. Dico ‘abbastanza motivata’ soprattutto per il fatto che dal 2011, quando le regioni del Sud del Sudan si sono separate dal Paese, il Sudan - quel che ne resta - è entrato in una crisi economica che si è aggravata sempre di più. Infatti, almeno tre quarti dei pozzi petroliferi, dei giacimenti di petrolio, che fanno la ricchezza di questo Paese, sono nel nuovo Sudan, quello meridionale. E quindi le risorse di Khartoum sono crollate drasticamente.

D.  – Questi sono i problemi economici. Ma il Sudan è ancora un Paese sconvolto dalla violenza in almeno la metà dei suoi 18 Stati, tant’è che nella regione dei Monti Nuba e in alcune aree del Darfur non si voterà per motivi di sicurezza. Che zone sono?

R.  – Da un lato c’è appunto il Darfur, dove dal 2003 è iniziata una guerra che ha comportato perdite enormi in termini umani e che, nonostante una serie di accordi stipulati, in pratica continua. Nel Darfur lo scontro è ed è stato sempre tra le popolazioni di origine africana e quelle di origine araba, queste ultime sostenute dal governo e quindi con forze militari notevoli. Nel centro sud il conflitto è soprattutto nelle zone delle popolazioni Nuba, nel Kordofan. Qui un movimento antigovernativo sta combattendo e controlla ormai intere regioni. È una guerra vera e propria, con bombardamenti della popolazione, con stragi, con centinaia di migliaia di profughi e con, evidentemente, una situazione di insicurezza tale per cui è impossibile votare.

D. – Su questo quadro economico ma anche di sicurezza critico pesano le accuse da parte della Corte penale internazionale su al Bashir, accuse di crimini di guerra e contro l’umanità, compiuti proprio in Darfur. Queste accuse in patria che valore hanno?

R. – Evidentemente ne hanno molto poco. In effetti nel 2009 al Bashir è stato accusato, incriminato dalla Corte penale internazionale peri crimini di guerra e contro l’umanità. L’anno successivo, nel 2010, a queste accuse si è anche aggiunta quella di genocidio. Tuttavia nel 2010 si sono svolte le precedenti elezioni generali e, ciò nonostante, al Bashir è stato rieletto. Certamente all’interno del Paese ci sono forze sociali e politiche che usano anche questo fattore contro al Bashir, ma non sono affatto sufficienti a mettere in discussione la rielezione. Anzi, per certi aspetti, questa denuncia può rafforzare il presidente che si appella alla popolazione per reclamare il diritto del Paese ad autodeterminarsi e prima di tutto a non vedere il proprio capo dello Stato incriminato a livello internazionale.

D.  – Ma la popolazione sudanese oggi di cosa ha bisogno?

R.  – Sicuramente di stabilità e di sicurezza, per quel che riguarda soprattutto le zone di guerra dove sono in corso dei conflitti. Ma certo ha bisogno di una politica economica che risollevi le sorti del Paese.








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