2015-04-10 14:15:00

Yemen. Cri: chiediamo stop combattimenti per portare aiuti


Lo Yemen "sta diventando il Vietnam dei sauditi": così diversi analisti internazionali commentano l’intervento della coalizione saudita. I massicci raid non hanno impedito agli Houthi di conquistare ieri Ataq, roccaforte sunnita dove i leader tribali hanno deciso di aiutare i ribelli sciiti a prendere il controllo della citta'. Il Pakistan fa sapere che non invierà truppe.  E l’Onu chiede una tregua umanitaria. Atterrati ieri i primi aerei della Croce rossa internazionale. “I civili pagano il prezzo più alto”, spiega al microfono di Gabriella Ceraso la portavoce dell’organizzazione per lo Yemen, Marie Claire Feghali

Oltre alle navi, l'Egitto ha dunque schierato da oggi anche i suoi caccia nella coalizione di nove Paesi arabi a guida saudita in azione in Yemen, mentre uno stop fermo all’intervento militare è giunto dal parlamento di Islamabad che ha deciso per la neutralità che gli permetta di giocare un ruolo da mediatore, caldeggiando una soluzione pacifica. Continua invece il braccio di ferro duro tra sauditi e Iran che sostiene i ribelli" vittime", dice, di "un’aggressione perseguibile dai tribunali internazionali". Tra ieri e oggi, intensi bombardamenti si registrano al sud: colpite soprattutto Aden, seconda città del Paese, e Ateq, capitale della provincia di Shabwa, conquistata ieri dai ribelli. In tutto questo la popolazione è stremata. L’Onu teme che civili siano usati come scudi umani e punta a una pausa immediata umanitaria che permetta di far arrivare loro i soccorsi. Il coordinatore umanitario nel Paese ha chiesto di liberare lo spazio aereo per "almeno alcune ore al giorno". Solo oggi due cargo della Croce Rossa sono riusciti ad atterrare a Sana’a e una nave di Medici senza frontiere è approdata ad Aden. Atttiva anche l'Unicef, che porta decine di tonnellate di materiale medico e non solo. "Questi aiuti sono questione di vita o di morte " spiega, ai nostri microfoni, la portavoce dell’organizzazione nello Yemen, Marie-Claire Feghali:

R. – On est très content parce-que notre premier avion d’assistance médicale et humanitaire est arrivé...
Siamo felici perché è arrivato il nostro primo aereo di assistenza medica e umanitaria, sufficiente appena per trattare da 700 a 1.000 persone con ferite di guerra come bruciature, ferite da arma da fuoco e da bombe. Aspettiamo per domani o per i prossimi giorni un altro aereo – speriamo che arrivi il più presto possibile. Il secondo aereo porterà anch’esso assistenza medica ma anche tende, generatori di corrente per poter ristabilire il sistema di fornitura di acqua intorno agli ospedali e nei villaggi più colpiti. La situazione umanitaria in Yemen rimane oggi molto critica. Non è che perché abbiamo ricevuto aiuti umanitari la situazione migliori: potremo salvare un numero maggiore di vite umane oppure – se così possiamo dire – perderemo un numero minore di vite. Ma questo non significa che la situazione vada migliorando. Il Paese è in guerra, è una guerra condotta da gruppi armati che girano nelle strade, è una guerra con bombardamenti aerei… 48 tonnellate di assistenza umanitaria non fermano una guerra. Possono appena bilanciare i danni, ma non è questo che ferma una guerra...

D. – Quante persone potrete aiutare?

R. – L’assistance médicale que nous avons, si nous recevons la totalité, elle est capable de traiter…
Se riusciamo a ricevere tutta l’assistenza umanitaria prevista, saremo in grado di trattare da mille a tremila persone ferite, secondo la gravità delle loro ferite. Non posso parlare di quello che fanno gli altri colleghi, ora per noi è importante sapere che la Croce Rossa ha una équipe chirurgica che in questo momento si trova ad Aden e che ha iniziato a operare nel tentativo di salvare delle vite.

D. – Qual è la situazione dei bambini, in particolare?

R. – Je ne peux pas faire la différence entre les enfants et les civils…
Non posso fare una differenza tra bambini e civili: si parla in termini generali di “civili”. E la situazione dei “civili” è molto triste, in alcune zone addirittura drammatica, perché molti sono intrappolati dai combattimenti, non possono uscire, non possono muoversi, non possono andare ad acquistare cibo né a cercare acqua. Quindi, la situazione è molto molto difficile. Ci sono famiglie che hanno i loro morti nelle strade da settimane, ormai, e che non possono recuperarli per seppellirli come si deve. Quindi, come vede la situazione è estremamente delicata. Sono comunque i civili, come in tutte le guerre, che pagano il prezzo più alto…

D. – Esiste la possibilità di una tregua umanitaria, come ha chiesto anche l’Onu?

R. – Je ne peux pas commenter sur les Onu, moi…
Non sono in grado di commentare le Nazioni Unite. Quello che posso dire è che anche noi abbiamo chiesto una interruzione umanitaria dei combattimenti perché le persone possano andarsene, perché possano riprendersi un po’ e perché gli aiuti umanitari possano raggiungere tutte le persone colpite. Ma questo non è ancora avvenuto.








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