2015-04-14 14:44:00

Libia: al via i colloqui per un governo di unità nazionale


E’ ripartito questa settimana il negoziato Onu per garantire il cessate-ilfuoco incondizionato in Libia, puntando a un governo di unità nazionale tra filoislamici di Tripoli e esecutivo di Tobruk. L’appuntamento è per domani in Marocco, ma già nelle ultime ore sono iniziati ad Algeri gli incontri tra diversi esponenti politici libici. “L’auspicio è che si vada fino in fondo per evitare che il Paese si sgretoli del tutto”, così al microfono di Gabriella Ceraso, Arturo Varvelli, ricercatore dell’Istituto di Studi di politica internazionale:

R. – Io dubito che ci siano le condizioni in questo momento per trovare un accordo tra le parti che non sono due, ma sono molto più numerose. Ci sono attori internazionali che sono sempre più presenti: mi riferisco all’Egitto, ad esempio, o alle potenze del Golfo e, come forza esterna, all’Is.Inoltre, noi avvaloriamo un governo che è quello di Tobruk di legittimità, ma in realtà è poco legittimo, e stiamo complicando gli accordi perché quelli di Tobruk sentendosi forti del fatto di essere legittimi, partecipano poco convintamente.

D. – I jihadisti affiliati all’Is sono, come altri, quelli che giocano allo sfascio in questa situazione e che ci guadagnano in questa spaccatura. Se si contrastassero loro, si potrebbe ristabilire un equilibrio…

R. – In realtà, se la comunità internazionale fosse in grado di imporre un’agenda anti-Is, questo sicuramente spaccherebbe il fronte di Tripoli: Misurata, farebbe breccia all’interno di questa coalizione variegata e quindi obbligherebbe le parti più moderate a venire incontro all’altro governo e a trovare una sorta di accordo. Ma le pressioni vanno fatte da entrambe le parti. Insieme a tutto questo, bisogna ricostruire un Paese dalla base. C’è un grosso impegno insomma in Libia. In ogni caso, la prospettiva è quella di avere un Paese instabile per il prossimo decennio.

D. – Quindi, lei non vede sotto buoni auspici questi colloqui?

R. – Secondo me, bisogna assolutamente andare fino infondo e percorrere questa strada. Però, non possono neanche essere accordi infiniti: bisogna essere capaci, come comunità internazionale, di mettere dei "paletti", che possono essere delle sanzioni ad hoc su singole persone, su capi milizia… Ci sono diversi strumenti, bisogna però essere molto determinati a obbligare le persone a stringersi la mano. E bisogna anche in qualche maniera, pensare a dei possibili "piani B".

D. – Comunque, l’Onu ha dato un’indicazione: ha parlato di un governo di unità nazionale, ma così come stanno le cose sembra impossibile...

R. – Sembra molto difficile, poi tutte le formule diplomatiche sono molto spesso volutamente ambigue. Certamente, il governo di unità nazionale vedrebbe un primo ministro espressione più del governo di Tobruk che del governo di Tripoli con delle salvaguardie, con delle vicepresidenze I due parlamenti potrebbero continuare a esistere e si creerebbero delle formule ancora volutamene ambigue, per le quali le assemblee avrebbero funzioni molti diverse, non chiare. Quindi, tutto quello che esce dall’opera di mediazione naturalmente è un sistema certamente e inevitabilmente poco chiaro. Non può che essere così in questa fase. Per cui, attendiamo il risultato di questo round negoziale. Temo che non si chiuda in questa settimana, ma che dovremmo attendere altro tempo.

D. – Comunque, è auspicabile, come diceva lei, che si vada fino in fondo e si forzi anche la mano, perché ad esempio oggi il governo libico ha detto: "Questo negoziato è importante ma non è sufficiente”. Pensano ancora all’opzione militare, hanno stretto anche contatti con la Russia per aumentare la potenza militare della Libia…

R. – Questo è un gioco che il governo di Tobruk potrebbe fare all’infinito e se le cose non si risolvono loro avranno sempre maggior forza contrattuale per chiedere un intervento non neutrale – quello che stiamo facendo ora – ma un intervento a loro favore. Quindi, bisognerebbe essere molto convincenti anche con loro, lavorando con i partner che loro sentono vicini – l’Egitto, i Paesi del Golfo – altrimenti non ne usciremo mai e quello che si profilerà è una lunga guerra civile, perché nessuno dei due governi ha in questo momento un peso preponderante dal punto di vista politico e militare tale da poter conquistare tutto il territorio nazionale in breve tempo.








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