2015-04-15 16:30:00

Ismu: immigrati, seconde generazioni più brave a scuola


L'acronimo inglese "Neet" (Not in Education, Employment or Training) testimonia una realtà diffusa nei Paesi occidentali: quella dell'emarginazione nell'educazione e nel mondo del lavoro di ragazzi stranieri, spesso figli di immigrati. Il Rapporto Ismu 2013/14 mette in luce questo fenomeno sul nostro territorio che però vede grandi miglioramenti nella loro formazione scolastica. Claudia Minici ha sentito Maria Grazia Santagati, sociologa e responsabile del settore Educazione dell’Ismu:

R. – Da un lato, abbiamo sottolineato in questa analisi su gli alunni stranieri comparati con quelli italiani alcune disuguaglianze che persistono, disuguaglianze nei processi di apprendimento nei percorsi in cui si trovano ancora in ritardo.

D. – E’ un’emarginazione che colpisce connazionali  e stranieri…

R.  – Questa riflessione mette in luce una differenza, per esempio, tra italiani e stranieri. Ovvero, tra gli italiani c’è una percentuale più alta e significativa di maschi, mentre tra gli stranieri le percentuali più elevate sono di donne. Di fatto, comunque, gli stranieri rappresentano una quota significativa dei "neet" italiani soprattutto al nord: abbiamo tassi che raggiungono circa il 34, il 35% degli stranieri nella fascia di popolazione tra i 15 e i 29 anni che non stanno né nell'istruzione e informazione né sul lavoro. Abbiamo percentuali di giovani donne e soprattutto di alcune comunità – Bangladesh, India, Pakistan, Sri Lanka ecc. – in cui a volte ci sono anche delle prassi di non investimento sull’istruzione delle figlie.

D. – Qual è il destino di questi giovani?

R. – Noi abbiamo provato a ricostruire le traiettorie scolastico-formative basandoci su dati secondari, presi da fonti ufficiali. Il passaggio dalla scuola media alla scuola secondaria di primo grado, alla scuola secondaria di secondo grado, è un po’ lo snodo cruciale. In generale, in questi anni gli studenti stranieri che prima erano una minoranza nell’ambito delle scuole superiori si orientavano in prevalenza agli istituti professionali. Le cause sono varie, c’è la necessità di entrare nel mondo del lavoro rapidamente, la migrazione provoca dei ritardi, quindi il passaggio da un sistema scolastico a un altro porta anche a rivedere i percorsi di istruzione e formazione. E poi, chiaramente, ci sono anche problemi legati a meccanismi di funzionamento del nostro sistema scolastico, del fatto che abbiamo un sistema che considera i licei come una scelta privilegiata, una scuola di "serie A", tutto questo chiaramente ha influito sulle scelte. Però, un dato positivo che abbiamo messo in luce nel rapporto è il fatto che questi ragazzi, anche se arrivano dagli Istituti tecnici professionali e anche se hanno accumulato molti anni di ritardo, scelgono poi anche in queste condizioni di svantaggio di proseguire gli studi all’università. E quindi questi svantaggi tutto sommato poi si traducono anche in risorse forza e motivazione nel continuare gli studi, nell’investire sulla formazione. Il fatto che le seconde generazioni migliorano negli apprendimenti, vuol dire che i ragazzi completamente scolarizzati nella scuola italiani ottengono migliori risultati, quindi questa scuola di base obbligatoria permette di ottenere successi.








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