2015-04-17 12:48:00

Burundi nel caos. Calunnie contro padre Claudio Marano


“Lavoriamo per la pace senza arrenderci”. Così padre Claudio Marano, in Burundi da circa 30 anni al fianco degli ultimi, direttore del Centro giovanile Kamenge che assiste circa 45mila ragazzi. Il missionario saveriano è stato recentemente calunniato da un agente dei servizi segreti, ora in carcere per falsa testimonianza, che ha ipotizzato un suo coinvolgimento nell’uccisione delle tre suore italiane saveriane, Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian, il 7 settembre scorso. Intanto, oggi è alta tensione nella capitale Bujumbura per le manifestazioni contro il presidente Pierre Nkurunziza: il capo di Stato vuole modificare la Costituzione per poter essere eletto per un terzo mandato nel voto di maggio e giugno. La Comunità internazionale e la Chiesa Cattolica hanno chiesto un passo indietro al presidente uscente per il bene del Paese, che sta candendo nel baratro della violenza con esecuzioni sommarie e attentati. Massimiliano Menichetti ha raggiunto telefonicamente a Bujumbura lo stesso padre Claudio Marano:

R. – Come Centro giovani, come gente che lavora per la pace e la fraternità, abbiamo sempre avuto grandi nemici. Questo si è manifestato parecchie volte durante la guerra, quando ci accusavano di essere pro-hutu o di essere pro-tutsi e nel tempo di essere pro l’una o l’altra delle situazioni …

D. – Un uomo dei servizi segreti è andato in una radio locale e l’ha accusata di avere complottato per l’uccisione di tre suore saveriane: come sono andate le cose?

R. – Essendo responsabile del Centro Giovani Kamenge sono andato a cercare un operaio del Centro che si trovava a bere una birra in un bar; sono entrato e sono stato cinque minuti con lui per parlare di lavoro, esco e vengo accusato di aver partecipato all’incontro per uccidere le suore!

D. – Chi l’ha calunniata, ovvero questo agente dei servizi segreti, ora è in prigione …

R. – Questa persona ora è in prigione per falsa testimonianza; cinque giornalisti della radio locale, non in accordo con il loro direttore, si sono dimessi – quindi anche una reazione ad alto livello …

D. – Le è stato tirato del fango addosso e tutto sommato questa notizia già si è spenta, già è stata smentita …

R. – Sì, qui ha già perso il suo tenore. In questo momento, tutti parlano delle elezioni, tutti parlano delle manifestazioni. Oggi c'è una manifestazione dell’opposizione e le strade sono piene di blindati, di polizia, ci sono gli elicotteri che sorvolano la città … La gente rimane il più possibile a casa perché non si sa cosa possa succedere …

D. – Si avvicinano le elezioni presidenziali, fortemente contestate: qual è il clima?

R. – E’ un clima molto brutto. Chi è al governo non accetta di dialogare con l’opposizione e chi è all’opposizione presenta come unico programma l’andare contro la gente che è al governo e non accetta di parlare dei programmi. Questo significa che ci sono attentati, feriti, si mette la gente nelle fosse comuni, la si ammazza …

D. – E’ un vero e proprio clima di guerra …

R. –  La situazione è molto grave! Sono intervenuti già il segretario dell’Onu, rappresentanti dell’Unione Africana, della Comunità europea, hanno chiesto al presidente di calmare la situazione, di non presentarsi per la terza volta alle elezioni, che per altro è attualmente incostituzionale … anche la Chiesa cattolica ha chiesto al presidente di non ripresentarsi …

D. – Per potersi ripresentare il presidente ha bisogno di cambiare la Costituzione...

R. – Si. Ha tentato, a livello di deputati, ma non c’è riuscito.

D. – Lei ha fondato, e da 25 anni coordina, il Centro Giovani Kamenge: perché da così fastidio questo centro, una realtà che conta adesso oltre 44.450 iscritti?

R. – Noi, qui, cerchiamo di “aprire la testa” alla gente, ai giovani; cerchiamo di farli ragionare, cerchiamo di non dire loro: tu, perché sei cattolico devi fare così; tu, perché sei protestante devi fare così; tu, perché sei di quel partito devi fare così e tu, perché sei di quell’altro partito, devi fare cosà; in modo tale che il giovane possa essere indiscutibilmente libero e per la pace, in questo Paese. E questo disturba enormemente, perché qui si va avanti con i diktat: il presidente di quel partito ha detto questo, il presidente dell’altro partito ha detto quello, e tutti mandano al macello la gente. Adesso, per esempio, insieme all’Onu stiamo raccogliendo le firme dei giovani come impegno a non partecipare alle violenze durante le elezioni, né prima né dopo, e mentre tutti dicono di battersi, dicono di manifestare, di essere “contro” …  noi diciamo: “Mettiamoci insieme, cerchiamo di fare andare avanti il Paese”.

D. – Qual è il suo appello di fronte a questa situazione?

R. – Il mio appello attraverso i microfoni della Radio Vaticana è questo: la storia del Burundi ci ha indiscutibilmente messo davanti a 60 anni di guerre e di violenze, con centinaia e migliaia di morti; il Burundi ha bisogno di pace e visto che i giovani sono il 60 per cento della popolazione del Burundi, noi continuiamo a chiedere ai giovani di fermarsi, di sedersi, di parlare, di dialogare, di mettersi insieme, di pensare a un futuro diverso, che sia un futuro di pace.








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