2015-04-20 10:53:00

Toaff e Wojtyla, quell’abbraccio in Sinagoga che fece la storia


La figura del Rabbino Elio Toaff è inscindibilmente legata a quella di San Giovanni Paolo II che, fatto inedito per un Papa, lo citò con affetto nel suo Testamento spirituale. Toaff e Wojtyla il 13 aprile del 1986 furono i protagonisti di una pagina di storia indimenticabile: la prima visita di un Successore di Pietro in una sinagoga. Nel servizio di Alessandro Gisotti, riviviamo alcuni momenti di quella memorabile giornata:

Il Papa e il Rabbino che si abbracciano alla Sinagoga di Roma. Gesto semplice eppure dirompente che, come quello di Paolo VI con il Patriarca Atenagora, abbatte un muro di incomprensione plurisecolare e apre un nuovo cammino di dialogo, di rispetto, di amore. L’immagine di quell’abbraccio, atteso da duemila anni, viene immortalata dai fotografi e, a vent’anni di distanza, ancora suscita emozione. Per gli ebrei e i cristiani, ben oltre i confini di Roma, è segno e memoria di una fraternità che - al di là di divisioni e difficoltà – è radicata nell’essere figli dell’unico Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.

Un gesto destinato a passare alla storia
Karol Wojtyla e Elio Toaff avevano vissuto entrambi l’orrore del nazismo, e al male avevano opposto il bene, convinti che la misericordia di Dio è più grande della sofferenza che possono infliggere gli uomini. Questa comune esperienza li rendeva vicini, fratelli, un comune sentire che si coglie in filigrana nei discorsi pronunciati quel 13 aprile del 1986 nel Tempio Maggiore della comunità ebraica romana. Toccante quel “Santità” con cui il Rabbino di Roma si rivolge al Successore di Pietro:

“Santità, come Rabbino capo di questa comunità, la cui storia si conta in millenni, desidero esprimerle la viva soddisfazione per il gesto da lei voluto e da lei oggi compiuto di venire, per la prima volta nella storia della Chiesa, in visita ad una Sinagoga. Gesto destinato a passare alla storia. Esso si ricollega all’insegnamento illuminato del suo illustre predecessore, Giovanni XXIII”…

Giovanni XXIII e dunque il Concilio Vaticano II. E’ in quell’evento - “bussola” della Chiesa nel nostro tempo, nelle parole di Papa Benedetto - che trova terreno fertile il fiore del dialogo con gli ebrei che sboccia nella visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma.

La visita alla Sinagoga, una realtà e un simbolo
Il Papa polacco che, poco dopo l’elezione alla Cattedra di Pietro, ha visitato il campo di sterminio nazista di Auschwitz, chiede perdono per i crimini compiuti dai cristiani contro i “fratelli maggiori”. E sottolinea con gratitudine che, se un Papa per la prima volta dopo San Pietro, viene accolto in una sinagoga è grazie al Rabbino Toaff:

“Sento poi il dovere di ringraziare il Rabbino capo, prof. Elio Toaff, che ha accolto con gioia, fin dal primo momento, il progetto di questa visita e che ora mi riceve con grande apertura di cuore e con vivo senso di ospitalità; e con lui ringrazio tutti coloro che, nella comunità ebraica romana, hanno reso possibile questo incontro e si sono in tanti modi impegnati affinché esso fosse nel contempo una realtà e un simbolo. Grazie quindi a tutti voi. Todà rabbà (grazie tante)”.








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