“Attenzione, amore e compassione – l’alternativa all’eutanasia”: si intitola così il documento della Conferenza episcopale australiana (Acbc) pubblicato per sfatare alcuni miti sull'eutanasia, in relazione ad una sua eventuale legalizzazione nel Paese. In particolare, scrive mons. Peter Comensoli, delegato episcopale per la questione eutanasia, “il documento della Chiesa vuole aiutare le persone a capire perché la difesa della vita è sempre la scelta migliore”.
Ogni persona merita aiuto e compassione
Ogni singola persona, sottolinea ancora mons. Comensoli, “merita aiuto e compassione,
non un’iniezione letale”, a prescindere dal suo stato di salute fisico o mentale,
perché “ogni persona ha la sua dignità, a prescindere da salute, età, disabilità,
utilità o altre circostanze e tutti meritano amore e sostegno”. In questo senso, “una
risposta davvero compassionevole mirerà sempre a dare dignità alla vita delle persone
in punto di morte”.
Eutanasia non è solo questione di scelta personale
Quindi, l’Acbc ricorda che “l’eutanasia non è soltanto questione di scelta personale,
poiché essa coinvolge almeno un’altra persona: permettere a qualcuno di causare la
morte di un altro è sempre una questione di interesse pubblico, perché riguarda un
potere del quale si può facilmente abusare”. Infatti, sottolinea la Chiesa australiana,
“la riprova è che nelle nazioni in cui l’eutanasia è stata legalizzata, come il Belgio
ed i Paesi Bassi, molte persone hanno ricevuto un’iniezione letale anche se non avevano
chiesto espressamente l’eutanasia”.
Potenziare le cure palliative
Inoltre, i vescovi australiani ribadiscono che “gli ospedali cattolici hanno una lunga
storia ed una lunga esperienza di offerta di cure palliative ad alto livello per assistere
i sofferenti”. “Le cure palliative aiutano le persone a gestire il dolore – concludono
i presuli – permettendo loro di spendere al meglio il tempo che resta, specialmente
con i loro cari”. Quindi, il documento episcopale ribadisce un principio fondamentale:
“Uccidere le persone è sbagliato” ed è perciò “fuorviante e pericoloso” parlare di
eutanasia come di un modo per “permettere alle persone di morire con dignità” o come
di “un diritto dell’individuo a scegliere quando e come morire”.
Dignità umana non dipende dalle condizioni di salute, ma dall’umanità
In quest’ottica, la Chiesa australiana sfata sei “miti” sull’eutanasia: il primo riguarda
la possibilità che tale pratica possa essere applicata in sicurezza, secondo precise
norme giuridiche. Ma, sottolineano i vescovi, “l’eutanasia ed il suicidio assistito
non possono mai essere sicuri, perché i malati terminali sono persone vulnerabili,
in preda a paura, depressione, solitudine, ed anche pressioni da parte dei familiari”.
Quindi, “nessuna legge potrà mai proteggerli dal soccombere all’eutanasia, se essa
divenisse legale”. Il secondo mito riguarda il “morire con dignità”. Anche in questo
caso, spiegano i presuli, si tratta di un falso mito, poiché “la dignità umana non
dipende dalla salute, ma semplicemente dall’umanità”. Inoltre, l’Acbc sottolinea la
preoccupazione della società australiana per l’alto tasso di suicidi nel Paese e gli
innumerevoli sforzi in atto per ridurre tale percentuale. Di fronte a tale contesto,
allora, legalizzare l’eutanasia o il suicidio assistito “vorrebbe dire creare un pericoloso
doppio standard e promuovere una falsa idea di dignità”.
Dovere del medico è curare e assistere il paziente
Il terzo mito da sfatare, aggiunge ancora la Conferenza episcopale australiana, riguarda
il concetto di eutanasia come “libertà e scelta personale”. Ma ciò è errato, poiché
essa “coinvolge sempre una seconda persona”, finendo per cambiare “per sempre la natura
del rapporto che il medico ha con il paziente, trasformandolo dal dovere di cura ed
assistenza a quello di potere di vita o di morte”. E ancora: la Chiesa australiana
sfata il mito che la legge sull’eutanasia sia stata sperimentata positivamente in
altri Paesi, come il Belgio e l’Olanda, e ricorda le derive che tali legislazioni
hanno fatto registrare, come la possibilità eutanasia per i bambini o per i disabili
mentali.
Legge deve promuovere bene comune e tutelare i più deboli
Gli ultimi due punti che i vescovi australiani contrastano riguardano la legalizzazione
dell’eutanasia come risultato del volere dell’opinione pubblica e la necessità di
tale pratica per alleviare le sofferenze dei malati. Riguardo al primo aspetto, i
presuli ricordano che “il Parlamento non legifera solo in base all’opinione pubblica,
ma in favore del bene comune e per tutelare i più vulnerabili, dando voce a chi non
ne ha”. Riguardo al secondo aspetto, invece, la Chiesa australiana ribadisce che “le
cure palliative, e non l’omicidio, sono la risposta per alleviare le sofferenze di
chi è in fin di vita”. Purtroppo, “tali cure non vengono offerte a molti malati in
Australia”. Quindi, “nessuno dovrebbe parlare di eutanasia nel Paese” finché verrà
risolto il problema dell’accesso, per tutti, alle cure palliative. (I.P.)
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