2015-04-22 14:10:00

Documento vescovi d'Australia: sfatare i miti dell’eutanasia


“Attenzione, amore e compassione – l’alternativa all’eutanasia”: si intitola così il documento della Conferenza episcopale australiana (Acbc) pubblicato per sfatare alcuni miti sull'eutanasia, in relazione ad una sua eventuale legalizzazione nel Paese. In particolare, scrive mons. Peter Comensoli, delegato episcopale per la questione eutanasia, “il documento della Chiesa vuole aiutare le persone a capire perché la difesa della vita è sempre la scelta migliore”.

Ogni persona merita aiuto e compassione
Ogni singola persona, sottolinea ancora mons. Comensoli, “merita aiuto e compassione, non un’iniezione letale”, a prescindere dal suo stato di salute fisico o mentale, perché “ogni persona ha la sua dignità, a prescindere da salute, età, disabilità, utilità o altre circostanze e tutti meritano amore e sostegno”. In questo senso, “una risposta davvero compassionevole mirerà sempre a dare dignità alla vita delle persone in punto di morte”.

Eutanasia non è solo questione di scelta personale
Quindi, l’Acbc ricorda che “l’eutanasia non è soltanto questione di scelta personale, poiché essa coinvolge almeno un’altra persona: permettere a qualcuno di causare la morte di un altro è sempre una questione di interesse pubblico, perché riguarda un potere del quale si può facilmente abusare”. Infatti, sottolinea la Chiesa australiana, “la riprova è che nelle nazioni in cui l’eutanasia è stata legalizzata, come il Belgio ed i Paesi Bassi, molte persone hanno ricevuto un’iniezione letale anche se non avevano chiesto espressamente l’eutanasia”.

Potenziare le cure palliative
Inoltre, i vescovi australiani ribadiscono che “gli ospedali cattolici hanno una lunga storia ed una lunga esperienza di offerta di cure palliative ad alto livello per assistere i sofferenti”. “Le cure palliative aiutano le persone a gestire il dolore – concludono i presuli – permettendo loro di spendere al meglio il tempo che resta, specialmente con i loro cari”. Quindi, il documento episcopale ribadisce un principio fondamentale: “Uccidere le persone è sbagliato” ed è perciò “fuorviante e pericoloso” parlare di eutanasia come di un modo per “permettere alle persone di morire con dignità” o come di “un diritto dell’individuo a scegliere quando e come morire”.

Dignità umana non dipende dalle condizioni di salute, ma dall’umanità
In quest’ottica, la Chiesa australiana sfata sei “miti” sull’eutanasia: il primo riguarda la possibilità che tale pratica possa essere applicata in sicurezza, secondo precise norme giuridiche. Ma, sottolineano i vescovi, “l’eutanasia ed il suicidio assistito non possono mai essere sicuri, perché i malati terminali sono persone vulnerabili, in preda a paura, depressione, solitudine, ed anche pressioni da parte dei familiari”. Quindi, “nessuna legge potrà mai proteggerli dal soccombere all’eutanasia, se essa divenisse legale”. Il secondo mito riguarda il “morire con dignità”. Anche in questo caso, spiegano i presuli, si tratta di un falso mito, poiché “la dignità umana non dipende dalla salute, ma semplicemente dall’umanità”. Inoltre, l’Acbc sottolinea la preoccupazione della società australiana per l’alto tasso di suicidi nel Paese e gli innumerevoli sforzi in atto per ridurre tale percentuale. Di fronte a tale contesto, allora, legalizzare l’eutanasia o il suicidio assistito “vorrebbe dire creare un pericoloso doppio standard e promuovere una falsa idea di dignità”.

Dovere del medico è curare e assistere il paziente
Il terzo mito da sfatare, aggiunge ancora la Conferenza episcopale australiana, riguarda il concetto di eutanasia come “libertà e scelta personale”. Ma ciò è errato, poiché essa “coinvolge sempre una seconda persona”, finendo per cambiare “per sempre la natura del rapporto che il medico ha con il paziente, trasformandolo dal dovere di cura ed assistenza a quello di potere di vita o di morte”. E ancora: la Chiesa australiana sfata il mito che la legge sull’eutanasia sia stata sperimentata positivamente in altri Paesi, come il Belgio e l’Olanda, e ricorda le derive che tali legislazioni hanno fatto registrare, come la possibilità eutanasia per i bambini o per i disabili mentali.

Legge deve promuovere bene comune e tutelare i più deboli
​Gli ultimi due punti che i vescovi australiani contrastano riguardano la legalizzazione dell’eutanasia come risultato del volere dell’opinione pubblica e la necessità di tale pratica per alleviare le sofferenze dei malati. Riguardo al primo aspetto, i presuli ricordano che “il Parlamento non legifera solo in base all’opinione pubblica, ma in favore del bene comune e per tutelare i più vulnerabili, dando voce a chi non ne ha”. Riguardo al secondo aspetto, invece, la Chiesa australiana ribadisce che “le cure palliative, e non l’omicidio, sono la risposta per alleviare le sofferenze di chi è in fin di vita”. Purtroppo, “tali cure non vengono offerte a molti malati in Australia”. Quindi, “nessuno dovrebbe parlare di eutanasia nel Paese” finché verrà risolto il problema dell’accesso, per tutti, alle cure palliative. (I.P.)








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