Una condanna “inequivocabile” dell’esecuzione dei 29 cristiani etiopi, uccisi nei giorni scorsi da miliziani del sedicente Stato Islamico: è quella che arriva dalla Conferenza episcopale dell’Etiopia, in un comunicato diffuso ieri, in occasione dell’Assemblea generale. “Questi martiri etiopi che sono stati macellati in Libia – scrivono i presuli – non erano politici, non erano soldati, non erano uomini armati, considerati pericolosi per la sicurezza della popolazione”.
Le vittime, giovani migranti in cerca di un futuro migliore
Piuttosto, sottolineano i vescovi, essi erano “giovani migranti innocenti, pieni di
speranza per un futuro migliore nel Paese di destinazione, un futuro che fosse capace
di trasformare la vita loro e delle loro famiglie, e di contribuire allo sviluppo
del Paese di destinazione”. Esprimendo, inoltre, “profonda tristezza” per queste uccisioni,
la Chiesa di Addis Abeba sottolinea che le vittime hanno perso la vita perché “hanno
rifiutato di rinnegare la loro fede in un mondo in cui ogni essere umano dovrebbe
poter vivere ovunque nel pieno rispetto dei suoi diritti, senza distinzione di razza,
colore e religione”.
Atti terroristici non rappresentano alcuna religione
“In effetti – si legge ancora nella nota – questi atti terroristici non rappresentano
alcuna religione, dato che, come è noto, questi crudeli assassini uccidono anche i
seguaci del loro stesso credo”. Di qui, il richiamo forte dei vescovi etiopi: “Il
sangue di persone innocenti non deve mai essere versato in nome di Dio, in nessun
Paese”. Allo stesso tempo, i presuli ricordano che le principali religioni sono state
diffuse, nel mondo, tramite i migranti e lo stesso Gesù Cristo “giunse in Africa come
migrante e ritornò nel suo luogo di nascita dopo essere stato accolto dall’Africa”.
Un’accoglienza che, affermano i presuli, l’Etiopia pratica ancora oggi, ospitando
decine di migliaia di rifugiati “senza discriminazioni”.
Appello contro la tratta di esseri umani
“Perché, dunque, tale atrocità e spargimento di sangue sui figli innocenti dell’Etiopia?
– è la domanda angosciosa dei vescovi – I rifugiati etiopi dovrebbero essere trattati,
in ogni Paese, secondo gli accordi internazionali” ed è quindi “un crimine stappare
via le loro vite”. La Chiesa di Addis Abeba si rivolge, poi, anche ai trafficanti
di esseri umani, lanciando loro un appello, affinché non ingannino i giovani, esortandoli
a lasciare la loro patria. Ed agli stessi giovani i vescovi ricordano di “non mettersi
in viaggio senza documenti legali, così da evitare di rimanere intrappolati” nel circuito
della tratta. Inoltre, i presuli esortano i ragazzi a “considerare l’opzione di lavorare
nella propria patria, abbandonando l’idea di migrare in un altro Paese in cui la situazione
non sia sicura”.
Il dolore e la preghiera del Papa
La nota episcopale si conclude con una preghiera per le vittime e per le loro famiglie.
Da ricordare che anche Papa Francesco ha espresso costernazione, dolore e preghiera
per l’uccisione dei 29 cristiani etiopi: in un messaggio inviato nei giorni scorsi
al patriarca ortodosso di Etiopia, Abuna Matthias, il Pontefice denuncia il “continuo
martirio” inflitto ai cristiani in Africa, Medio Oriente e alcune regioni dell’Asia.
“Non fa differenza che siano cattolici, copti, ortodossi o protestanti – scrive il
Papa – Il loro sangue, medesimo nella confessione di Cristo”, è una “testimonianza
che grida per farsi sentire da chi sa ancora distinguere tra bene e male”, è "un grido
che deve essere ascoltato soprattutto da coloro che hanno nelle mani il destino dei
popoli”. (I.P.)
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