2015-04-26 20:09:00

Il Papa prega per le vittime del sisma in Nepal: si mette in moto la solidarietà


E’ purtroppo in continuo aumento il bilancio delle vittime del forte sisma che ieri mattina ha colpito il Nepal. In questo momento sarebbero 2500 i morti tra il Nepal e i Paesi confinanti come India, Cina e Bangladesh. Oltre 6 mila i feriti. Una nuova scossa intorno alle 9, ora italiana, ha rinnovato la paura della popolazione di Kathmandu. Il Papa ha parlato di questa tragedia al termine della preghiera del Regina Caeli e ha pregato per le vittime insieme a tutti i fedeli in piazza San Pietro. Ascoltiamo le sue parole:

Cari fratelli e sorelle, desidero assicurare la mia vicinanza alle popolazioni colpite da un forte terremoto in Nepal e nei Paesi confinanti. Prego per le vittime, per i feriti e per tutti coloro che soffrono a causa di questa calamità. Abbiano il sostegno della solidarietà fraterna. E preghiamo la Madonna perché sia loro vicino. “Ave Maria…”.

Mentre dunque in Nepal si registrano nuove scosse, nelle zone colpite si continua a cercare i sopravvissuti ancora sotto le macerie. Operazioni di soccorso anche sulle pendici dell’Everest dove ci sono state altre valanghe e dove si contano 22 morti e oltre 200 dispersi tra cui 4 speleologi italiani. E si è messa in moto la macchina degli aiuti internazionali, l'OMS ha diffuso i primi kit sanitari d'emergenza con farmaci e acqua potabile. Ci aggiorna Cecilia Seppia:

Dallo stato di emergenza a quello di calamità nazionale con la chiusura di tutte le scuole e gli edifici pubblici, vista l’immane tragedia provocata dal sisma di magnitudo 7.9 che ieri ha devastato il Nepal e toccato anche l’India, la Cina, il Pakistan. L’aspetto di Kathmandu è surreale: cadaveri ovunque, cumuli di macerie, edifici monumentali completamente rasi al suolo, come l’antica torre di Dharahara, gente ferita accampata per strada, mancano elettricità, acqua, gas e i soccorsi si muovono a rilento a causa anche delle altre 30 scosse di assestamento, la più forte 6.7, alle 12.54 locali che ha nuovamente terrorizzato la popolazione e causato la chiusura per qualche ora dell’aeroporto internazionale Tribhuvan, bloccando così anche i voli con i primi aiuti umanitari. La Farnesina ha rintracciato finora 300 connazionali incolumi; stanno bene anche i due fratelli fiorentini di cui non si avevano notizie. Si teme ora però per 4 speleologi italiani del Soccorso alpino, in spedizione nel villaggio di Langtang, travolto da una valanga. Questa mattina un enorme blocco di ghiaccio si è staccato dal costone colpendo di nuovo il campo base sull’Everest e ci sarebbero altre decine di vittime. La solidarietà internazionale comincia ad arrivare anche dopo l’appello di Papa Francesco. L’Onu si è detto pronto ad aiutare il Nepal. Dal premier Koirala l’invito ai cittadini a restare uniti pur nel terribile disastro.

Sulla situazione reale del Paese, Roberta Barbi ha sentito Paolo Beccegato, vicedirettore della Caritas italiana e responsabile dell’area internazionale dell'organismo umanitario:

R. – Purtroppo la situazione è molto grave! Molti villaggi, soprattutto quelli più montagnosi, non sono ancora stati raggiunti, per cui c’è un lavoro piuttosto concitato di salvataggio di queste vite umane, logistico per raggiungere queste zone remote, per valutare i danni, e anche per quanto riguarda i feriti: molti sono feriti gravemente, per cui lo sforzo grande è anche quello del trasporto in ospedale. Molto spesso, ancora, va via la corrente elettrica e quindi non si può neanche comunicare…

D. – Si parla di oltre duemila vittime. Dopo la nuova forte scossa di oggi, il bilancio è destinato ad aggravarsi? Che speranze ci sono di estrarre ancora superstiti da sotto le macerie?

R. – L’esperienza dice che si possono estrarre superstiti anche a distanza di giorni… Però, per quanto riguarda il conteggio delle vittime, purtroppo c’è da pensare che non sia terminato. C’è anche il problema che molte persone alla nascita non vengono registrate all’anagrafe e quindi, anche lì, c’è sempre una valutazione generalmente sottostimata di quello che poi è il vero dato. Quello che conta in questo momento è il coordinamento degli aiuti e cercare di raggiungere tutte le zone colpite.

D. – Secondo l’esperienza della Caritas, di cosa ha maggiormente bisogno la gente in questo momento?

R. – In questa prima fase c’è il problema di far dormire le persone sostanzialmente al di fuori delle proprie case perché c’è una paura terribile, spesso ci sono attacchi di panico e il cosiddetto disturbo post-traumatico colpisce anche in questi casi, soprattutto i minori. Chi ha perso tutto deve essere certamente sostenuto da tutti i punti di vista, però anche quelli psicologici, quelli spirituali e una visione nella sua integrità.

D. – Arrivano anche notizie di ospedali sovraffollati: c’è un rischio concreto di epidemie?

R. – Questo è difficile da valutare in questo momento. Sono zone sostanzialmente fredde, montagnose e quindi ci sono dinamiche molto diverse rispetto ai contesti più caldi, più tropicali. Bisognerà valutare dopo se sono state contaminate alcune falde acquifere, e ci sono, appunto, problemi di contagio. In questo momento è troppo presto per poterlo dire.

D. – I danni al patrimonio artistico del Paese a lungo termine influiranno su una economia già tanto povera?

R. – Noi ci concentriamo soprattutto sulle persone, però non va sottovalutato questo elemento. In questo caso il danno al turismo e al patrimonio artistico, il danno – diciamo - culturale provocherà senz’altro delle conseguenze nel medio e lungo termine per queste zone del mondo già di per sé povere, che dovranno essere sostenute anche da questo punto di vista per il tentativo di ripristino di alcune strutture e del patrimonio artistico.








All the contents on this site are copyrighted ©.