2015-04-29 14:00:00

Nepal: lutto nazionale, forse 10 mila morti. Soccorsi troppo lenti


Tre giorni di lutto nazionale in Nepal che conta ad oggi più di 5.000 vittime per il devastante sisma di sabato scorso. Un milione i senza tetto e migliaia i bambini a rischio ipotermia. E ora alla paura subentrano caos e proteste per la lenta distribuzione degli aiuti e per gli inefficaci interventi di soccorso. Intanto dalle macerie degli edifici distrutti emergono miracolosamente ancora dei sopravvissuti e alcuni stranieri iniziano a rimpatriare, tra loro anche due italiani. Il servizio di Gabriella Ceraso:

E’ un disastro che interessa 8 milioni di persone, più di un quarto della popolazione del Nepal, e le autorità non riescono a gestirlo: per questo, a quattro giorni dal sisma, alla paura stanno subentrando proteste e caos. "Abbiamo fame e non abbiamo nulla da mangiare né una tenda per coprirci", dice la gente che dormito ancora una notte al freddo in strada. Così alcuni sfollati a Dolakha hanno appiccato il fuoco agli uffici distrettuali e altri 200, nella capitale, hanno bloccato il traffico scontrandosi con la polizia, come ci racconta da Katmandu Francesca Schraffl, responsabile comunicazione per il network europeo Alliance 2015:

R. – La situazione nella capitale è abbastanza tragica. La gente vive ancora nelle tende, manca acqua potabile, manca da mangiare, mancano medicine, ci sono problemi di comunicazione, Internet va e non va, il telefono va e non va e c’è il grossissimo problema degli aiuti che non arrivano. L’aeroporto è congestionato, non riescono ad arrivare gli aerei, non riescono a partire aerei e purtroppo si stanno ritardando tutte le operazioni di soccorso.

D.  – Ha notizie di proteste della gente?

R. – Sì, siamo venuti a conoscenza di reazioni abbastanza negative da parte della popolazione specialmente perché questo è un momento in cui le varie agenzie non governative dei soccorsi devono fare innanzitutto una valutazione della situazione. Sì, la gente si arrabbia, chiede dov’è, l’acqua, dov’è il cibo e quindi è anche una situazione abbastanza delicata a livello sociale. Oggi, come ogni giorno, qui c’è stato un altro meeting per le varie Ong delle Nazioni Unite in cui questa informazione è stata data e i prossimi interventi devono focalizzarsi sul fornire assistenza. La gente è stufa di parole e vuole vedere i fatti.

D. – Perché gli aiuti non vengono distribuiti? Ci sono problemi solo di movimento o manca proprio l’approvvigionamento?

R. – Esatto. A Kathmandu, in Nepal, mancano i prodotti: l’80% dei negozi sono chiusi e quei pochi aperti che ci sono hanno approvvigionamenti molto scarsi. I Paesi vicini si sono offerti – non solo i Paesi europei occidentali ma anche i Paesi vicini – di mandare cibo, acqua, protezione, ma non riescono ad arrivare gli aerei. Adesso si sono aperte strade con l’India e si sta cercando di mandare camion attraverso l’India direttamente. Noi stiamo aspettando da due giorni il nostro carico di tende e anche oggi ci è stato detto che deve ancora partire da Dubai perché non hanno avuto l’autorizzazione dall’aeroporto di Kathmandu. Questo è un problema che deve essere risolto presto, ma l’aeroporto della capitale non è equipaggiato a un traffico aereo del genere.

D. – Si parla del rischio anche che migliaia e migliaia di profughi dalle periferie si riversino in città perché stanno chiedendo disperatamente aiuto anche agli elicotteri in sorvolo…

R. – Purtroppo è così. La gente non riesce a spostarsi su strada e quindi nel momento in cui arrivano i soccorsi si scatena il pandemonio e tutti cercano di fuggire per arrivare in una capitale che non è assolutamente attrezzata per gestire la gente che c’è, figuriamoci la gente che viene dalle zone rurali.

D.  – Avete parlato con le autorità, c‘è una collaborazione?

R. – Noi siamo in contatto come Welthungerhilfe e come membri dell’Alliance 2015 assieme ad altre ong che ne fanno parte. Stiamo coordinando i nostri interventi da un punto di vista geografico e lavoriamo in zone, in distretti diversi, quindi ci concentriamo su quei distretti in base ai nostri punti di forza. In un meeting che abbiamo avuto oggi con le Nazioni Unite ci è stato raccomandato di coordinarci, di parlare gli uni con gli altri e di non presentarci chi lavora col cibo solo col cibo e gli altri solo le tende, perché la gente vuole i soccorsi completi. La gente non capisce che uno ha un mandato rispetto a un altro e quindi in questo momento la coordinazione tra le varie Ong e con le Nazioni Unite è assolutamente cruciale.

D.  – Che cosa state facendo voi in particolare. Quante persone riuscite ad aiutare?

R.  - Noi come Welthungerhilfe, appena arrivano le nostre tende, riusciremo a raggiungere qualche migliaio di persone. Ci sono parecchie Ong che lavorano in città e oggi a questo meeting delle Nazioni Unite è stato suggerito ai partner di andare nei distretti rurali dove ci sono problemi di  accessibilità. Quindi, si spera nei prossimi giorni di riuscire a raggiungere qualche migliaio di persone che al momento non hanno dove proteggersi, non hanno da mangiare e da bere. Tutto purtroppo dipende dalla possibilità per gli aerei e i soccorsi di arrivare a Kathmandu stessa.

D.  – Come la vede la situazione? Un suo parere da osservatrice di un’emergenza…

R. – Uno cammina per le strade e vede la gente che fa la fila col piatto in mano perché aspetta da mangiare, vede la gente in tenda… Però, in generale, vedo molta motivazione e entusiasmo da parte delle Ong. Stiamo lavorando tutti insieme, unendo le forze per far migliorare la situazione il prima possibile.

Dunque, manca tutto e serve fare presto pensando anche a chi è più fragile, come fa Caritas Internationalis. Lo spiega al microfono di Linda Bordoni la direttrice umanitaria, Suzanna Tkalec:

R. – Il clima in Nepal non è tra i più ideali. Infatti, ci troviamo nella stagione delle piogge, stiamo aspettando l’arrivo dei monsoni, fa freddo e quindi l’importante è che la gente che ora si trova all’aperto riceva un posto adeguato dove ripararsi, accesso al cibo e all’acqua potabile e assicurarci che non ci siano malattie. Inoltre, Caritas Nepal ha identificato la necessità di protezione soprattutto per coloro che sono più vulnerabili, quindi le donne, le ragazze e le persone che vivono con disabilità fisiche e mentali.

D. – Invece, per quanto riguarda il responso Caritas avete fatto una richiesta di donazioni di emergenza?

R. – Non c’è neanche stato bisogno di fare richiesta: espressioni di solidarietà e supporto sono arrivati in meno di 48 ore. Noi ci troviamo con tre milioni di euro che sono già stati assicurati da tutte le Caritas. Una risposta veramente strepitosa. 








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