La “preoccupazione” per la sofferenza generata dalla grave crisi economica, sociale e morale che colpisce la società spagnola. E la “speranza” fondata sulla testimonianza offerta da tanti membri della Chiesa nell’assistere proprio quanti hanno subito maggiormente le conseguenze della crisi. Sono questi i due principali motivi ispiratori di “Iglesia, servidora de los pobres” (“Chiesa, servitrice dei poveri”), l’istruzione pastorale approvata dai vescovi spagnoli nel corso della loro recente Assemblea plenaria. Strutturata in quattro parti - riporta l'agenzia Sir - l’istruzione pastorale comincia analizzando la situazione sociale attuale.
Nuovi poveri e nuove povertà
Nella prima parte, i vescovi si concentrano sui nuovi poveri e sulle nuove povertà,
in modo particolare quelle subite in primo luogo dalle famiglie colpite dalla crisi.
In esse, viene rilevato, non è difficile trovare molti giovani senza lavoro e a serio
rischio di cadere in situazioni disperate. I vescovi segnalano anche la povertà originata
dall’emigrazione. Gli immigrati, infatti, subiscono più di chiunque altro una crisi
che non sono stati loro a provocare. I vescovi chiedono in questo ambito alle autorità
nazionali e dell’Unione europea atteggiamenti di generosa accoglienza e cooperazione
con i Paesi di origine.
Nuove povertà e corruzione sono favorite dall’impoverimento spirituale
Oltre alle nuove povertà, l’istruzione pastorale evidenzia come tratto caratterizzante
la società attuale la corruzione, definita come un “male morale” alla cui origine
ci sono “la cupidigia finanziaria” e “l’avarizia personale”. Non solo, queste situazioni
di corruzione provocano allarme sociale, alterano il funzionamento dell’economia,
impediscono la concorrenza leale e rincarano i servizi. Per i vescovi, la necessaria
rigenerazione personale e sociale sarà possibile attraverso una maggiore considerazione
per il bene comune. Sia le nuove povertà sia la corruzione sono favorite anche dall’impoverimento
spirituale. L’atteggiamento personale e il comportamento morale delle persone sono
danneggiati dall’indifferenza religiosa, dalla dimenticanza di Dio e dalla noncuranza
verso la questione del destino trascendente dell’essere umano.
Il retto ordinamento al bene comune compete soprattutto alla comunità politica
Nel documento s’indicano perciò quattro fattori alla base dell’odierna situazione
sociale. Il primo è la negazione del primato dell’essere umano che si fonda sulla
dignità concessagli da Dio. Il secondo è il dominio dell’immediato e dell’ambito tecnico
nella cultura attuale. Il modello sociale incentrato sull’economia è il terzo fattore
che spiega questa situazione di crisi. In quarto luogo, una certa idolatria dei mercati.
Il retto ordinamento al bene comune, rilevano i vescovi, compete soprattutto alla
comunità politica. (R.P.)
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