2015-04-30 19:07:00

Nepal: estratte vive tre persone dalle macerie


Sale ancora il bilancio delle vittime del devastante terremoto che ha colpito il Nepal il 25 aprile scorso: 6200 circa quelle accertate e oltre 13mila i feriti, alcuni in condizioni gravi, mentre non si fermano le ricerche sotto le macerie, da cui sono state estratte vive altre quattro persone nelle ultime 24 ore. Anche la popolazione sopravvissuta, però, è allo stremo: centinaia di migliaia le persone sfollate, sulle quali incombe il rischio epidemia, soprattutto di colera. Oltre 2 miliardi di dollari, secondo una prima stima del governo, servirebbero per la ricostruzione. Paola Simonetti:

Non si ferma a Katmandu l’estenuante e disperato lavoro di ricerca sotto le macerie di una città devastata dal sisma di sabato scorso. Un lavoro senza sosta che anche oggi ha miracolosamente dato i suoi frutti: 4, un giovane e tre donne, le persone tratte in salvo dalle rovine. Ma il conteggio delle vittime si aggrava di ora in ora: oltre 5800 i morti accertati, 11mila i feriti. In serata sono attesi in Italia, all’aeroporto militare di Pratica di Mare, 23 dei superstiti italiani, mentre è in piena attività la macchina di solidarietà e aiuto con l’invio di task force specializzate. Incalcolabili i danni, grave la situazione umanitaria, nel contesto della quale si teme lo scoppiare di un’ epidemia, soprattutto per il grave danneggiamento del sistema fognario e la presenza di centinaia di migliaia di persone accampate in luoghi di fortuna spesso all’aperto. Il pericolo maggiore arriva dalla possibile diffusione del colera. 

 

Secondo l’Unicef, circa 1,7 milioni di bambini ha urgente bisogno di aiuto nelle aree più colpite dal sisma. Dei più piccoli in Nepal si occupa da anni anche AiBi - Amici dei bambini, che a Kathmandu collabora con il Centro Paani, struttura dedicata al sostegno dei minori abbandonati e in difficoltà. Lì Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente Silvia Cappelli, cooperante di AiBi, che ha reso la sua testimonianza nonostante fosse stato lanciato l’allarme per nuove possibili scosse:

R. - C’è bisogno di tutto: dall’acqua che sta finendo al cibo, alle coperte, alle tende per le famiglie, perché ovviamente i bambini non sono soli ma ci sono anche le famiglie, i fratelli più grandi, i nonni… In questo momento manca tutto, perché quello che c’era è terminato e gli aiuti da fuori tardano ad arrivare.

D. - Si tratta quindi di bambini che hanno una famiglia o ci sono anche degli orfani di cui vi occupate?

R. - In questo caso particolare parliamo di centri diurni, quindi sono bambini che hanno una famiglia e si tratta di famiglie che lavorano perlopiù nell’edilizia: in questo momento, dunque, hanno perso il lavoro e non hanno introiti.

D. - L’Unicef parla di urgente bisogno di aiuto per 1 milione e 700 mila bambini, in questo momento in Nepal. Che rischi ci sono?

R. - Il rischio consiste nel fatto di non riuscire ad arrivare ad aiutarli, perché comunque non tutte le strade sono in buone condizioni e certe zone sono difficili da raggiungere. C’è il problema di non coordinarsi. E anche il rischio di epidemie, che in queste situazioni dove non c’è più acqua, non c’è igiene si sviluppano molto velocemente. C’è un riversarsi della popolazione: chi ha perso la casa si sposta alla ricerca di nuovi spazi dove proteggersi. Le problematiche sono diverse.

D. - Che tipo di epidemie?

R. - Da quelle alle vie respiratorie al colera, com’è accaduto ad Haiti. Tutti conosciamo quell’esperienza. Quindi adesso si sta cercando di evitare assolutamente che accada la stessa cosa anche qui.

D. - AiBi a Kathmandu fornisce dai beni di prima necessità all’assistenza psicologica. Quali sono le emergenze in questo momento, anche dal punto di vista psicologico?

R. -  Abbiamo la fortuna che la maggior parte dei nostri spazi non ha subito grandi devastazioni. Quindi sembrano mediamente sicuri. Così abbiamo almeno uno spazio dove possiamo accogliere, portare dei mezzi di prima necessità come acqua e cibo e dare uno spazio neutro ai bambini, dove possano giocare e non pensare continuamente al disastro. Questo anche per le famiglie, per distogliere un po’ il pensiero. In questo momento tutti sono spiazzati, non sanno che cosa succederà. È importante per noi esserci: far vedere che ci siamo, che non ce ne siamo andati è comunque una cosa positiva, perché dà speranza.

D. - Lei ha citato il terremoto di Haiti: purtroppo una delle facce di disastri come quello avvenuto in Nepal e a Haiti è anche la criminalità che in questi momenti di difficoltà si approfitta dei più piccoli. Ci sono pericoli?

R. - Sì, bisogna stare attenti. L’esercito, che si sta comunque occupando della gestione degli aiuti, sta cercando di tenere sotto controllo la situazione, però ovviamente c’è un allarme sicurezza.

D. - Nelle scorse ore è scoppiata la protesta popolare per i ritardi nei soccorsi. Gli aiuti come stanno arrivando?

R. - I primi giorni la quesitone principale era capire cosa c’era a diposizione nel Paese e come distribuirlo. Ora stanno arrivando aiuti dall’esterno. Purtroppo l’aeroporto ha una capacità molto piccola, quindi gli aiuti tardano ad arrivare.

D. - Proprio in questi minuti c’è stato un allarme per una possibile, eventuale nuova scossa. La gente cosa vi dice?

R. - La gente è preoccupata, perché comunque in questi giorni ci sono state scosse minori. La terra continua a tremare, non è finita. Le persone sono sicuramente spaventate, siamo allertati. Ci sono squadre di ingegneri che stanno andando a verificare gli spazi: cioè, oltre al lavoro di gestione dell’aiuto di prima necessità, c’è questo lavoro di valutazione di ciò che è rimasto in piedi, se effettivamente è agibile oppure no. Questo è molto importante.

D. - Cosa vi dà la forza per essere lì e continuare ad operare?

R. - La forza viene dal fatto che comunque ci stiamo aiutando tutti. Chi ha ancora una casa in piedi accoglie gli altri e tutti si stanno dando da fare; più che altro si fa quello che si può, senza intralciare il lavoro del governo. Però, nel piccolo, ci si dà una mano; questo dà speranza, perché comunque se loro stessi non si danno per vinti, perché dovremmo farlo noi?








All the contents on this site are copyrighted ©.