2015-05-10 12:00:00

A Roma, Marcia per la vita contro aborto e eutanasia


Dapprima in Piazza San Pietro per partecipare al ““Regina Caeli” di Papa Francesco e poi in corteo da Via della Conciliazione fino a Piazza Bocca della Verità per riaffermare la difesa della vita umana, dal suo inizio fino agli ultimi giorni. Questo il programma dei circa quarantamila partecipanti alla quinta edizione dell’odierna “Marcia per la Vita”. Una presa di posizione pubblica contro l’aborto e l’eutanasia, promossa da cattolici e condivisa anche da persone di vario credo, come racconta al microfono di Rosario Tronnolone, la portavoce dell’iniziativa, Virginia Coda Nunziante:

R. – L’iniziativa è nata sull’esempio delle grandi marce che si svolgono in tutto il mondo. Direi che forse l’esempio per noi più importante è stata la marcia americana, quella di Washington, che ormai porta in piazza oltre 500 mila persone, ma anche l’esempio di Madrid, di Parigi, di Lima recentemente… Ecco, le grandi marce che si sono svolte in tutto il mondo per promuovere una cultura della vita contro una cultura della morte. Ed è nata sull’input di un discorso molto bello di Benedetto XVI, quando ha detto ai vescovi americani, nel corso di una visita “ad Limina”, che era importante che i cattolici si riappropriassero della piazza pubblica.

D. – Uno degli equivoci più grandi, o comunque uno degli alibi attraverso cui questa cultura della morte passa, è che la fede sia una cosa e invece la politica un’altra. Perché credete che invece così non sia?

R. – Perché invece noi dobbiamo portare il nostro impegno di cattolici nel mondo, nella società e poi anche nella politica. Per tutti questo vale, non solo per noi cattolici, perché in fondo la cultura della vita è una questione di diritto naturale. E infatti, assieme a noi in piazza sfilano anche rappresentanti di altre religioni, come gli ortodossi, gli evangelici… L’anno scorso abbiamo avuto anche dei buddisti e anche una piccola delegazione di islamici della moschea di Roma, ma anche degli atei.

D. – La Marcia per la vita vuole difendere la vita non soltanto al suo sorgere, ma anche al momento della sua fine…

R. – Esattamente. Direi che questo ancora di più oggi, perché la Legge 194 – contro la quale noi vogliamo dare un messaggio chiaro – è una legge varata in Italia nel 1978 e che ormai ha mietuto più di 5 milioni di vittime. Ma adesso, l’altro pericolo è l’eutanasia. Nel nostro ordinamento giuridico sta già discutendo in parlamento di approvare una legge del genere e per questo noi vogliamo dare un segnale chiaro, che noi non accetteremo che venga approvata una legge sull’eutanasia che lede il diritto alla vita delle persone più deboli, inferme, alla fine dei loro anni.

D. – Come nasce questo equivoco di trasformare – secondo l’espressione che ha usato anche Giovanni Paolo II – quello che alla fine è un delitto in un diritto?

R. – Nasce proprio da una cultura del relativismo che si è imposta nella nostra società. Si è messo al centro l’individualismo dell’uomo, per cui invece di aiutarlo anche nei momenti di difficoltà che possono essere momenti della donna in gravidanza o del malato grave al quale viene proposta la legge sull’eutanasia, in realtà gli si impone delle leggi che lo portano all’autodistruzione. Per cui, invece di creare una cultura che aiuti e soccorra – come hanno sempre fatto anche i nostri esempi dei Papi e dei Santi – invece viene imposta una cultura della morte che lo sopprime all’inizio, lo sopprime alla fine per evitare che questo crei dei problemi alla società.








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