In termini di pace e di sicurezza mondiali, pesa più un dollaro speso per programmi di sviluppo umano o per programmi di sviluppo nucleare in senso bellico? La Santa Sede non ha dubbi e il suo portavoce all’Onu di New york, l’arcivescovo Bernardito Auza, lo ha riaffermato nei giorni scorsi al cospetto degli esperti che stanno rinegoziando il Trattato di non proliferazione nucleare, soffermandosi sulle somme “dispendiose” spese per gli armamenti, che così non possono essere utilizzate per “rimediare alle miserie che affliggono il nostro mondo di oggi”.
Pace e armi, binomio impossibile
In coerenza con la Dottrina della Chiesa e il Magistero
dei Papi in merito – a partire da Pio XII e più ancora da Giovanni XXIII quando la
crisi nucleare dei missili a Cuba conferì alla questione una portata planetaria –
mons. Auza ha ammonito i governi a non puntare tutto sulla forza degli arsenali. “Sarebbe
ingenuo e miope – ha detto il rappresentante vaticano – se cercassimo di assicurare
la pace mondiale e la sicurezza attraverso le armi nucleari piuttosto che passando
per lo sradicamento della povertà estrema, per un’assistenza sanitaria e un’istruzione
accessibili a tutti, e promuovendo istituzioni e società pacifiche tramite il dialogo
e la solidarietà”.
L’ingiusto divario
Inoltre, denunciando un sostanziale stallo sui negoziati
che dovrebbero ridisegnare il Trattato di non proliferazione – spostandone l’equilibrio
verso l’auspicato e finora irrealizzato “disarmo generale e completo sotto stretto
ed efficace controllo internazionale” – mons. Auza ha stigmatizzato il fatto che i
Paesi storicamente in possesso delle armi nucleari, non avendo mai smantellato fino
in fondo i propri arsenali, hanno finito per rendere “struttura di classe” permanente
ciò che in fase di creazione del Trattato avrebbe dovuto essere temporaneo, un “ingiusto
status quo” che divide i Paesi possessori di armamenti nucleari da quelli che non
li posseggono.
Falsi deterrenti
Il rappresentante pontificio ha affrontato anche il
capitolo della “deterrenza”. Paolo VI, ha ricordato, la definì una “tragica illusione”
e in generale la Chiesa ha sempre insistito, in particolare dal Vaticano II in qua,
sul fatto che l’accumulo di armi di distruzione di massa non è un sistema per garantire
la sicurezza. Anche per ciò che riguarda il terrorismo e la possibilità che possa
dotarsi di armi nucleari, la deterrenza – ha asserito mons. Auza – non può essere
sostenuta e portata ad esempio.
Il desiderio di Francesco
Il presule ha concluso citando un auspicio di Papa
Francesco, che lo scorso dicembre si è detto “convinto che il desiderio per la pace
e la fraternità radicato nel profondo del cuore umano darà i suoi frutti in modi concreti
per garantire che le armi nucleari siano vietate, una volta per tutte, a vantaggio
della nostra casa comune”. (A cura di Alessandro
De Carolis)
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