Più di 40 organizzazioni della società civile, tra cui la ong dei Gesuiti Alboan, hanno firmato una dichiarazione indirizzata all'Unione Europea (Ue) criticando "l’impatto minimo e insufficiente” della proposta di legge europea sull’estrazione ed il commercio dei minerali provenienti dalle zone di conflitto, che non ritengono indirizzata a favorire un commercio "responsabile". Come segnalano queste organizzazioni, tale legge “raccomanda ma non esige” quindi "non garantirà la cessazione degli scambi di minerali che finanziano i gruppi armati in quei Paesi".
Chiesta una legge forte sul controllo della fornitura dei minerali
Tale progetto di legge regolamenta l'estrazione, la fornitura e la commercializzazione
di quattro minerali (stagno, tantalio, tungsteno e oro) da parte delle imprese europee.
Tuttavia non obbliga le aziende a comunicare all'Ue le loro catene di estrazione e
distribuzione, lasciando la libertà di farlo volontariamente. Le ong ritengono che
la Commissione dell’Ue abbia perso l'opportunità di "fare una legge forte, che imponga
alle imprese e non solo consigli, un maggiore controllo sulla fornitura dei minerali".
40% dei conflitti degli ultimi 60 anni legati alle risorse minerarie
Nella nota ripresa dall'agenzia Fides si ricorda che, secondo l'Onu, il 40% dei conflitti
degli ultimi 60 anni è stato in qualche modo legato all'accesso alle risorse minerarie.
Inoltre, insieme ai conflitti, arrivano le inevitabili violazioni dei diritti umani
e l’aumento della povertà. Di fronte a questa situazione, molte organizzazioni legate
alla Chiesa, insieme a diversi gruppi della società civile, si sono attivate promuovendo
una petizione da presentare entro il 18 maggio 2015 al Parlamento Europeo. Quel giorno
infatti l'assemblea di Strasburgo si riunirà in sede plenaria per votare la normativa
già discussa nei mesi scorsi, ritenuta però deficitaria e inefficace. (C.E.)
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