2015-05-14 14:03:00

Francesco per il 70.mo di Pax Christi: servite la fraternità


Il vostro incontro sia “un’occasione per aprire il cuore a Dio” e servirlo nelle comunità dove agite, perché la "vita sociale sia uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti”. Lo scrive Papa Francesco nel messaggio inviato, a firma del cardinale Pietro Parolin, ai 150 delegati di 30 nazioni membri di Pax Christi International, riuniti da ieri a domenica prossima a Betlemme per celebrare i 70 anni dalla fondazione del Movimento. Fra loro, il coordinatore di Pax Christi Italia, don Renato Sacco, che riassume, nell’intervista di Alessandro De Carolis, la missione e lo stile che in questi decenni hanno distinto l’azione del Movimento in tutto il mondo:

R. – Penso a tutto il lavoro per i diritti umani, soprattutto nell’America Centrale e nell’America del Sud. Oggi abbiamo qui con noi anche alcuni che arrivano dal Salvador: se pensiamo alle dittature argentine, tra poco alla Beatificazione di mons. Romero, Marianela García… quindi, tutto un lavoro di anni sui diritti umani. Assieme a questo, un lavoro di impegno contro la guerra e non dimentichiamo, non molti anni fa, il Premio Nobel alla campagna contro le mine antipersona, che allora fu ritirato a Oslo dal rappresentante di “Pax Christi Italia”. Assieme a questo, tutto un lavoro – per esempio – sull’obiezione di coscienza. In questo caso, penso soprattutto all’Italia, quando ancora non c’era la legge e gli obiettori andavano in prigione. Quindi, un lavoro che possiamo sintetizzare così: i diritti umani, i diritti dei popoli e delle persone, un “no” alla guerra e insieme una preghiera per continuare un cammino, certo in salita, della pace. Settant’anni fa e anche oggi.

D. – Guardando invece all’oggi e al domani, su quale via di pace vi sentite pellegrini per stare al titolo del vostro incontro a Betlemme?

R. – Abbiamo proprio terminato oggi una piccola e breve tavola rotonda con voci che arrivavano da varie parti del mondo – dall’Uganda, al Medio Oriente, all’Italia, agli Stati Uniti, alla Nuova Zelanda – e, se possiamo riassumere, da una parte oggi la grande sfida è ancora quella dei diritti umani, ma ancor più grande, ce lo ricordava l’amico degli Stati Uniti, è un’educazione alla pace e alla non-violenza contro gli armamenti in una società sempre più militarizzata oggi – e ce lo ricorda anche Papa Francesco, continuamente. E quindi oggi, 70 anni dopo la Seconda Guerra mondiale, il tema delle armi, delle bombe, dei droni, dei sistemi per uccidere è ancora una grande sfida, assieme – ce lo ricordavano soprattutto quelli del Sud del mondo – al grande problema ambientale. Una sfida nuova, se vogliamo anche sulla scia di quello che ci ricorderà Papa Francesco con l’Enciclica. Queste due sfide sicuramente sono importanti in una luce che è specifica di Pax Christi che è la non-violenza.

D. – Concretamente, Pax Christi di fronte a un pianeta che conta centinaia di conflitti, grandi e piccoli, come si muove? Qual è il suo messaggio?

R. – Fare della non-violenza non una passività, o dire: i non-violenti sono quelli in finestra, che guardano o che agitano le margherite davanti a questo mondo così sofferente. No. La non-violenza è darsi impegno, coraggio, martirio anche – abbiamo ricordato oggi quante zone in cui le persone vengono uccise… Quindi, è esporsi in prima persona, mai accettando la logica della guerra, della violenza o della distruzione dell’ambiente. Non sappiamo come valutare, ma certo ci ha molto colpito e anche fatto soffrire che proprio all’attuale segretario internazionale di Pax Christi, Enriquez – originario del Salvador ma vive a Bruxelles, dove c’è la segreteria di Pax Christi – a lui, in questi giorni, è stato impedito di venire a Betlemme perché persona non gradita. Questo ci dice che forse, quando si lavora con fermezza, con non-violenza, forse si va a scalfire chi è al potere e ci fa pensare quante altre sofferenze le persone del posto vivono e quante volte vengono limitate nei loro diritti.

D. – Da molti anni lei vive e condivide l’esperienza di Pax Christi. Quale momento le ha, per così dire, cambiato il cuore?

R. – Sicuramente, Pax Christi mi ha dato forza, speranza anche per le grandi testimonianze: da don Tonino Bello a tanti altri testimoni che ho incontrato. E mi ha messo in contatto con tante situazioni dove la guerra e la sofferenza non hanno però spento la gioia, la speranza e l’umanità.








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