Occorre vincere la tentazione dello scontro e percorrere la strada del dialogo e della fraternità per sconfiggere l’estremismo islamico, ma serve anche l'uso della critica storica da parte dei musulmani: è quanto afferma il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, commentando l’incontro con i vescovi e i delegati delle Conferenze episcopali per i rapporti con i musulmani in Europa, riuniti in questi giorni in Svizzera. Ascoltiamo il porporato al microfono di Olivier Bonnel:
R. - Nous avons été tous d'accord pour reconnaître…
Siamo stati tutti d’accordo nel riconoscere che la
situazione oggi è cambiata e ora è soprattutto condizionata da quanto accade in Medio
Oriente e in particolare riguardo all’Is, al Califfato. Abbiamo constato una radicalizzazione
dei musulmani, in particolare dei giovani. L’immigrazione irregolare ha favorito e
continua a favorire l’arrivo di musulmani in gran numero sul continente europeo. Ci
siamo ritrovati tutti d’accordo anche nel riconoscere la sorpresa per il fatto che
musulmani nati in Europa, si sono convertiti all’estremismo jihadista. Che cosa significa
allora tutto questo? Perché questi giovani vengono sedotti dall’Is? Questa è l’espressione
di una frustrazione, di una mancanza di progetti: evidentemente sono giovani che vengono
attirati dai soldi che vengono loro offerti dall’organizzazione, ma che sono anche
attratti da una sorta di motivazione di vita. Io credo che dovremmo ridare un senso
alla vita, alla vita personale e alla vita sociale. Evidentemente il ricorso di alcuni
musulmani alla religione per giustificare questi atti abominevoli è assolutamente
ingiustificabile. Nessuno li può giustificare!
D. – Lei nota nella comunità musulmana dei progressi riguardo alla rilettura dell’Islam, alla possibilità di interpretare il Corano?
R. – Oui. C'est quelque chose de très discret…
Sì! E’ un qualcosa di molto discreto, quasi un tremito
… Effettivamente vediamo sempre più che i giovani, soprattutto i giovani musulmani
che hanno accesso alla cultura e all’università, si pongono effettivamente la questione
della critica storica.
D. – E’ la questione fondamentale dell’educazione…
R. – Oui, l’éducation est fondamental...
Sì, l’educazione è fondamentale! Io insisto in particolare
molto sull’insegnamento della storia. Alla fine la chiave è la scuola e l’università.
Questo ci permetterà di superare questa crisi. Credo che il terrorismo non vincerà,
ma gli effetti e le conseguenze del terrorismo dureranno ancora a lungo! E’ necessario
ridare speranza e senso alla vita dei nostri cittadini. E’ un’ambizione che dobbiamo
tutti condividere!
D. – Lei ha detto che continuare a dialogare, anche in contesto di persecuzione può diventare un segno di speranza. In che senso?
R. – Et bien, dans le sens que il y à des jeunes…
Nel senso che ci sono giovani che sono capaci di dare
la vita per la loro fede, giovani che sono coerenti e sono in grado di essere testimoni
della verità.
D. – Il dialogo è oggi più che mai necessario con il mondo musulmano per evitare la radicalizzazione e lo scontro …
R. – On accepte le dialogue, se bat et on se renforce
…
Si accetta il dialogo, ci si confronta e ci si rafforza
su questo. Ma la ghettizzazione è sempre una tentazione! Il problema, “la grande questione”,
è come far convergere l’essere musulmano e il diventare europeo.
D. – Di fronte alla tentazione di discorsi discriminanti, cosa la Chiesa può portare come parola?
R. – La Parole de Jésus, la parole de la charité,
de la fraternité…
La Parola di Gesù, la parola della carità, la parola
della fraternità. Non si può essere cristiani e restare chiusi nella Chiesa! Bisogna
uscire, andare nelle periferie, il Papa lo dice spesso… Noi abbiamo questa grazia
di vivere la diversità nell’unità. E questo è quello che deve essere messo alla portata
di tutti. E’ necessario guardarsi, ascoltarsi; cercare di costruire insieme una terra
in cui la differenza significhi ricchezza.
D. – I vostri interlocutori musulmani, cosa chiedono alla Chiesa?
R. – Vous savez, les interlocuteurs musulmans sont
tellement différents …
Sa, gli interlocutori musulmani sono così differenti…
Quelli che abbiamo incontrato in Svizzera sono universitari e quindi è molto facile
parlare con loro. Io credo che ci sia un grande apprezzamento in particolare per quanto
noi facciamo a livello di educazione, di scuola, di università. Per esempio, il fatto
che a Baghdad, in piena guerra, due anni fa i domenicani abbiano creato un istituto
di scienze sociali, per me è qualcosa di straordinario! Ci sono delle cose molto belle
che si realizzano. Per esempio che ci sono alcune famiglie musulmane a Baghdad che
accolgono da più di un anno delle famiglie cristiane… Questo sono cose positive …
La questione è il dialogo della vita: è importante e si realizza. Bisogna dirlo…
D. – E si vede sui media?
R. – Non, malheureusement pas
No, sfortunatamente no!
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