2015-05-18 13:09:00

Burundi: giro di vite contro opposizioni dopo fallito golpe


In Burundi, nella sua prima apparizione pubblica dopo il golpe dei militari dei giorni scorsi, il presidente Pierre Nkurunziza – appena rientrato nel suo Paese - ha parlato di emergenze internazionali senza fare alcun accenno al fallito golpe né alle proteste che hanno investito il Burundi dal 26 aprile dopo il suo annuncio a candidarsi per un terzo mandato presidenziale. Secondo l’organizzazione Oxfam, sono già oltre 105 mila le persone in fuga dalla violenza che hanno un immediato bisogno di cure mediche, acqua pulita, cibo.  Di tensioni e rischi nel Paese Fausta Speranza ha parlato con Angelo Turco, docente di geopolitica dell’Africa all’Istituto IULM:

R. - Il presidente uscente ha sempre ignorato le manifestazioni di piazza come tentativo di golpe, e anzi, fin da fine aprile-inizio maggio, ha cominciato a parlare di manovre oscure effettuate da gruppi terroristici esterni contro le istituzioni del Burundi. Quindi, non particolarmente contro di lui, ma contro il Burundi.

D. – Intanto, però, ha preso misure e ha avviato un giro di vite contro i traditori…

R. – È molto preoccupante, perché - di fatto - noi non sappiamo veramente nulla della sorte degli alti ufficiali coinvolti nel tentativo di golpe cui abbiamo assistito, anche se questi alla fine si sono arresi, e non hanno provocato nessuno spargimento di sangue. Il timore che ci sia una giustizia sommaria in atto o in prospettiva è un timore reale.

D. – Nkurunziza ha invocato il rischio terrorismo, perché il Paese è impegnato con l’Unione Africana contro i jihadisti in Somalia…

R. – In questi casi tutti i fantasmi vengono un po’ agitati. Naturalmente in tutta l’Africa, appena si può, si tende a convogliare all’interno di un orizzonte securitario tutti i problemi possibili e immaginabili. Perché? Perché la copertura – diciamo così – “terroristica” è quella che consente di occultare i problemi politici e le responsabilità degli uomini politici, che quei problemi non sanno affrontare e non sanno risolvere. Per esempio, adesso, fa molto comodo dirottare l’attenzione dei media e l’attenzione del dibattito pubblico, africano e internazionale, di nuovo sul terrorismo, dimenticando un fatto centrale della situazione in Burundi: l’ennesimo tentativo di un presidente della Repubblica di sconvolgere gli assetti costituzionali, in questo caso appellandosi ad un cavillo giuridico, per perpetuare - di fatto - il proprio potere con un terzo mandato, al di là dei limiti fissati con la Costituzione. Questa è molto chiara nello spirito, se non proprio nella lettera, con i riferimenti a due mandati consecutivi anche in base agli accordi di Arusha.

D. – Un Paese dove si comincia a parlare di fuga: fuga di bambini, fuga di persone. Sul piano geopolitico dell’area che cosa può significare questa destabilizzazione che speriamo rientri - ma, insomma, preoccupa - del Burundi?

R. – Può significare una ripresa su larga scala della instabilità di tutta l’area dei Grandi Laghi. Ricordiamoci che è prossima la partita elettorale che giocherà Paul Kagame per il Rwanda; ricordiamoci che è prossima la partita elettorale che si giocherà in Congo. E, se in Rwanda le cose sembrano calme – perché la mano ferma di Kagame qualcosa ha ottenuto sotto questo profilo – in Congo, Joseph Kabila non è mai riuscito veramente a pacificare la situazione interna, che resta molto, molto precaria, specialmente nella zona orientale.

D. – Dunque sarebbe devastante una destabilizzazione del Burundi…

R. – Sarebbe un fatto molto grave, che aprirebbe uno scenario di instabilità, e che potrebbe, a sua volta, sfociare in un processo di violenza che oltretutto fa parte, malauguratamente, della tradizione storica e politica recente della regione dei Grandi Laghi.








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