2015-05-20 13:51:00

Regione dei Grandi Laghi: rifugiati e rischio instabilità


Siamo in Burundi, dove non si placano le violente proteste contro il presidente Nkurunziza, che conferma la sua terza candidatura alla massima carica dello Stato, nonostante il divieto costituzionale. Ieri, il capo dello Stato, per placare gli oppositori, ha parzialmente posticipato alcune date elettorali. Ce ne parla Giulio Albanese:

  

Neanche il rinvio della data delle elezioni legislative e amministrative ha calmato gli oppositori del presidente burundese Pierre Nkurunziza. Su pressione delle cancellerie africane, il capo dello stato ha annunciato lo spostamento  dal 26 maggio al 5 giugno delle due consultazioni elettorali, lasciando al 26 giugno il contestato voto presidenziale. Ma ieri mattina la capitale Bujumbura è stata nuovamente teatro di duri scontri: un soldato è rimasto ucciso da una pallottola vagante sparata, pare, da un poliziotto. Nkurunziza ha comunque confermato l’intenzione di correre alle elezioni, malgrado le pressioni ricevute in patria e dall’estero per ritirarsi. In effetti, una terza candidatura per la massima carica dello Stato è anticostituzionale. Ma egli non demorde. A questo proposito ha invitato i propri connazionali, che in queste settimane sono fuggiti nei paesi limitrofi a rimpatriare, affermando che il 99% del territorio burundese è sotto controllo. Una visione la sua considerata da molti eccessivamente ottimistica.

Anche Congo e Rwanda a breve saranno chiamati alle urne e l’instabilità rischia di allargarsi a tutta l’area dei Grandi Laghi. Eugenio Murrali ha intervistato lo studioso di geopolitica burundese, Melchior Nsavyimana:

R.  – A mio parere, mi sembra ci sia stata una maturazione, una determinazione vera e propria del Burundi che ha manifestato solidarietà. E’ stata una cosa nuova in Burundi, perché ogni situazione difficile in politica aveva conseguenze sul popolo, con divisioni etniche. Però, in questo momento si è verificata un’unità tra due etnie che hanno combattuto tra loro per diversi anni, gli hutu e i tutsi. Dopo il fallimento di questo colpo di Stato i cittadini sono rimasti insieme. L’unica cosa che si può dire è che il popolo è maturato e lì si può pensare anche al ruolo della religione, della Chiesa cattolica – che in Burundi  è  intorno al 60% – e dei protestanti che hanno aiutato il popolo perché sapesse cosa fosse importante per la gente.

D. – In generale, i Paesi dell’area dei Grandi Laghi si apprestano a sostenere elezioni. Quali potrebbero essere le prospettive? Ci sono segni dei instabilità in alcuni di essi…

R. – Sì, è vero che nella maggioranza di questi Paesi dei Grandi Laghi si avvicinano le elezioni, sia in Rwanda, che in Congo, Uganda, Tanzania… Dall’inizio della democratizzazione dell’Africa questi momenti in cui si preparano le elezioni coincidono anche con i momenti di instabilità a livello sociale, politico, portano conflitti. Il problema è che ogni presidente che è al potere spesso vuole ricandidarsi e rimanere. Adesso si discute in Congo se cambiare la Costituzione e anche in Rwanda e in Uganda. Quindi diventa difficile in questi momenti sapere come i Paesi di questa parte dell’Africa saranno in futuro, perché chi ha il potere ha difficoltà a lasciarlo. Però, il problema è che non è un presidente che vuole ricandidarsi, è un sistema che è al potere. In questo gioco adesso entrano anche le grandi potenze, come la Cina, la Russia, gli Stati Uniti: tutti questi Paesi sono lì e ognuno sostiene il suo candidato. C’è una grande influenza di questi grandi Paesi che sono lì attraverso le multinazionali, attraverso accordi di cooperazione o di sviluppo.

D. – L’emergenza umanitaria: il grande numero di rifugiati può creare ulteriore instabilità?

R. – In Burundi adesso siamo arrivati a 100 mila rifugiati che sono andati in Tanzania e in Rwanda. Pensiamo ai due milioni di rifugiati del Congo e anche in una parte dell’Uganda quanti rifugiati ci sono a causa dell’Lra. Credo che il problema sia regionale e l’unica soluzione è l’unità. Pensiamo all’integrazione regionale e a cercare una soluzione insieme. E' difficile adesso parlare del Burundi senza pensare alle conseguenze per la Tanzania dove arrivano i rifugiati, come anche in Congo, e quanti milioni arrivano dal Burundi come rifugiati anche in Rwanda, Uganda… Quindi diventa un problema regionale  e ci vuole una soluzione regionale.








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