2015-05-22 13:50:00

Colombia: esercito bombarda le Farc, almeno 18 morti


È di almeno 18 morti tra i guerriglieri il bilancio di un’operazione militare dell’esercito colombiano contro un accampamento delle Forze armate rivoluzionarie (Farc) a Cauca, nel sud-ovest del Paese. Un mese fa, il presidente Santos aveva ordinato la ripresa dei bombardamenti sospesi come segnale di buona volontà nel processo di pace. Al microfono di Roberta Barbi, il giornalista esperto dell’area e autore del libro “L’impero della cocaina”, Andrea Amato, offre una chiave di lettura su quanto accaduto:

R. - Quello che dice il governo è che è stata un’operazione per catturare il comandante Javier, e che si cercava di recuperare un minorenne rapito. In realtà, è palesemente un atto di rappresaglia, dopo l’imboscata che ha portato all’uccisione di undici militari dell’esercito colombiano, circa un mese fa, proprio nella regione di Cauca. Non a caso è stato fatto esattamente nella stessa regione, quindi anche per dare un segnale al territorio.

D. - I bombardamenti dell’esercito colombiano sui campi delle Farc erano appunto ripresi il 15 aprile. A febbraio, però, erano ripresi anche i colloqui a Cuba.  A che punto è, dunque, il processo di pace?

R. – Secondo me, in alto mare. Tre anni fa, quando erano iniziati i negoziati di pace a Cuba, avevo detto che non ci credevo molto, perché sia le Farc che il governo forse questa pace non la vogliono. Gli unici che la vogliono sono i cittadini colombiani, ma il governo, molto spesso in questi 50 anni, ha usato la guerra alle Farc come foglia di fico per nascondere corruzioni o scandali di ogni genere. Le Farc, a loro volta, avrebbero, subito dopo la pace, una serie di problemi: in primo luogo di legittimazione politica - perché dovrebbero a quel punto entrare in un processo democratico, e difficilmente riuscirebbero ad avere un grosso consenso elettorale - in secondo luogo, ci sarebbe poi anche un problema di gestione di decine di migliaia di guerriglieri, che sono per lo più nati e cresciuti nella foresta, e che dovrebbero essere inseriti nella società colombiana.

D. – Possiamo, dunque, dire che si entra nel vivo di una nuova fase di combattimenti?

R. – Sì, è probabile, perché a questo punto sia Santos che i vertici delle Farc hanno tutti i pretesti per far saltare i trattati e per continuare a fare ciò che fanno da 50 anni. Purtroppo, credo che si riapra un’altra stagione o che riprenda la stagione degli scontri tra il governo e le Farc.

D. – Pochi giorni fa il Consiglio di Stato colombiano ha stabilito che le Farc non sono un gruppo terroristico, ma parte di un conflitto che si combatte nel Paese da 50 anni: questa decisione apre un nuovo spiraglio per la soluzione del conflitto?

R. – Non credo, perché il governo colombiano si fa forte del maggiore alleato, ma soprattutto del maggiore "sponsor", finanziatore dello Stato - gli Stati Uniti - che credo non abbia nessuna intenzione di riconoscere una forza rivoluzionaria marxista come interlocutore.

D. – Finora nei negoziati sono stati raggiunti solo accordi parziali su temi quali terra e sviluppo rurale, partecipazione politica degli insorti, droga e narcotraffico. Quali nodi ci sono ancora da sciogliere?

R. – La legittimazione politica. Penso che i vertici delle Farc, se anche pensano veramente a un reinserimento nella vita civile, vorrebbero delle garanzie oltre il voto, e quindi la legittimazione democratica dell’elezione. Probabilmente, chiedono una presenza permanente nella vita politica colombiana, al di là delle elezioni per mantenersi comunque vivi sulla scena.








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