2015-05-23 12:18:00

Beatificazione Romero. Rosa Chavez: grande gioia per evento tanto atteso


Grande attesa in tutta l'America Latina per la Beatificazione di mons. Oscar Romero: si prevedono circa trecentomila persone a San Salvador e numerosi capi di Stato, per la cerimonia, alle 18 ora italiana, presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Papa. L’arcivescovo Romero, ucciso in odium fidei nel 1980 dagli "squadroni della morte" legati al governo militare dell’epoca, fu messo a tacere per le sue continue denunce contro le violenze del regime. Non un rivoluzionario, ma un uomo di Chiesa, del Vangelo e, quindi, "dei poveri", come ci ricorda il servizio di Roberta Barbi:

“Yo quisiera hacer un llamento de manera especial a los hombres del ejercito…”
“Io vorrei rivolgere un appello in modo speciale agli uomini dell’esercito, in concreto alle basi della guardia nazionale, della polizia, delle caserme. Fratelli, siete del nostro stesso popolo, uccidete i vostri fratelli contadini! E prima di un ordine di uccidere che dia un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice: ‘Non uccidere’. Nessun soldato è obbligato a obbedire a un ordine che è contro la legge di Dio. A una legge immorale nessuno è tenuto a obbedire”!

Risuonano come macigni le ultime parole di Oscar Romero, pronunciate nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza quell’ultimo 24 marzo 1980. Dopo l’omelia ecco l’offertorio, con il calice che si eleva al cielo e il proiettile che sibila e uccide quel vescovo che aveva messo i poveri al centro del suo ministero, perché così dice Gesù. Era conosciuto come "sacerdote conservatore"; da pastore non poté tacere davanti allo sfruttamento delle sue pecore e inizia a prendere posizione contro i quotidiani crimini degli "squadroni della morte" al servizio della dittatura. Verrà accusato di incitare alla lotta di classe e alla rivoluzione, ma è solo al Vangelo che si ancora, è la Parola che nella sua vita diventa atto concreto, giorno dopo giorno. Non aveva la vocazione del martire, ma scelse di non evitare di rischiare la propria vita: “Se mi uccideranno – diceva – risorgerò nel popolo salvadoregno”, perché chi evita il pericolo, in qualche modo la vita l’ha già persa. Il giorno prima della morte, l’ultima, accorata omelia in cattedrale:

“En nombre de Dios, pues, en nombre de este sufrido pueblo…”
“In nome di Dio, dunque, e in nome di questo popolo sofferente i cui lamenti salgono al cielo sempre più tumultuosi, vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: basta con la repressione!”. 

Da oggi sarà un’altra brillante stella nel firmamento spirituale sudamericano e da lassù continuerà a vegliare sul suo amato popolo.

Dell’atmosfera di attesa che si respira nel Paese, ha parlato al microfono di Francesca Sabatinelli il vescovo ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chavez, grande amico di Romero:

R. – C’è una frase che si sente un po’ dappertutto e che dice: “Abbiamo un prima e un dopo la Beatificazione di Romero”. Questa frase mi pare sia una sintesi molto bella dell’aspettativa che il nostro popolo ha nel suo cuore. Pensiamo che molte siano le cose che debbano cambiare qui da noi e crediamo che con Romero sia ora possibile!

D. – Adesso le persone sperano che con questo passaggio importante il Paese possa prendere un’altra strada?

R. – Ci sono due cose. La prima: noi siamo un Paese molto polarizzato, quindi metà e metà. Dunque bisogna andare avanti e diventare un popolo unito nella verità, nella giustizia, nell’amore e nella pace. Questo è il primo miracolo che noi chiediamo a mons. Romero. Il secondo miracolo che noi chiediamo è quello di vincere la violenza. E’ una cosa terribile qui la violenza. Ogni giorno abbiamo molte persone uccise. Questo è terribile! Questi sono i due miracoli più importanti secondo i desideri del popolo. Dobbiamo andare avanti, perché queste cose devono cambiare. C’è poi un terzo elemento, perché vediamo una specie di terremoto spirituale. Molta gente si domanda: cosa dobbiamo pensare di Romero?  E poi si dicono: io avevo sbagliato, ora capisco che Romero era un’altra cosa, è un pastore, è un profeta, è un martire, è un discepolo di Gesù Cristo. E’ un terremoto quasi indicibile, ma reale. Penso che dopo la cerimonia queste cose diventeranno più visibili.

D. – Com’è il suo cuore a poche ore dalla Beatificazione di questo suo grande amico?

R. – Questa è la parola giusta! Mi hanno domandato molte, molte, volte chi fosse Romero per me. E io rispondo con una parola soltanto: l’amico! Immagini cosa si sente quando l’amico diventa una persona che la Chiesa propone come esempio per il mondo e per la Chiesa tutta! Quando si sta per assistere a un evento planetario! Perché Romero è Romero del mondo e non soltanto "Romero d’America". Io aspetto con grande gioia e con molte speranze. Romero è stato ucciso una volta, ma molta gente voleva ucciderlo una seconda volta, sbagliando riguardo alla sua memoria. La memoria resta e Romero sarà glorificato!








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