2015-05-24 12:11:00

Etiopia al voto: riconferma scontata per il partito di Desalegn


Etiopia oggi al voto. Grande favorito è il Fronte Rivoluzionario Democratico del Popolo Etiopico, già al potere, dopo una campagna elettorale caratterizzata da episodi di repressione nei confronti del dissenso da parte del governo guidato dal premier Hailemariam Desalegn. Anche nelle precedenti elezioni, nel 2005 e 2010, si registrarono violenze, arresti, intimidazioni e brogli. Di questo appuntamento elettorale, Giancarlo La Vella ha parlato con Raffaello Zordan, del periodico dei missionari comboniani “Nigrizia”:

R. – Direi che la consultazione non dovrebbe riservare alcun tipo di sorpresa. Ci sarà una continuità col regime attuale, che è una democrazia apparente: nel senso che contano solo e semplicemente – in tutti i settori del Paese: dalla politica, all’amministrazione, all’economia – il Fronte Rivoluzionario Democratico del Popolo Etiopico e il suo presidente Hailemariam Desalegn, che è sia il capo del partito, sia il capo del governo. Quindi non si vedono per nessuno dei 75 partiti, che fanno parte dell’arco dell’opposizione, possibilità di spuntarla.

D. – Questa realtà che l’Etiopia vive è in qualche modo influenzata dalla situazione estremamente caotica che sta vivendo la vicina Somalia?

R. – Sì. Il fatto che ci sia un Paese senza Stato vicino all’Etiopia ha delle ripercussioni a livello politico e una tensione sempre alta. Dal punto di vista produttivo, il Paese, nel suo insieme, è prevalentemente agricolo e - pur avendo avuto negli ultimi anni una forte crescita del Pil, in media, negli ultimi 5 anni un 10% l’anno - non dimentichiamo mai che in un Paese di 90 milioni di abitanti una parte considerevole vive sotto la soglia di povertà.

D. – In questa situazione qual è il ruolo delle diverse missioni che ci sono in Etiopia?

R. – E’ chiaro che le missioni hanno un forte ruolo sociale: gestiscono scuole, gestiscono ospedali, hanno la capacità di interloquire comunque con gli ortodossi e quindi hanno un peso all’interno di questa dinamica. C’è anche una rappresentanza importante di musulmani - sono quasi il 34% della popolazione - e anche con questi c’è un dialogo.

D. – Nell’ampio panorama africano, la voce dell’Etiopia riesce a farsi sentire?

R. – Il Paese è sede dell’Unione Africana e quindi la capitale, Addis Abeba, si candida ad essere un punto di riferimento per il continente. Non dobbiamo però mai dimenticare che l’Unione Africana - come del resto l’Unione Europea - non è una realtà dove il Parlamento centrale può imporre scelte ai vari Parlamenti nazionali. E’ invece ancora un luogo dove si discute di politica, dove si invocano delle scelte piuttosto che altre. Sono poi i singoli Paesi a fare quello che credono e a scegliere le alleanze che credono, soprattutto a livello economico. Quindi la partita è completamente aperta. Certamente l’Etiopia ha delle potenzialità enormi, però vive in un contesto dove le situazioni sono complicate. Prima si citava la Somalia, ma non dimentichiamo neanche che lì vicino ci sono il Sudan e il Sud Sudan, che sono due realtà in questo momento piuttosto caotiche dal punto di vista politico e anche economico.








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