2015-05-24 13:46:00

Veglie di preghiera in Italia per i cristiani perseguitati


In tutta Italia, ieri sera in occasione della vigilia della Pentecoste, in molte parrocchie si sono svolte veglie di preghiera per i martiri contemporanei e per i cristiani perseguitati a causa della fede. Anche a Roma sono state promosse dalla diocesi diverse celebrazioni, tra cui una veglia nella basilica dei Santi Apostoli guidata dal vescovo ausiliare Matteo Zuppi, a cui hanno partecipato anche sacerdoti della comunità greco ortodossa. Il servizio di Marina Tomarro:

“La sofferenza dei nostri fratelli che sono perseguitati a causa della fede è anche nostra, non è estranea, dobbiamo tenerlo a mente sempre”! Così il vescovo Matteo Zuppi ha ricordato durante la veglia di Pentecoste i cristiani oppressi nel mondo, soffermandosi in particolare sulle situazioni più dolorose come la Siria,  l’Iraq, la Nigeria, l’India, il Pakistan. Ha letto alcuni passaggi di una lettera di Asia Bibi, la donna cristiana pakistana accusata di blasfemia e per questo condannata a morte. I motivi dell'iniziativa nelle parole di mons. Zuppi:

R. – Primo, per un debito che abbiamo verso di loro, verso la loro situazione, noi che spesso sciupiamo, al contrario, le nostre possibilità, la tanta sicurezza che abbiamo. Secondo perché è una condizione terribile. Giustamente è stato rilevato che è una persecuzione quasi maggiore di quelle dei primi secoli e che il cristianesimo è la religione più perseguitata. Difendere i cristiani in realtà è difendere anche la libertà religiosa e quindi la libertà di tutti di credere nel proprio Dio. Per questo penso che dobbiamo tanto a questi nostri fratelli, perlomeno nella preghiera, nello sforzo, nel ricordo e anche nella solidarietà, per proteggerli nella loro situazione.

D. – Cosa si potrebbe fare di più secondo lei?

R. – Io credo che ci sia un desiderio di tutti quanti i cristiani che è uno sforzo di vicinanza, di preghiera e di solidarietà e poi c’è una pressione che dobbiamo fare sui governanti, su quelli che debbono poi orientare le diverse scelte, perché non è soltanto proteggere i nostri fratelli ma è garantire la libertà di culto, di religione. In realtà è la protezione di tutte le minoranze e chi protegge le minoranze tutela al contempo anche se stesso.

D. – Nella sua omelia lei ha ricordato la figura di mons. Romero: perché è importante la sua testimonianza?

R. – Perché mons. Romero è uno che si è identificato col popolo, che ha fatto propria la sofferenza di tanti e ha ricordato a tutti che la sofferenza dei propri fratelli non è accettabile e che bisogna proteggerla e difenderla. Credo che la sua beatificazione aiuti anche tutti quanti noi a essere uomini più coraggiosi e meno tiepidi.

Tanti i fedeli che hanno voluto prendere parte a questo momento di preghiera e di riflessione. Ascoltiamo le loro emozioni:

R. - Perché ci rende uniti a loro, anche se distanti. La Pentecoste è anche questo. Lo Spirito che ci unifica pur nella distanza, fino ai confini della terra. Quindi è bello essere vicini ai nostri fratelli.

D. – E secondo te invece?

R. – Perché ci fa sentire solidali, ci fa sentire vicini. Noi li sentiamo vicini e speriamo che il nostro affetto e la nostra preghiera li possano raggiungere per mezzo dello Spirito.

R. – La Chiesa è unita e quando un membro soffre soffrono anche gli altri membri. Siccome quello che ci lega è la comunione che è la vita di Dio, che è lo Spirito dato nei cuori di ognuno, ecco che abbiamo pregato anche per loro.

D. – Come si testimonia gioiosamente il Vangelo?

R. – Innanzitutto con verità, con la propria vita, più che con le parole. Quindi essere credibili attraverso una testimonianza autentica, semplice e, naturalmente, sì, anche gioiosa.

R. – Nella semplicità, nelle testimonianze piccole quotidiane della solidarietà, dello stare vicino.

R. – La Pentecoste è importante tanto quanto il Natale e la Pasqua perché è Cristo che viene tra di noi, è il compimento della sua promessa: “Sarò con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Quindi essere in Cristo vuol dire essere con i nostri fratelli perseguitati. Ricordo la frase di Shahbaz Bhatti che diceva che questi fratelli erano parte del suo corpo in Cristo.

R. – Penso che sia una grazia molto grande partecipare in questo momento perché tutta la Chiesa è unita a questi nostri fratelli che sono perseguitati. Quello che possiamo offrire in questo momento è essere insieme con loro attraverso la preghiera, non c’è altro che possiamo fare.








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