2015-05-27 15:05:00

Crisi in Madagascar. Il presidente rifiuta l'impeachment


Il parlamento del Madagascar ha votato la destituzione del presidente per presunte violazioni costituzionali e per incapacità. Ora, sarà la Corte Costituzionale a stabilire se la mozione potrà essere attuata. Il capo di Stato, che denuncia brogli, era stato eletto nel 2013 nel tentativo di porre fine alla grave crisi politica del Paese. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Il presidente Rajaonarimanpianina in un discorso alla nazione ha rifiutato la destituzione decisa dal parlamento e in un discorso alla nazione ha denunciato “brogli nelle operazioni di volto” e di voler continuare a essere alla guida del Madagascar. Entro questa sera la Corte costituzionale dovrebbe essere investa dal caso, ma il poverissimo Paese rischia di ripiombare nel caos politico del 2009, quando alle manifestazioni di piazza seguirono scontri e vittime. La Chiesa cattolica lavora incessantemente alla ricostruzione del Madagascar e insieme ad anglicani, luterani e protestanti fa parte di una delle tre Commissioni “per la riconciliazione” nazionale. A scatenare la crisi attuale, però, sarebbe stata proprio una riunione indetta della Commissione. Circa due settimane fa infatti oltre duemila persone, in forma anonima, hanno presentato una richiesta di scioglimento del parlamento investendo a tal riguardo il presidente Rajaonarimanpianina. In questo quadro, i vescovi cattolici hanno preso le distanze per mancanza di trasparenza, ma il documento di scioglimento avrebbe comunque innescato la reazione dell’Assemblea nazionale, culminata poi nella richiesta di destituzione del capo dello Stato.

Sulla situazione attuale abbiamo raggiunto nella capitale Antananarivo, don Luca Treglia, direttore di "Radio Don Bosco":

R. – Il Madagascar vive uno stato di caos politico e questo porta molti problemi. I vescovi, nell’ultima lettera che hanno pubblicato, circa due settimane fa, hanno denunciato questa situazione che porta solamente danni al popolo. Coloro che traggono vantaggio da questo caos sono solamente i politici. Il popolo soffre: non può curarsi, non ha da mangiare, c’è molta corruzione e le leggi vengono fatte solo per alcuni affinché possano approfittare delle ricchezze del Madagascar. Praticamente il 70% delle persone vive al di sotto della soglia di povertà con meno di un euro al giorno.

D. – Adesso, sarà la Corte costituzionale che dovrà esprimersi sulla destituzione del presidente chiesta dal parlamento. Che tempi ci sono?

R. – Al momento, nessun documento è arrivato alla Corte costituzionale, ma si pensa che questo accadrà in serata. Poi, questa lo prenderà in esame. Il problema è che parecchi membri della Corte costituzionale sono a favore del presidente, quindi  anche lì rimane il dubbio su quale decisone verrà presa per questa domanda.

D. – Il parlamento vota l’"impeachment", il presidente parla di brogli nelle operazioni di voto e la Corte costituzionale sembra essere sbilanciata. Si rischiano di nuovo le violenze del 2009 con morti e feriti per le strade?

R. – Il rischio c’è. In questo momento, ci sono forti tensioni politiche e tra l’altro anche il vecchio presidente, Ravalomanana, è rientrato in Madagascar – molte persone non volevano che tornasse. Ci sono molte pressioni da parte della comunità internazionale a favore del vecchio presidente, per cui tutto questo ha creato una situazione di caos e di confusione.

D. – Ma come viene visto l’intervento della comunità internazionale?

R. – La pressione internazionale è vista qui in Madagascar in modo negativo. La cultura malgascia considera ingerenze l’intervento esterno. Servirebbe una persona capace di governare il Paese e che soprattutto si dedichi ai bisogni del popolo: la povertà, il lavoro, le malattie che sono tantissime …

D. – Siamo di fronte dunque ad una politica autoreferenziale che non si interessa al popolo?

R. – Purtroppo, è quello che succede. A volte, chi è la potere pensa solo ai propri interessi e la stessa cosa fa l’opposizione. Servirebbe che ognuno si prenda le proprie responsabilità per la costruzione di un Paese attualmente allo sfascio. Quindi, da una parte il presidente con il suo governo dovrebbero sforzarsi di fare di più e dall’altra, e dall’altra l’Assemblea dovrebbe cercare di collaborare con il presidente per mettere le basi che consentano uno sviluppo stabile.








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