2015-05-27 14:59:00

Fame nel mondo in calo. Cibo per tutti: obiettivo post 2015


Ancora oggi, 795 milioni di persone soffrono la fame nel mondo. Ma si registrano ottimi progressi per garantire in futuro il diritto al cibo a tutti, di questo si parlerà settembre nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite per fissare gli obiettivi dell’Onu post-2015. Ad annunciarlo stamane, José Graziano da Silva, direttore generale della Fao, presentando a Roma il Rapporto annuale sulla stato dell’insicurezza alimentare, redatto insieme all’Ifad e al Pam, le tre agenzie delle Nazioni Unite dedicate ai temi della nutrizione. Roberta Gisotti ha intervistato l’economista Piero Conforti, responsabile delle Statistiche sulla sicurezza alimentare della Fao.

D. - Dott. Conforti, a che punto è la lotta alla fame nel mondo, allo scadere degli Obiettivi del Millennio?

R. - In realtà, un primo obiettivo fu fissato nel 1996, dal Vertice mondiale dell’alimentazione e richiedeva di dimezzare il numero di persone che si trovano in condizione di grave insufficienza calorica, entro il 2015. Pochi anni dopo, gli Obiettivi del Millennio, fissati nel 2000, hanno determinato invece di dimezzare la proporzione delle persone in condizioni di insicurezza alimentare nella popolazione. Ambedue questi obiettivi vengono a scadenza quest’anno. Con le informazioni che noi abbiamo, dobbiamo concludere che l’obiettivo del Millennio di diminuire almeno del 50 per cento la proporzione delle persone in condizioni di fame è stato quasi raggiunto. Siamo a pochi decimi di punto percentuale di differenza da quello che sarebbe l’obiettivo numerico.

D.  – Dal 23 per cento, leggiamo nel rapporto, si è scesi al 13 per cento…

R.  – Sì, viceversa, l’altro obiettivo che richiedeva di ridurre il numero di persone non è stato raggiunto ed è mancato per un margine piuttosto ampio.

D. – Gli affamati sono infatti scesi di 216 milioni anziché i 400 milioni ipotizzati, come mai?

R. – Uno dei motivi è che, rispetto ai primi anni ’90, oggi abbiamo sul pianeta circa due miliardi di persone in più. Naturalmente questo è il quadro della totalità dei Paesi. Se noi guardiamo invece ai singoli Paesi scopriamo che questi due obiettivi sono stati raggiunti in molti Stati. L’obiettivo relativo alla proporzione di persone che soffrono la fame è stato raggiunto in 72 Paesi dei 129 che noi monitoriamo. E in 29 di questi 72 è stato raggiunto anche il secondo obiettivo, quello più ambizioso, di riduzione del numero di persone. Questo non significa, ovviamente, che tutti i problemi siano risolti. Abbiamo, nonostante questo, circa 800 milioni di persone, ancora oggi, che soffrono di insicurezza alimentare grave e cronica. Significa che bisogna fare ancora molto lavoro per continuare su questa strada.

D. – Quali cause di successo e di insuccesso nel Rapporto?

R. – Ogni Paese ha la sua storia. E’ difficile generalizzare. Ma volendo prendere gli elementi comuni, la crescita economica è molto importante, ma è altrettanto importante che la crescita economica riesca a fornire opportunità di reddito ai più poveri, ai più deboli, ai più vulnerabili. Dove la crescita economica raggiunge tutti e provvede opportunità di occupazione, di guadagnare reddito anche per i più poveri, il successo è abbastanza diffuso. E molto importanti sono anche le politiche di solidarietà, di protezione sociale, che servono, da un lato, ad aiutare quelli che non riescono a guadagnare un reddito sufficiente e, dall’altro, a diffondere i benefici della crescita. Un altro fattore che osserviamo è che purtroppo le condizioni più difficili si incontrano in corrispondenza dei grandi disastri naturali e dei grandi disastri provocati dall’uomo come gli episodi di guerra e di instabilità politica. Lì purtroppo non c’è crescita economica e non ci può essere protezione sociale e dunque l’insicurezza alimentare aumenta rapidamente. Ci sono aree del mondo in cui siamo in una condizione di crisi continua e queste sono le aree in cui l’insicurezza alimentare è più grave.

D.  – Quali sono queste aree?

R. – Le aree in cui il progresso è più lento sono da un lato l’area del Sud del Sahara e dall’altro l’Asia meridionale. In particolare l’area a Sud del Sahara è un gruppo di Paesi molto composito alcuni dei quali hanno avuto invece molto successo, sono riusciti a ridurre almeno la parte più grave dell’insicurezza alimentare. Penso ad esempio ad un Paese come il Ghana.

R. – Ci sono critiche da parte della Fao alla comunità internazionale o ad alcuni gruppi di Paesi che non hanno risposto in questi 15 anni alle indicazioni della Fao e delle altre agenzie che si occupano di garantire il diritto al cibo?

R. – Più che criticare quello che noi dobbiamo fare e che facciamo è cercare di lavorare insieme a tutte le parti in causa in questi Paesi, che sono i governi ma sono anche la società civile il settore privato e sono partner importantissimi.

D. – Non vi scontrate ad esempio con il problema, che è anche molto presente nei Paesi in via di sviluppo, della corruzione?

R.  – Certamente questo è un problema ma non è un problema che possiamo risolvere. Noi cerchiamo di fare il possibile per anzitutto isolare l’azione dell’organizzazione da qualunque fenomeno di questo genere e poi per, nonostante questo, portare avanti i nostri progetti. In genere la Fao è un’organizzazione che ha una buona risposta, ci rispettano per il tipo di lavoro che cerchiamo di fare. La Fao è un’organizzazione che prende conoscenza dalle università, dai centri di ricerca e cerca di metterla a disposizione delle parti in causa nei Paesi più poveri per cercare di migliorare la situazione.








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