2015-05-28 13:48:00

Yemen: due militari sauditi uccisi in un raid degli insorti


Resta critica la situazione in Yemen. In un attacco al confine con l’Arabia Saudita, Paese che guida la coalizione internazionale intervenuta in territorio yemenita, sono rimasti uccisi due militari sauditi e altri cinque risultano feriti. Un’escalation legata al rinvio, nei giorni scorsi, dei colloqui di pace tra le parti mediati dalle Nazioni Unite. Benedetta Capelli ha raccolto in proposito il commento di Giuseppe Dentice, ricercatore dell’Ispi, Istituto di politica internazionale, ed esperto dell'area:

R. – L’attacco è una conseguenza della ripresa violenta dei raid di questi giorni. E’ evidente che dal punto di vista sia degli insorti, sia della coalizione internazionale, vi è un inasprimento del conflitto.

D. – Questo si può mettere in relazione al fatto che i colloqui di pace sono stati rinviati?

R. – Assolutamente sì. E’ chiaro che da entrambe le parti non vi è la volontà prima di tutto politica di trovare una sorta di compromesso, comunque di rilanciare il dialogo. E, in secondo luogo, non vi sono le condizioni materiali per poter optare per un’azione diplomatica in questo momento. In più, il ruolo anche degli attori esterni che in un caso o nell’altro, Arabia Saudita e Iran, aiutano o comunque alimentano questo scontro tra le parti.

D. – Quale potrebbe essere a suo avviso un modo per far ripartire queste trattative di pace?

R. – Non c’è altra alternativa al dialogo che il dialogo. Si può tentare semplicemente una sorta di ricucitura dell’azione diplomatica da ambo le parti ma solo se c’è la volontà da ambo le parti, appunto, di tentare questa trattativa. Una soluzione potrebbe essere, come è stato fatto fino a poche settimane fa, una tregua umanitaria e magari da lì partire per poter successivamente approfondire i discorsi e rilanciare i dialoghi politici.

D. – L’Onu può giocare questo ruolo di mediatore oppure è un attore che non potrà essere incisivo nella ripresa delle trattative?

R. – In base all’esperienza recente, in gran parte delle crisi mediorientali la risposta sembrerebbe essere negativa. Tuttavia è innegabile il fatto che solo l’Onu come attore esterno può favorire il dialogo. Anche il nuovo rappresentante speciale delle Nazioni Unite ci sta provando con grande intensità. Tuttavia bisogna scontrarsi anche con le volontà dei singoli attori e dei "protagonisti" esterni che stanno influenzando notevolmente lo scontro all’interno del Paese.

D. – Per quanto riguarda la situazione umanitaria anche da questo punto di vista le cose stanno peggiorando: i profughi sono circa 545 mila e 8,6 milioni le persone che hanno bisogno di assistenza sanitaria e di aiuti umanitari…

R. – La situazione è altamente drammatica. In poco più di due mesi si calcola che siano morte almeno duemila persone. E’ un numero straordinariamente alto. La situazione è drammatica perché i conflitti, perché si deve parlare di vari conflitti, all’interno dello scontro interetnico e religioso o comunque settario yemenita non aiutano sicuramente l’intervento anche umanitario, non ci sono le condizioni materiali sul campo. Le prospettive dunque non sono assolutamente positive.

D. – Iran e Arabia Saudita sono i due attori che stanno giocando una partita in Yemen ma effettivamente perché è così interessante questa ragione?

R. – Lo Yemen, come altre realtà mediorientali, rappresenta un teatro di scontro tra le due superpotenze regionali. Lo Yemen, come è stata la Siria e come lo è la Siria, com’è parzialmente l’Iraq, è un teatro in cui lo scontro tra queste due potenze è evidente perché ci sono realtà sunnite e sciite altamente presenti sia nel tessuto sociale che politico ed esercitano allo stesso tempo anche un potere economico. Questi due attori cercano di prevalere l’uno sull’altro influenzando le dinamiche politiche interne a questi Stati. Lo Yemen rientra all’interno di queste dinamiche regionali. Dal punto di vista strategico, l’importanza dello Yemen è relativa; è importante soprattutto dal punto di vista commerciale e delle rotte marittime, in una linea di congiunzione tra le rotte dell’Oceano indiano e quelle del Mar arabico che poi salgono su fino al canale di Suez.








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