2015-05-29 14:57:00

Asia, vertice su emigrazione: posizioni restano restrittive


Tensione alla Conferenza sull’emigrazione nell’Oceano Indiano, oggi a Bangkok, dove 17 Paesi dell’area, supportati dall’Onu e dall’Ue, cercano una soluzione alla crisi umanitaria che sta spingendo verso le coste malesi e indonesiane migliaia di migranti. Sono musulmani di etnia Rohingya, minoranza perseguitata in Myanmar, e migliaia di poveri in fuga dal Bangladesh. Solo a maggio oltre 3.000 sono stati i "boat people" soccorsi nel Sudest asiatico e in queste ore in 700 si trovano alla deriva a largo delle coste dell’ex Birmania. Il servizio di Gabriella Ceraso:

“Il problema dei 'boat people' ha raggiunto livelli allarmanti. Nessuno Stato può farcela da solo”. Così, al vertice di Bangkok, il ministro degli Esteri thailandese, invitando i partecipanti ad affrontare le ragioni che spingono i migranti alla fuga. Ma non è facile, vista la situazione in Asia. Carlo Filippini, esperto dell'area per l’Università Bocconi di Milano: 

“Purtroppo, nessuna nazione vuole ospitare, vuole pagare per persone povere e per persone senza istruzione, non qualificate. Il problema si risolverebbe investendo nei Paesi più poveri, in modo che si possa creare lavoro e possano migliorare le condizioni di vita dei propri cittadini. E' un enorme sacrificio e, soprattutto in questi anni di crisi, penso che poche persone, pochi Paesi siano disposti a farlo”.

Il Myanmar - che non riconosce alcun diritto ai Rohingya e va verso la reclusione coatta o la loro espulsione - al vertice ribadisce il "no" alla politicizzazione della questione e alle "ingerenze straniere":

“La Birmania addirittura non riconosce i Rohingya come propri cittadini. Purtroppo ci sono state non solo espulsioni, ma numerosi atti di violenza, che hanno portato alla morte di questi migranti”.

Restrittive le posizioni anche di Malaysia, Thailandia e Indonesia:

"Anche qui purtroppo ci sono luci ed ombre. Da un lato, c’è un certo aiuto a questi migranti, dall’altro però c’è un enorme sfruttamento, non solo in termini di traffico di persone, ma in molte imprese thailandesi di manodopera, che è a buon mercato e soprattutto è molto ricattabile. In aggiunta, sappiamo che sul confine tra Thailandia e Malesia sono state trovate numerose tombe, numerose sepolture appunto di migranti, che probabilmente sono stati lasciati morire di fame dopo essere stati trasferiti dalla Birmania".

Se qualche soluzione potrà giungere dal vertice, la si attende sulla questione del contrasto ai trafficanti di esseri umani, ma anche questo non può dirsi un risultato. Ancora il prof. Filippini:

"E’ un modo per non voler risolvere la situazione e, nello stesso tempo, per non perdere la faccia, per non dichiarare apertamente il proprio egoismo. Del resto, l’abbiamo visto anche in Europa, con la questione delle quote di quelli che arrivano nell’Unione Europa: pochi Paesi membri vogliono ospitare queste persone".

Quanto sta accadendo in Asia, problematiche e tentativi di soluzione, è specchio di quanto si verifica nel Mediterraneo, in Australia e nella Repubblica domenicana: le parole del Papa ieri ai vescovi del Paese lo ricordano. Francesco ha detto "no all'indifferenza". professore, cosa ne pensa?    

"In questi anni, probabilmente per la crisi economica che ha colpito gran parte delle economie mondiali, l’egoismo, il non voler aiutare gli altri, è certamente aumentato. Succede perfino in Sudafrica che lavoratori neri attacchino e uccidano a volte anche immigrati neri dei Paesi confinanti in una forma di discriminazione che ci pare assurda in un Paese come il Sudafrica, che appunto ha sofferto per tanti anni l’apartheid. Il problema è che siamo più attenti al nostro benessere e chiudiamo gli occhi di fronte ai problemi degli altri.








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