2015-05-30 07:53:00

Asia. Fallito il vertice sull'immigrazione di Bangkok


Nulla di fatto alla conferenza straordinaria sulle migrazioni nell'Oceano Indiano che si è tenuta a Bangkok. L’incontro doveva essere un momento di responsabilizzazione e di coordinamento delle nazioni coinvolte dai flussi migratori da Myanmar e Bangladesh, ma ha invece evidenziato contraddizioni e limiti, nonostante dichiarazioni di disponibilità. Proprio ieri il recupero al largo delle coste birmane di quasi 730 migranti. Da Bangkok, Stefano Vecchia:

Come dalle previsioni, sono stati assai scarsi i risultati della conferenza straordinaria che ieri ha radunato a Bangkok 17 nazioni e organizzazioni internazionali. Confermata da Malaysia e Indonesia l'accoglienza umanitaria limitata per un anno di chi arriverà sulle loro coste e la possibilità di utilizzo di scali e spazio aereo thailandesi e malesi per i voli di individuazione di migranti in mare da parte di velivoli statunitensi. Nessuna soluzione per i due nodi centrali della crisi umanitaria che ha attivato la conferenza. Ovvero, identità nazionale e tutela dei Rohingya e impegno per lo smantellamento delle reti di trafficanti cresciute nei paesi che ora lamentano di essere soverchiati dall'emergenza. Il governo birmano ha chiarito che per lui la questione dei Rohingya è chiusa. Non sono suoi cittadini, sono e resteranno immigrati irregolari dal Bangladesh: possono scegliere tra espulsione o una vita randagia, sottoposti a pressioni e violenze. La Malaysia ha chiarito di volere affrontare il nodo della convergenza di interessi politici, economici e criminali nella tratta, arrestando alcuni poliziotti e cittadini coinvolti. La Thailandia continua a spostare in “impieghi inattivi” decine di responsabili dell'amministrazione e della sicurezza, negando alcuna incriminazione e procedimento penale. La realtà uscita dalla conferenza  di Bangkok è un gioco di dichiarazioni che tendono a dare un'idea di azione e di impegno. L'Alto commissariato Onu per le nazioni Unite ha chiesto un esborso urgente di 24 milioni di dollari, l'Australia – paese che da tempo persegue una politica di respingimento e di reclusione in campi esterni al suo territorio pagando profumatamente nazioni anche lontane per detenere i suoi ospiti indesiderati - ha risposto subito offrendone sei. Improvvisamente, nazioni come Thailandia e Myanmar si sono scoperte accoglienti, comunicando di avere portato a terra negli ultimi giorni e settimane centinaia di irregolari. Entrambe arrestandoli come illegali e rinchiudendoli in campi di raccolta. Il rischio concreto dopo l'incontro di Bangkok non è più solo un epilogo ancora più tragico della tragedia dei Rohingya, ma che questa cada nel disinteresse del mondo.








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