2015-06-03 15:34:00

Card. Scola: vado in visita tra i rifugiati iracheni di Erbil


L’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, sarà in Libano e in Iraq dal 16 al 20 giugno. In Libano, interverrà ai lavori del Sinodo dei vescovi locali sulla presenza cristiana in Libano e Medio-Oriente e sul tema della Famiglia. Il 19 giugno, in Iraq visiterà i campi profughi allestiti ad Erbil, nel nord del Paese. Per contribuire a sostenere concretamente le necessità immediate delle migliaia di famiglie che lì hanno trovato rifugio, è in corso nella Chiesa ambrosiana una raccolta di fondi straordinaria. Sui motivi della visita, Adriana Masotti ha intervistato lo stesso cardinale Scola:

R. – Direi che la visita si colloca anzitutto in maniera immediata nell’amicizia con il Patriarca Béchara Raï dei maroniti e con il Patriarca Sako dei caldei. Loro mi hanno invitato caldamente: soprattutto in Iraq, sentono molto il bisogno che la nostra solidarietà si esprima anche in gesti tangibili. Sono molto contenti della preghiera che noi facciamo per loro, anche del sostegno economico, per quanto possiamo, ma hanno insistito, soprattutto i vescovi dell’Iraq, per una presenza fisica. E io mi sono deciso a questo proprio in occasione della preghiera indetta dalla Conferenza episcopale, che è stata ripresa qui a Milano nelle parrocchie, nei decanati, in una veglia per i perseguitati e per i martiri a Sant’Ambrogio, e ho visto che dovevo interpretare la partecipazione del mio popolo di fedeli al dolore e alla grandissima fede di questi fratelli, facendomi presente fisicamente. Poi, in particolare, per quanto riguarda Beirut da tempo il Patriarca Béchara Raï mi aveva invitato all’incontro dei 40 vescovi del Sinodo maronita per dire un po’ che tipo di valutazione noi diamo, come Occidente, di quello che sta succedendo, che peso abbia per noi in Europa. E poi, avrò anche l’occasione di incontrare gli operatori familiari. Quindi, è uno scambio di comunione tra le Chiese.

D. – L’importanza di questo: una grande diocesi in Italia e una comunità che vive particolari difficoltà e a volte anche persecuzioni…

R. – Io la sento, io lo dico parlando per me, come un pugno nello stomaco e una provocazione nobile, a noi cristiani europei, a essere più seri nella testimonianza. Speriamo che sia, il nostro, il martirio della pazienza e non quello del sangue, come per molti nostri fratelli. Ma in ogni caso è impossibile che noi non riceviamo il loro invito, diretto o indiretto, a una fede che incida molto di più sulla realtà, che sia un punto di attrattiva per noi stessi e per tutti i nostri fratelli uomini, che sia una comunicazione piena di ascolto e con un abbraccio – come ci dice Papa Francesco – di misericordia verso tutti, nella lealtà e nella verità della proposta che Cristo è per l’uomo contemporaneo.

D. – Vicinanza spirituale reciproca, dunque, ma anche concreta: infatti lei, insieme con la Caritas ambrosiana, ha lanciato domenica scorsa una raccolta fondi straordinaria per i profughi iracheni…

R. – Sì, perché la verità della comunione si vede anche nel riconoscimento del grande principio della Dottrina sociale, della destinazione universale dei beni. Tutto ciò che abbiamo, anche come cosiddetta proprietà privata, l’abbiamo ultimamente in uso e se il bisogno – e il bisogno di questi nostri fratelli – non ci muove a rinunciare a qualcosa, non soltanto del superfluo, ma anche del necessario per aiutarli, vuol dire che la nostra comunione è ancora troppo una parola.








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