2015-06-06 16:44:00

Discorso del Papa ai religiosi: portate la croce di Cristo


Nel pomeriggio, dopo l'incontro con i vescovi della Bosnia-Erzegovina e con il seguito nella nunziatura apostolica di Sarajevo, Papa Francesco si è recato nella cattedrale della capitale, per l'incontro con sacerdoti, religiose, religiosi e seminaristi. Accolto dal rettore della cattedrale, il Papa ha sostato brevemente davanti al Santissimo Sacramento e per una preghiera silenziosa davanti alla tomba del Servo di Dio, mons. Giuseppe Stadler, primo arcivescovo di Sarajevo ed edificatore della cattedrale. Dopo il saluto del card. Puljic il Papa ha ascoltato le drammatiche testimonianze vissute durante il conflitto balcanico, di un sacerdote, un religioso ed una religiosa. Al termine Papa Francesco, particolarmenmte commosso, ha messo da parte l'omelia che aveva preparato ed ha parlato a braccio. Di seguito la trascrizione delle sue parole.

 

Ho preparato un discorso per voi, ma dopo aver sentito le testimonianze di questo Sacerdote, di questo Religioso, di questa Religiosa, sento il bisogno di parlarvi a braccio.

Loro ci hanno raccontato vita, ci hanno raccontato esperienze, ci hanno raccontato tante cose brutte e belle. Consegno il discorso – che è bello – al Cardinale Arcivescovo.

Le testimonianze parlavano da sole. E questa è la memoria del vostro popolo! Un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro. Questa è la memoria dei vostri padri e madri nella fede: qui hanno parlato solo tre persone, ma dietro di loro ci sono tanti e tante che hanno sofferto le stesse cose.

Care sorelle, cari fratelli, non avete diritto di dimenticare la vostra storia. Non per vendicarvi, ma per fare pace. Non per guardare [a queste testimonianze] come a una cosa strana, ma per amare come loro hanno amato. Nel vostro sangue, nella vostra vocazione, c’è la vocazione, c’è il sangue di questi tre martiri. E c’è il sangue e c’è la vocazione di tante religiose, tanti preti, tanti seminaristi. L’autore della Lettera agli Ebrei ci dice: Mi raccomando, non dimenticatevi dei vostri antenati, quelli che vi hanno trasmesso la fede. Questi [indica i testimoni] vi hanno trasmesso la fede; questi vi hanno trasmesso come si vive la fede. Lo stesso Paolo ci dice: “Non dimenticatevi di Gesù Cristo”, il primo Martire. E questi sono andati sulle tracce di Gesù.

Riprendere la memoria per fare pace. Alcune parole mi sono rimaste nel cuore. Una, ripetuta: “perdono”. Un uomo, una donna che si consacra al servizio del Signore e non sa perdonare, non serve. Perdonare un amico che ti ha detto una parolaccia, con il quale avevi litigato, o una suora che è gelosa di te, non è tanto difficile. Ma perdonare chi ti picchia, chi ti tortura, chi ti calpesta, chi ti minaccia con il fucile per ucciderti, questo è difficile. E loro lo hanno fatto, e loro predicano di farlo!

Un’altra parola che mi è rimasta è quella dei 120 giorni del campo di concentramento. Quante volte lo spirito del mondo ci fa dimenticare questi nostri antenati, le sofferenze dei nostri antenati! Quei giorni sono contati, non per giorno, ma per minuti, perché ogni minuto, ogni ora è una tortura. Vivere tutti insieme, sporchi, senza pasto, senza acqua, con il caldo o con il freddo, e questo per tanto tempo! E noi, che ci lamentiamo quando abbiamo un dente che ci fa male, o che vogliamo avere la tv nella nostra stanza con tante comodità, e che chiacchieriamo della superiora o del superiore quando il pasto non è tanto buono… Non dimenticate, per favore, le testimonianze dei vostri antenati. Pensate a quanto hanno sofferto queste persone; pensate a quei sei litri di sangue che ha ricevuto il padre – il primo che ha parlato – per sopravvivere. E fate una vita degna della Croce di Gesù Cristo.

Suore, sacerdoti, vescovi, seminaristi mondani, sono una caricatura, non servono. Non hanno la memoria dei martiri. Hanno perso la memoria di Gesù Cristo crocifisso, l’unica gloria nostra.

Un’altra cosa che mi viene in mente è quel miliziano che ha dato la pera alla suora; e quella donna musulmana che adesso vive in America, che portò da mangiare… Tutti siamo fratelli. Anche quell’uomo crudele ha pensato… non so che cosa ha pensato, ma ha sentito lo Spirito Santo nel suo cuore e forse ha pensato a sua mamma e ha detto: “Prendi questa pera e non dire nulla”. E quella donna musulmana andava oltre le differenze religiose: amava. Credeva in Dio e faceva del bene.

Cercate il bene di tutti. Tutti hanno la possibilità, il seme del bene. Tutti siamo figli di Dio.

Benedetti voi, che avete così vicine queste testimonianze: non dimenticatele, per favore. La vostra vita cresca con questo ricordo. Io penso a quel sacerdote, al quale è morto il papà quando era bambino, poi è morta la mamma, poi è morta la sorella, ed è rimasto solo… Ma lui era il frutto di un amore, di un amore matrimoniale. Pensate a quella suora martire: anche lei era figlia di una famiglia. E pensate anche al francescano, con due sorelle francescane; e mi viene in mente quello che ha detto il Cardinale Arcivescovo: che cosa succede al giardino della vita, cioè la famiglia? Una cosa brutta, succede: che non fiorisce. Pregate per le famiglie, perché fioriscano in tanti figli e ci siano anche tante vocazioni.

E finalmente, vorrei dirvi che questa è stata una storia di crudeltà. Anche oggi, in questa guerra mondiale vediamo tante, tante, tante crudeltà. Fate sempre il contrario della crudeltà: abbiate atteggiamenti di tenerezza, di fratellanza, di perdono. E portate la Croce di Gesù Cristo. La Chiesa, la santa Madre Chiesa, vi vuole così: piccoli, piccoli martiri, davanti a questi piccoli martiri, piccoli testimoni della Croce di Gesù.

Il Signore vi benedica! E, per favore, pregate per me. Grazie.

 

Discorso consegnato dal Papa al card. Puljic

 

Cari fratelli e sorelle,

rivolgo a tutti voi il mio affettuoso saluto, e lo estendo ai vostri confratelli e consorelle malati e anziani che non possono essere qui ma sono con noi spiritualmente. Ringrazio il Cardinale Puljić per le sue parole, come pure suor Ljubica, don Zvonimir e fra Jozo per le loro testimonianze. Ringrazio tutti per il servizio che rendete al Vangelo e alla Chiesa. Sono venuto nella vostra terra come pellegrino di pace e di dialogo, per confermare e incoraggiare i fratelli nella fede, e in particolare voi, chiamati a lavorare “a tempo pieno” nella vigna del Signore. Lui ci dice: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). E’ questa la certezza che infonde consolazione e speranza, specialmente nei momenti difficili per il ministero. Penso alle sofferenze e alle prove passate e presenti delle vostre comunità cristiane. Pur vivendo in questo contesto, voi non vi siete arresi, avete resistito, sforzandovi di affrontare le difficoltà personali, sociali e pastorali con instancabile spirito di servizio. Il Signore vi ricompensi!

Immagino che la situazione numericamente minoritaria della Chiesa Cattolica nella vostra terra, come pure gli insuccessi del ministero, a volte vi fanno sentire come i discepoli di Gesù quella volta in cui, pur avendo faticato tutta la notte, non avevano pescato nulla (cfr Lc 5,5). Ma è proprio in quei momenti, se ci affidiamo al Signore, che sperimentiamo la potenza della sua Parola, la forza del suo Spirito, che rinnova in noi la fiducia e la speranza. La fecondità del nostro servizio dipende soprattutto dalla fede; la fede nell’amore di Cristo, da cui nulla potrà mai separarci, come afferma l’apostolo Paolo (cfr Rm 8,35-39), che di prove se ne intendeva! E anche la fraternità ci sostiene e ci anima; la fraternità tra sacerdoti, tra religiosi, tra laici consacrati, tra seminaristi; la fraternità tra tutti noi, che il Signore ha chiamato a lasciare ogni cosa per seguirlo, ci dà gioia e consolazione, e rende più efficace il nostro lavoro. Noi siamo testimoni di fraternità!

«Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge» (At 20,28). Questa esortazione di san Paolo – riportata negli Atti degli Apostoli – ci ricorda che se vogliamo aiutare gli altri a diventare santi non dobbiamo trascurare noi stessi, cioè la nostra santificazione. E viceversa, la dedizione al popolo fedele di Dio, l’immersione nella sua vita e soprattutto la vicinanza ai poveri e ai piccoli, ci fa crescere nella conformazione a Cristo. La cura del proprio cammino personale e la carità pastorale verso la gente vanno sempre di pari passo e si arricchiscono a vicenda. Non vanno mai separate.

Che cosa significa per un sacerdote e per una persona consacrata, oggi, qui in Bosnia ed Erzegovina, servire il gregge di Dio? Penso che significhi attuare la pastorale della speranza, custodendo le pecore che sono nell’ovile, ma anche andando, uscendo alla ricerca di quanti attendono la Buona Novella e non sanno trovare o ritrovare da soli la via che conduce a Gesù. Incontrare la gente là dove vive, anche quella porzione di gregge che sta fuori dal recinto, lontano, a volte senza conoscere ancora Gesù Cristo. Prendersi cura della formazione dei cattolici nella fede e nella vita cristiana. Incoraggiare i fedeli laici ad essere protagonisti della missione evangelizzatrice della Chiesa. Pertanto, vi esorto a far crescere comunità cattoliche aperte e “in uscita”, capaci di accoglienza e di incontro e coraggiose nella testimonianza evangelica.

Il prete, il consacrato è chiamato a vivere le ansie e le speranze della sua gente; a operare nei contesti concreti del suo tempo, spesso caratterizzati da tensioni, discordie, diffidenze, precarietà e povertà. Di fronte alle situazioni più dolorose, chiediamo a Dio un cuore che sappia commuoversi, una capacità di empatia; non c’è migliore testimonianza dello stare vicini alle necessità materiali e spirituali della gente. E’ compito di noi vescovi, sacerdoti e religiosi far sentire alle persone la vicinanza di Dio, la sua mano che conforta e risana; accostarci alle ferite e alle lacrime del nostro popolo; non stancarci di aprire il cuore e di tendere la mano a quanti ci chiedono aiuto e a quanti, forse per pudore, non ce lo chiedono, ma ne hanno un grande bisogno. A questo proposito, desidero esprimere il mio apprezzamento alle sorelle religiose, per tutto quello che fanno con generosità e soprattutto per la loro presenza fedele e premurosa.

Cari sacerdoti, religiosi e religiose, vi incoraggio a proseguire con gioia il vostro servizio pastorale, la cui fecondità è data dalla fede e dalla grazia, ma anche dalla testimonianza di una vita umile e distaccata dagli interessi del mondo. Non cadete, per favore, nella tentazione di diventare una specie di élite chiusa in sé stessa. La generosa e limpida testimonianza sacerdotale e religiosa costituisce un esempio e un incitamento per i seminaristi e per quanti il Signore chiama a servirlo. Stando al fianco dei giovani, invitandoli a condividere alcune esperienze di servizio e di preghiera, voi li aiutate a scoprire l’amore di Cristo e ad aprirsi alla chiamata del Signore. I fedeli laici possano vedere in voi quell’amore fedele e generoso che Cristo ha lasciato come testamento ai suoi discepoli.

E una parola in particolare per voi, cari seminaristi. Tra le tante belle testimonianze di consacrati della vostra terra, ricordiamo il servo di Dio Petar Barbarić. Egli unisce l’Erzegovina, dove nacque, e la Bosnia, dove emise la professione, come anche tutto il clero, sia diocesano sia religioso. Questo giovane candidato al sacerdozio, con la sua vita piena di virtù, sia per tutti di grande esempio.

La Vergine Maria è sempre accanto a noi, come madre premurosa. Lei è la prima discepola del Signore ed esempio di vita dedicata a Lui e ai fratelli. Quando ci troviamo in una difficoltà, o incontriamo una situazione di fronte alla quale sentiamo tutta la nostra impotenza, ci rivolgiamo a lei con fiducia di figli. E lei sempre ci dice – come alle nozze di Cana –: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Ci insegna ad ascoltare Gesù e seguire la sua Parola, ma con fede! Questo è il suo segreto, che come madre ci vuole trasmettere: la fede, quella fede genuina, tanto che ne basta una briciola per spostare le montagne!

Con questo fiducioso abbandono, possiamo servire il Signore con gioia ed essere dovunque seminatori di speranza. Vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e benedico di cuore tutti voi e le vostre comunità. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me.

 

 








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