2015-06-16 20:23:00

Padre denuncia indottrinamento gender in scuola a Trieste


Dal Papa domenica sera a Roma un nuovo appello: "I genitori e le famiglie devono reagire alle colonizzazioni ideologiche che avvelenano l'anima e la famiglia ". Intanto, mancano cinque giorni alla manifestazione “Difendiamo i nostri figli” dall’ideologia gender nelle scuole convocata per il prossimo sabato 20 giugno in piazza San Giovanni in Laterano, nella capitale. Da Trieste, arriva la denuncia dei genitori di progetti inseriti nelle offerte formative delle scuole, finanziati dagli enti locali, che prevedono il travestimento dei bambini maschi da femmine e viceversa per abbattere, nelle intenzioni degli organizzatori, i cosiddetti “stereotipi di genere”. E’ il caso del cosiddetto “gioco del rispetto”, spiegato al microfono di Paolo Ondarza, da Amedeo Rossetti, papà di un bambino frequentante una scuola elementare coinvolta:

R. – Dentro al "gioco del rispetto" ritroviamo tanti punti presenti anche nei famosi standard europei sull’educazione sessuale, attribuiti all’Oms.

D. – Che cos’è il gioco del rispetto?

R. – E’ una scatola contenente diverse schede, che presentano le figure dei mestieri: il mestiere del casalingo e della casalinga, dell’idraulico e dell’idraulica, del pompiere e della pompiera, diversi lavori al maschile e al femminile, che mostrano come il genere maschile e il genere femminile siano assolutamente uguali, tanto che le figure sono rappresentate in maniera identica. C’è una scheda di gioco che si chiama “Se lui fosse lei e lei fosse lui”, dove è previsto che i maschietti e le femminucce si scambino i ruoli e i vestiti: il maschietto deve giocare come una femminuccia e la femminuccia come un maschietto.

D. – Lei come è venuto a conoscenza di questo?

R. – Ai primi di febbraio del 2015, c’è stata una riunione di classe in cui si parlava della seconda parte dell’anno, del programma dei Pof (Piano di Offerta Formativa). Quando ho posto delle domande precise sulle tematiche del gender, hanno assolutamente negato la presenza del gender nella scuola. Le risposte, però, non mi hanno convinto e mia moglie e io abbiamo presentato la lettera del "consenso informato" ed esattamente tre giorni dopo, sulla bacheca dell’asilo, è stato affisso l’avviso in cui si chiedeva l’autorizzazione dei genitori per far partecipare i bambini a questo gioco.

D. – Lei sta parlando del consenso informato, ovvero quella lettera il cui modulo si trova anche su Internet, sul sito del Comitato art. 26, attraverso la quale i genitori possono chiedere alla scuola di essere informati prima che nell'istituto vengano introdotti corsi aventi come tematiche quelle del gender. Questo episodio ha fatto venire meno in voi la fiducia nei confronti degli insegnanti?

R. – La fiducia nei confronti degli insegnanti non è mai mancata, perlomeno fino al momento in cui ci siamo accorti che gli insegnanti hanno spudoratamente mentito. Noi ci siamo sempre fidati, infatti. Il bambino, nell’asilo che frequentava, si trovava benissimo. E’ chiaro, però, che nel momento in cui, a domande molto precise, viene assolutamente negato un certo tipo di contenuti, salvo scoprire poi che l’insegnante ha fatto il corso di formazione su quel gioco già nel mese di dicembre, quindi due mesi prima – parliamoci chiaro – non può esserci fiducia.

D. – Si è entrati anche nella sfera dell’educazione sessuale?

R. -  Teoricamente no. Rimaniamo al discorso teorico, perché se poi andiamo a leggere i contenuti all’interno del gioco, la sfera dell’educazione sessuale viene toccata anche con i bambini di quattro o cinque anni. C’è un gioco, infatti, in cui è previsto che per conoscere il corpo e vedere che i corpi dei maschi e delle femmine sono uguali, i bambini devono sdraiarsi per terra, posare la mano sul cuore del compagno per sentire come batte, posare la mano sul torace per sentire come si alza e si abbassa, “etc. etc.” questo dice il testo. E subito dopo, a capo, “ovviamente nella zona dei genitali i bambini possono accorgersi che sono fatti in maniera diversa l’uno dall’altro”. Ecco, questo è stato un punto molto controverso, in cui hanno assolutamente negato che ci sia la possibilità che i bambini si tocchino. Però, finché la lingua italiana rimane quella che è," l’etc. etc". in una serie di azioni e poi una fase dopo che comincia con “ovviamente” significa che è un’azione che continua e che finisce a un certo punto, cioè nelle mutande.     

D. – Come vi siete mossi come genitori?

R. – C’è una corrente di persone che ha capito il problema. C’è molta gente che ha preso le difese di questi programmi, secondo me, proprio per partito preso e per questioni di principio. Io credo che molto pochi, troppo pochi, hanno veramente capito di cosa si tratti.

D. – Ecco perché lei, e come lei molti altri genitori, sostenete l’importanza della prossima manifestazione del 20 giugno a Roma in Piazza San Giovanni in Laterano?

R. – E’ assolutamente importante. Sta molto, molto a noi genitori: siamo noi quelli che hanno l’arma principale in mano per difendere il diritto dell’educazione dei nostri figli. Dipende da noi; non possiamo delegarlo. La lettera del consenso informato sembra una banalità, ma in realtà è un’arma fortissima che abbiamo per costringere le scuole a dichiarare quello che fanno.








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