Lampedusa, il filo spinato di Melilla, il Mediterraneo come tomba dei migranti: sono queste le parole-chiave che evidenziano “le svariate forme di ingiustizia e repressione sociale che regnano a livello mondiale e l’impulso irrefrenabile delle persone a fuggire da queste circostanze e cercare rifugio” altrove. Lo scrivono, in una nota congiunta, le Chiese e le comunità religiose della Svizzera, in vista dello Sabbat e della Domenica dei rifugiati che ricorreranno, rispettivamente, sabato 20 e domenica 21 giugno. A siglare il comunicato sono: la Conferenza episcopale cattolica elvetica, la Federazione delle Chiese evangeliche della Svizzera, la Chiesa cattolica cristiana locale e la Federazione svizzera delle comunità israelitiche.
Dopo caduta del Muro di Berlino, il mondo è più libero, ma ancora ingiusto
“Venticinque anni fa – si legge nel testo - quando cadde il Muro di Berlino e, come
conseguenza diretta, i regimi politici del blocco orientale si sgretolarono uno dopo
l’altro, molti videro in questi avvenimenti la prova definitiva che i sistemi basati
sulla repressione, sullo sfruttamento e sull’isolamento non hanno consistenza e che
alla fine vince il bene”, tanto che “questo evento storico viene celebrato anche come
grande vittoria del diritto umano alla libertà di emigrare e di viaggiare”. Tuttavia,
“oggi, a 25 anni di distanza, si sentono chiare voci che dicono che dalla caduta del
Muro il mondo è sì diventato più libero, ma che è tuttora ingiusto e soprattutto meno
sicuro”.
Migranti accomunati dalla paura dell’ignoto
“In quanto eredi della concezione dell’essere umano ebraico-cristiana – sottolineano
i firmatari dell’appello – le questioni delle persone in fuga devono essere per noi
un compito da affrontare”, anche perché “già ai tempi della Bibbia la gente era in
fuga: da detentori del potere politico, dalle carestie e da concrete persecuzioni
personali. C’era una cosa che li accomunava tutti: la partenza verso l’ignoto e la
paura di esso”.
Migrazione non è solo questione economica. Costruire comunità di relazioni
Poi, la nota congiunta evidenza le paure che derivano dai flussi migratori: “paura
davanti all’estraneo, paura di perdere la propria sicurezza sociale e politica. Queste
paure sono comprensibili – affermano le Chiese elvetiche - È vero che nell’ambito
della globalizzazione economica e del progresso tecnologico il mondo si avvicina sempre
di più, ma è anche vero che è più diviso che mai”. Ed è proprio per questo che lo
Sabbat e la Domenica dei rifugiati ci invitano a non guardare alla migrazione “solo
in base agli interessi economici”, bensì “a costruire con gli stranieri una comunità
relazionale di persone che imparano le une dalle altre, a beneficio reciproco”. (I.P.)
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