Nella giornata di ieri i quartieri centrali di Aleppo, attualmente sotto il controllo dell'esercito, sono stati attaccati su più fronti dalle milizie ribelli con colpi di mortaio, razzi e mitragliatrici pesanti, realizzando un'offensiva che viene definita “un'operazione di guerra vera e propria, senza precedenti”. Fonti della locale comunità armeno-cattolica, contattate dall'agenzia Fides, riferiscono che l'operazione è apparsa studiata con il chiaro intento di conquistare la parte della metropoli difesa dalle forze regolari, e confermano il bilancio provvisorio di 22 morti e più di 150 feriti. Riferiscono infine che l'esercito è riuscito a respingere l'attacco e la situazione oggi non registra sviluppi.
I cristiani fuggono dalla città per raggiungere la più sicura Lakatia
Ad Aleppo, già a fine maggio, le comunità cristiane avevano messo in programma una
serie di iniziative pastorali, rivolte soprattutto ai ragazzi e alle ragazze, come
il “campo estivo” allestito presso la parrocchia latina per dare loro un po' di sollievo
permettendogli di uscire dalle case dove vivono costantemente reclusi, e dove spesso
manca anche la luce e l'acqua. Adesso i nuovi attacchi aumentano il numero delle famiglie
cristiane che cercano in tutti i modi di abbandonare la città, approfittando di momenti
di tregua, per trovare riparo nella regione costiera di Latakia, presidiata più saldamente
dall'esercito di Assad.
Iniziata la missione di pace dell'inviato speciale dellOnu per la Siria
“La speranza è l’ultima a morire, ma fra la gente regna un sentimento diffuso di scetticismo
e vi sono poche possibilità che la missione questa volta abbia successo”. È quanto
riferisce all'agenzia AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges
Abou Khazen, commentando l’arrivo ieri a Damasco dell’inviato speciale Onu per la
Siria Staffan de Mistura. “Speriamo… davvero noi speriamo che vi sia una svolta positiva”
prosegue il presule, ma la situazione sul campo “non è migliorata, oggi come un anno
fa non vi è un fronte unito”. Rientrato oggi ad Aleppo dopo una visita pastorale nella
regione costiera, il vicario apostolico avverte che quanti comandano e decidono le
sorti della guerra, se continuare a combattere “non sono affatto siriani - come il
Fronte di al-Nusra e i jihadisti del sedicente Stato Islamico - e di conseguenza,
non hanno alcun interesse alla pace”.
Basta guerra e basta armi: bisogna lavorare per la pace
La situazione in Siria è sempre più drammatica, conferma mons. Georges Abou Khazen
secondo cui Occidente e potenze regionali del mondo arabo e mediorientale “devono
smetterla di fornire armi, addestramento e sostegno” logistico e finanziario. Siamo
al cospetto, prosegue il presule, di una spirale di violenza senza fine, con soldati
governativi da un lato sfiancati da quattro anni di conflitto e un fronte opposto
in cui “subentrano centinaia di combattenti nuovi ogni mese”. Per questo, conclude
il vicario di Aleppo, “ripeto l’appello che stiamo lanciando da tempo: basta guerra,
basta armi, bisogna lavorare per la pace e la riconciliazione. Non fomentate la guerra
fra noi, interrompete il flusso di armi e combattenti. Servono pressioni diplomatiche,
non militari perché si possa fermare il conflitto e si trovi una via reale e concreta
per la pace”. (G.V.)
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