2015-06-18 17:17:00

Immigrazione. In Ue si alzano muri di parole e mattoni


L’Europa non è coesa in tema d’immigrazione e in molti casi mostra chiusura dietro un apparente desiderio di confronto. L’Ungheria ha addirittura annunciato la creazione di un muro lungo il confine con la Serbia. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

Un approccio globale per affrontare l’emergenza immigrazione con i servizi di "intelligence" italiani. E’ la priorità indicata dal premier britannico, David Cameron, al termine dell’incontro bilaterale ieri a Milano con il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il quale ha rimarcato che “il problema non è solo italiano”. Cameron è disponibile a condividere “risorse e aiuti”, ma nega ogni ipotesi di accesso ai profughi in Gran Bretagna. Al muro di parole di fatto alzato dal Regno Unito si appoggia quello di mattoni annunciato dall’Ungheria: 175 km al confine con la Serbia, perché evidenziano che quest'anno circa 57 mila persone, tra cui molti afghani, siriani e pakistani, sono entrate illegalmente nel Paese. Il dramma di chi scappa da guerra e fame è anche oggetto di lettere ed esortazioni, come la missiva congiunta dei ministri degli Esteri di Italia, Francia e Germania, inviata all'Alto Commissario per gli Affari europei, Federica Mogherini, che propone una "politica della migrazione esterna più attiva e inclusiva”. Parole che per ora a Ventimiglia si infrangono sugli scogli. Dopo gli sgomberi delle ultime 36 ore, circa 100 persone dopo sei giorni, sono ancora lì sperando di passare la frontiera ed andare in una Francia che per ora gli volta le spalle. Parigi però pensa ad nuovo piano: circa 10 mila letti in più per rifugiati e 1.500 posti per i migranti in transito, ma aumenta respingimenti e rimpatri volontari. E mentre oggi la Danimarca è al voto anticipato per il rinnovo del parlamento registrando un rafforzamento della destra proprio in tema d’immigrazione, l’Italia tenta la quadra con sul piano di ripartizione dei migranti con l’incontro sempre oggi tra il ministro dell’Interno, Alfano, e i rappresentanti di Regioni e Provincie, ma Veneto e Liguria ribadiscono il loro no all’accoglienza, la Lombardia chiede che il confronto avvenga a Palazzo Chigi. 

Sulla situazione abbiamo raccolto il commento di Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati:

R. – È veramente una situazione estremamente preoccupante. Questo muro proposto dall’Ungheria, lungo tutta la frontiera con la Serbia, segue già dei muri eretti dalla Grecia al confine con la Turchia, dalla Bulgaria sempre al confine con la Turchia e dalla Spagna nella enclave Melilla in territorio marocchino. Questo è certamente in palese contrasto con lo spirito e la lettera del Trattato di Lisbona, dove il diritto di asilo viene considerato un diritto umano fondamentale per la costruzione dell’Unione Europea.

D. – Non le sembra che ci sia una divisione tra quell’Europa istituzionale e quell’Europa che ha a cuore l’altro – che ad esempio a Ventimiglia porta aiuti alle persone che tentano di passare la frontiera con la Francia – che però in questo momento volta le spalle..

R. – Non dobbiamo dimenticare che abbiamo una spaccatura in Europa, tra una parte, che comprende anche esponenti del governo e alcuni partiti politici, che è orientata a una totale chiusura, anche fisica, delle frontiere e verso la negazione del diritto di asilo. E un’altra parte – abbiamo anche voci importanti, tra i mass media, i giornalisti in tanti Paesi europei in questo momento – che parlano un linguaggio molto diverso, molto più teso alla solidarietà e alla ricerca di soluzioni, che in questo momento in Europa non si intravedono.

D. – Germania, Italia, Francia chiedono all’Unione Europea regole più fluide. Si discute delle quote, della modifica degli accordi di Dublino, che prevedono l’obbligo di permanenza nel Paese in cui un migrante è stato identificato, però si continua a morire…

R. – I tempi per effettuare cambiamenti a livello di Unione Europea sono sempre tempi lunghi e non combaciano con le tragedie che si consumano in Medio Oriente, nel Nord Africa e nei Paesi dell’Africa subsahariana. Una cosa, l’unica che veramente è stata attuata, è il rafforzamento delle operazioni di soccorso in mare nel Mediterraneo – le operazioni "Triton" e "Poseidon" – un raggio operativo più ampio che arriva anche in prossimità delle acque territoriali libiche. E, effettivamente, dopo la tragedia del 19 aprile queste operazioni hanno permesso di salvare migliaia di persone in mare. Questa è l’unica iniziativa attuata in questo momento e, realisticamente, dobbiamo constatare che non è stata avanzata nessuna soluzione per la crisi in Siria, per quella in Libia, per non parlare poi di varie crisi che interessano il Corno d’Africa e le altre parti dell’Africa subsahariana. Questa è la vera causa delle migrazioni: sono persone che hanno bisogno di protezione perché fuggono dalle guerre, dalle violenze estreme e dalle persecuzioni.








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