2015-06-19 13:45:00

Scola in Medio Oriente. Servono aiuti urgenti a Erbil e Aleppo


Prosegue il viaggio del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, in Libano e in Iraq grazie all’invito del card. Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei maroniti, e mons. Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei. A Beirut, ieri, il cardInale Scola ha partecipato al Sinodo dei vescovi maroniti, raccogliendo le preoccupazioni e le speranze dei presuli libanesi.  Al microfono di Luca Collodi, il porporato ha spiegato la difficile situazione del Paese, da mesi infatti non riesce ad eleggere il presidente della Repubblica che, per costituzione, è cristiano:

R. – La situazione di questa divisione politica preoccupa moltissimo. Le insistenze del Patriarca sono molto forti perché si trovi una strada dell’unità. Questa vicenda è ovviamente molto influenzata da tutto il contesto generale della situazione del Medio Oriente e dai punti di riferimento esterni al Paese, legati da una parte alla realtà degli Hezbollah e della Siria e dall’altra parte all’Arabia Saudita. Certamente, tutti sono molto dispiaciuti per questa situazione perché sta producendo un forte stallo non solo nella politica ma ha forti incidenze anche sull’economia del Paese. Però, io ho visto nei vescovi – ascoltandoli – una decisione molto forte a raccogliere la sfida che viene da questa situazione per ritrovare una forte unità all’interno dei vari riti cattolici: una forte unità ecumenica in vista di una proposta cristiana chiara da fare al Paese, per superare proprio questa divisione tra cristiani che ovviamente è scandalosa.

D. – Lei sta attraversando il Libano e l’Iraq, terre di martirio. Che notizie arrivano dalla Siria, invece?

R. – La Siria è in una situazione di estrema gravità, soprattutto è la sofferenza di Aleppo che non può più essere accettata: è come una nuova Sarajevo! E quindi c’è la necessità di pensare almeno a un corridoio umanitario, almeno per dare sollievo a questa città. Il problema è che l’Europa si deve fare carico di questa situazione, almeno cercando di comprenderla, di darne più equilibrate notizie ma anche senza escludere il piano di Papa Francesco riguardo all’ingerenza umanitaria come possibilità di liberazione, che consentirebbe a tutti di ripristinare un umanesimo frutto di un’idea di amicizia civica su cui i cristiani hanno molto da dire.

D. – Sul fronte dell’Europa e dell’Italia che chiudono le frontiere ai profughi, i vescovi del Libano e del Medio Oriente che cosa dicono?

R. – Il Libano è un Paese che, oltre al mezzo milione di profughi palestinesi che già ospita da anni, ne ha ricevuto un milione e mezzo e per questo risulta difficile capire tutta la fatica che noi facciamo per l’accoglienza degli immigrati in questo momento. Quindi, io ho tratto conferma che soprattutto noi come Chiesa dobbiamo essere il primo punto di intervento. Poi, però, c’è bisogno di una politica dell’immigrazione che lo Stato deve fare e deve saper costringere l’Europa a fare. Questo è un punto in cui si vede come l’unità europea sia ancora tutto un traguardo da costruire. Io credo che prima di tutto vado abbracciato chi è nel bisogno.

D. – In queste ore, si commenta l’Enciclica del Papa, “Laudato si’”: come si può calare questa enciclica nella situazione mediorientale?

R. – Io penso che si possa calare molto bene. La bella categoria di “ecologia integrale”, cui il Santo Padre fa ricorso, consente di articolare il problema del rapporto con il creato e con la “casa comune”, con il tema della fame, con il tema della povertà, con il tema dell’equità e quindi con una concezione dell’economia che non consideri più il mercato come un fatto ineluttabile di natura. Una cosa che mi ha colpito molto è che il Santo Padre, nell’Enciclica, non solo percorre questi temi analiticamente, ma li inserisce tutti in un recupero profondo della visione cristiana della creazione. Allora, questo tema entra a pieno titolo nella proposta cristiana: abbiamo molto bisogno di superare ogni rischio di dualismo tra la fede e la concretezza della vita. A me pare che questo sia un dono molto grande dell’Enciclica.

Il viaggio del card. Angelo Scola prosegue oggi a Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, su invito del Patriarca Raphael I Sako. Don Davide Milani, responsabile della Comunicazione della Diocesi di Milano e portavoce del cardinale Scola, testimonia la difficile situazione dei campi profughi visitati nella zona. "L'appello della Chiesa locale è quello di non dimenticare queste comunità, di non lasciarle sole. Portate, riferisce don Milani, la nostra voce in Occidente, in particolare sulla situazione umanitaria dei campi profughi dove le persone vivono con temperature di oltre 45° e un tasso di umidità del 100% in container di lamiera".

Grazie alla Caritas Ambrosiana sono stati raccolti 110mila euro devoluti ai bisogni della Chiesa locale. "Abbiamo incontrato un gruppo di sacerdoti e seminaristi che operano nei campi. Ci hanno raccomandato di raccogliere altri 10mila euro per l'acquisto di un generatore e passare un'estate meno difficile portando un minimo di energia elettrica nei container per renderli più vivibili ed avviare anche un programma didattico per i tanti bambini che da un anno non vanno più a scuola".

Le persone dei campi profughi vogliono tornare nella piana di Ninive da cui sono fuggiti per l'arrivo dei miliziani dell'ISIS. Il loro desiderio è di tornare a casa e ricomporre l'unità familiare ed i rapporti di vicinato. Ma questo, al momento, è difficile. Quando si parla del Califfato le persone e le autorità locali reagiscono duramente e ci dicono di chiamarli terroristi". E lo stesso Patriarca Sako chiede sia un intervento di "ingerenza umanitaria" sia un sostegno di tipo umanitario.

Nel file audio, le interviste integrali del card. Angelo Scola da Beirut e di don Davide Milani, al seguito del cardinale, da Erbil, capitale del Kurdistan iracheno:

 

 








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