2015-06-20 14:03:00

Ostensione Sindone 2015: malati e disabili protagonisti


Farsi interrogare dal Volto della Sindone: questo il dono che hanno ricevuto i pellegrini che sono a Torino in occasione dell’Ostensione 2015 - all’insegna del motto “L’amore più grande” - che sta per concludersi, il 24 giugno prossimo. Per tracciare un bilancio anche dell’organizzazione che ha coinvolto - in particolare - giovani e disabili, Fabio Colagrande ha intervistato don Roberto Gottardo, presidente della commissione diocesana per la Sindone e vicepresidente del Comitato ostensione 2015:

R. – In tema di bilanci mi viene da pensare soprattutto all’esperienza che hanno fatto le persone coinvolte. Da questo punto di vista è cominciata da lontano con i volontari e con l’organizzazione. E questo è stato già un grande aspetto positivo. Abbiamo visto migliaia di persone della Chiesa di Torino e della diocesi, della città più in generale possiamo dire, che hanno cominciato a dedicare più di un anno fa il loro tempo, le loro capacità per l’ostensione, così per voler offrire qualcosa di sé ai pellegrini che sarebbero venuti, per fare un servizio nel nome del Signore di accoglienza, di ospitalità. Quindi il primo bilancio, il primo aspetto è molto positivo. Poi, le persone che sono venute. Ho visto tantissime famiglie, tantissimi malati e disabili, moltissime persone commosse. Io spesso quando sono in cattedrale, contemplo e guardo la Sindone, mi lascio interrogare da quella figura, ma sempre mi giro anche e guardo un po’ i pellegrini che sono un altro volto di Cristo. Questi volti commossi, persone venute da lontano e quei volti m’interrogano, mi provocano tanto quanto il volto della Sindone: mi chiedo come mai sono lì, che cosa li ha attirati. Evidentemente è qualcosa di grande, è qualcosa di significativo per la loro vita. Tutto il resto, le varie fatiche, le problematiche tecniche che ben sappiamo ci sono in tutti questi eventi, passano in secondo piano. Quindi il mio bilancio non può essere che positivo.

D. – Un’ostensione che mons. Nosiglia, come custode pontificio della Sindone, ha voluto quest’anno dedicare in particolare ai malati, ai disabili e ai giovani, due categorie sociali che hanno davvero bisogno di speranza in questo momento. Da questo punto di vista quali considerazioni possiamo fare ora che siamo alle ultime giornate di ostensione?

R. – Queste due categorie sono state coinvolte fin da subito, non solo come fruitori dell’ostensione, ma anche soprattutto come protagonisti soggetti di questa ostensione. Hanno partecipato in vario modo, hanno portato il loro contributo: i giovani organizzando anche insieme ai salesiani di Don Bosco tutti i percorsi di accoglienza delle delegazioni giovanili delle altre diocesi d’Italia, fuori Italia e offrendo loro un servizio di guida e di accoglienza per tutti i luoghi di Don Bosco e per la Sindone e anche offrendo loro momenti di formazione, di preghiera, dedicati ai giovani che sono venuti in queste settimane, in questi mesi a Torino. Anche i malati e i disabili sono stati coinvolti, ad esempio nell’organizzare il percorso: si è chiesto fin da subito anche a loro di fare parte di coloro che avrebbero dato i loro suggerimenti per capire come potevano essere meglio accolti i pellegrini. Un altro aspetto molto bello che abbiamo potuto offrire è stata la Sindone per i non vedenti: anche questa accoglienza è stata realizzata da persone non vedenti grazie ad un plastico della Sindone realizzato già tempo fa in rilievo. Queste persone hanno fatto da guida ad altri pellegrini con lo stesso tipo di difficoltà: li hanno accolti, li hanno aiutati a leggere la Sindone, il rilievo della Sindone per dire come si sono coinvolte queste categorie, categorie di persone che sono venute in pellegrinaggio e da questo punto di vista hanno trovato sicuramente occasione di speranza. Il nostro arcivescovo ha scelto queste due categorie pur apparentemente così diverse - i giovani nel pieno della loro capacità e attività; i malati e disabili, invece, con situazioni di vita magari che attraversano momenti di fatica di difficoltà - eppure tutte e due sono unite da un elemento comune: per usare una parola cara a Papa Francesco purtroppo possiamo dire che ancora oggi sono entrambe una “periferia”. I giovani sono tanto blanditi dal mercato e dai mass media quanto emarginati dal punto di vista della significatività e dell’inclusione sociale nel mondo del lavoro. Sappiamo bene tutte queste difficoltà. Lo stesso il mondo della sofferenza della malattia, della disabilità, con le dovute differenze tra queste diverse tipologie che ho nominato: oggi la nostra società fa fatica a mettere anche loro al centro dell’attenzione, a farli essere protagonisti. Invece Papa Francesco ci dice che per comprendere non solo il mondo ma per conoscere Dio, bisogna guardarlo mettendosi dalla parte delle periferie, guardarlo da lì. Quindi queste presenze e questa indicazione forte che ha dato l’arcivescovo sono state per noi un aiuto.

D. – Questa Ostensione 2015, glielo chiedo proprio come presidente del comitato diocesano che cura la Sindone, che significato ha avuto in una Torino multietnica, multiculturale in cui però si sente forte la crisi sociale? Questa esposizione per diversi giorni del Sacro Lino, questo arrivo a Torino di persone dal resto d’Italia, che significato, che impulso spirituale può aver dato alla città secondo lei?

R. – Tutte queste persone sono mosse dallo stesso obiettivo: venire a contemplare, a guardare, a farsi guardare dall’uomo della Sindone e in qualche modo da quello sguardo che le rimanda al Signore Gesù. Tutti venuti qui con questo desiderio, attirati da quello sguardo, da quell’abbraccio, da quella sofferenza, da quella solidarietà che si intravede nella Sindone. Questo è un messaggio forte, perché ci dice che esiste qualcosa capace di unire le differenze. Lo abbiamo visto: tante persone diversissime tutte in cammino verso la stessa realtà; penso che questo sia il cammino dell’unità, che non é quello di azzerare le differenze ma è quello di individuare una meta comune e poi il resto sarà cammino, e ci vorrà il suo tempo. Ma lo stesso Papa Francesco nella sua prima Esortazione apostolica parlava appunto di mettere in atto processi, dare la priorità al tempo e non agli spazi. Questo l’abbiamo visto concretamente nell’ostensione.

L’incontro con gli ammalati e i disabili, uno dei momenti centrali della visita di Papa Francesco a Torino. Amedeo Lomonaco ne ha parlato con il direttore dell’ufficio pastorale della Salute dell’arcidiocesi, don Marco Brunetti:

R. – Uno dei momenti qualificanti della visita di Papa Francesco a Torino è in questo luogo che per tutta la città di Torino, per tutta la diocesi, un po’ anche il simbolo dell’attenzione verso i malati e i sofferenti. È il luogo di un grande Santo, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, ma anche di altri Santi che si sono ispirati alla sua carità verso i malati e le persone fragili.

D. – La Sindone è lo specchio della Passione di Gesù Cristo, è il resoconto di atroci sofferenze. Cosa significa per i malati poter vedere questo telo?

R. – Io ho visto in questi mesi, accompagnando molti malati disabili davanti alla Sindone che loro, nell’impatto e nel guardare questa immagine di Cristo impressa sulla Sindone, soprattutto si sono sentiti guardati. Si sono sentiti guardati dal Signore che porta i segni della passione e della sofferenza, ma in modo dignitoso. Quindi hanno trovato in questo sguardo del volto sindonico quella speranza e quella forza per saper affrontare il loro momento difficile che magari stanno attraversando, acquistando proprio un senso di speranza e di consolazione. Si sono lasciati guardare da questo volto del Cristo sofferente, intendendo che in tutti questi volti, anche dei sofferenti, c’è la presenza del Signore e del suo amore che è un amore grande.

D. - I sofferenti trovano forza, speranza, consolazione, ma cosa si impara incrociando il volto di chi ha sofferto sulla Croce con quelli di chi soffre oggi, spesso confinato in periferie esistenziali?

R. - Si impara come veramente tutto è dono; non c’è nulla di scontato: la vita, la salute sono una grande grazia che il Signore concede. Per cui da questi malati sofferenti, dalla Passione stessa di Cristo, si capisce come tutto ciò che noi riceviamo sia dono e grazia e quindi bisogna saperlo apprezzare e soprattutto essere veramente servitori della vita e della salute come il Signore lo è stato, essendo sempre molto attento accanto a chi è malato e a chi soffre.

D. - A proposito di vicinanza, di servizio e di attenzione, l’ostensione della Sindone riserva un’attenzione speciale alle persone più fragili. Due strutture in particolare garantiscono ospitalità e assistenza a malati e disabili…

R. - Sì, questa è un po’ la novità di questa ostensione della Sindone. L’arcivescovo ha voluto privilegiare la categoria dei malati e disabili, insieme a quella dei giovani, per cui abbiamo allestito questi due “Accueil”. In questi mesi abbiamo ospitato diversi gruppi di malati disabili di associazioni come l’Unitalsi, l’Oftal, l’Ordine di Malta. Ma la cosa che ci ha un po' impressionato è stato vedere anche tante singole famiglie con malati disabili che hanno chiesto di essere ospitate in questi "Accueil" per poter poi essere pellegrini e visitare la santa Sindone.

D. – Un modello di accoglienza per i malati che ricalca quello di Lourdes…

R. – Ci siamo proprio ispirati a Lourdes. Infatti li abbiamo chiamati così, alla francese, "Accueil", non tanto perché essendo piemontesi siamo vicini alla Francia, ma proprio perché  volevamo lanciare questo messaggio - e mi pare che sia stato recepito - a tutte le associazioni che normalmente accompagnano malati e disabili pellegrini nelle varie parti del mondo, nei vari santuari, tra cui Lourdes forse è quello più conosciuto, che qui c’era la possibilità di avere luoghi analoghi. Luoghi quindi attrezzati, senza barriere architettoniche, con un’assistenza medico-infermieristica nelle 24 ore.

D. – E poi a malati e disabili è riservata anche una corsia prioritaria per la visita alla Sindone…

R. – Nel percorso normale di avvicinamento alla Sindone c’è un’assistenza da parte di volontari e una corsia privilegiata, però in modo speciale abbiamo dedicato loro il mercoledì pomeriggio che è stato molto utilizzato. Sono migliaia i malati che hanno approfittato del mercoledì pomeriggio, avendo così anche un ingresso facilitato con un percorso più ridotto e più agevole per malati e disabili - addirittura abbiamo attrezzato un varco per barellati o malati particolarmente gravi, ad esempio di Sla o di sclerosi multipla in stato avanzato, per potere essere accompagnati all’interno della cattedrale per venerare la Santa Sindone. Questo genere di malati gravi li abbiamo chiamati "i nostri vip".

D. – Per tutti e per questi "vip" la guarigione più importante è comunque quella interiore. La visita della Sindone può sicuramente favorire questa radicale trasformazione?

R. – Io credo di sì. La visita della Sindone è un modo, un mezzo con cui il Signore ci offre la possibilità di accogliere il dono della purificazione, della guarigione interiore e quindi che ci richiama a una salvezza che soprattutto è una salvezza di tipo spirituale. Incontrando e venerando la Santa Sindone, noi abbiamo questo grande segno dell’amore grande di Dio che è venuto per la salvezza: dalle sue piaghe siamo stati guariti.








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