2015-06-22 15:44:00

Il pastore Bernardini: col Papa un incontro di fraternità e sincerità


Sullo storico incontro del Papa con i valdesi a Torino, il nostro inviato Fabio Colagrande ha raccolto i commenti del moderatore della Tavola valdese, il pastore Eugenio Bernardini, e di don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Cei  per l’ecumenismo e il dialogo:

D. – Pastore Bernardini, quali prospettive di dialogo si aprono oggi dopo questo incontro definito giustamente “storico”?

R.  – Noi ci auguriamo che utilizzando le sedi che già sono state utilizzate fino ad oggi sia per le nostre riflessioni comuni, sia per le nostre decisioni di impegno comune, possano in questo clima essere ancora più efficaci e coraggiose, in particolare mi riferisco alla Conferenza episcopale italiana. Noi abbiamo una buona collaborazione con l’Ufficio ecumenico della Conferenza episcopale italiana e con le parrocchie, con i vescovi locali e poi con l’associazionismo. Una visita come questa, le parole che ci siamo detti, il clima che speriamo di avere comunicato, di fraternità e sincerità, mi auguro che possano superare ancora magari qualche resistenza, qualche preoccupazione, qualche pregiudizio che in entrambe le Chiese possono essere presenti. Nessuna vuole imporre all’altra qualche cosa, ma abbiamo tanto da condividere e tanto da fare insieme.

D. – Come moderatore della Tavola valdese, quanto è importante la richiesta di perdono fatta da Francesco come Papa, come pastore della Chiesa cattolica, nei confronti delle violenze che sono state fatte, non umane, non cristiane, nei confronti dei valdesi, nella storia? Quanto conta questa richiesta?

R. – Le parole sono importanti, soprattutto tra cristiani che si fondano sulla Parola di Dio. Parole dette o non dette, parole sbagliate o parole giuste, fanno la differenza. Questa parola di perdono da Papa Francesco è stata una parola importante che noi accogliamo con gioia anche se vogliamo sottolineare che da parte nostra non sopravvivono più da tempo rancori, preoccupazioni, rivendicazioni, richieste di perdono, perché purtroppo la storia è quella che è. Ciò che è accaduto non si può cambiare, le sofferenze ci sono state, l’esclusione c’è stata, i martiri purtroppo ci sono stati. Ma quello che importa è esserne consapevoli e il Papa con questa sua espressione ce lo ha dichiarato, e essere impegnati a far sì che le cose non si ripetano. Purtroppo la storia ci insegna che nonostante tanto impegno, a volte, quello che non si vorrebbe si ripete e quindi una dichiarazione che può essere ricordata citata e richiamata come questa impegna le nostre Chiese al dialogo e non più al conflitto.

D. – Lei in conferenza stampa ha detto: il Papa dà il tono, però sono altri a scrivere la musica. Cosa intendeva? Voi attendete passi ufficiali da parte della Chiesa cattolica su questi aspetti?

R.  – Noi siamo consapevoli che c’è una collegialità, che ci sono procedure, che ci sono organi che devono assumere decisioni e sui temi più prettamente teologici, quelli su cui c’è divergenza da secoli nelle nostra Chiesa si devono esprimere questi organismi collegiali, maturare posizioni, trovare forme per scriverlo. Quindi abbiamo fiducia che delle forme si possono trovare, ma devono essere le forme giuste. Il Papa dà il tono nel senso che incoraggia questo cambiamento.

D. – Don Cristiano Bettega, quale passo in avanti è stato fatto in questo incontro?

R. – Secondo me è stato fatto un passo in avanti molto bello e molto anche commovente se posso dire così, racchiuso nell’appellativo con il quale i due si sono salutati: “fratelli”. Anche un Papa che chiede perdono per tutto quanto la Chiesa cattolica può aver fatto nel passato, anche specificatamente contro la Chiesa valdese: è un fratello che chiede perdono a un altro fratello.

D. - Entrambi, sia il pastore Bernardini sia il Papa, hanno sottolineato tra gli ambiti di collaborazione, al di là delle differenze teologiche, antropologiche, etiche, quello della tutela dei migranti: un segno dei tempi…

R. – Sì, un segno dei tempi. Allora, detto molto sinceramente: se la fortezza Europa - come è stata definita dalla stampa nei giorni scorsi, anche prima dell’incontro di oggi, ritorna un po’ questa espressione - se la fortezza Europa sembra nel suo complesso, onestamente, sorda a questo problema o comunque sembra voler prendere le distanze e pensare soltanto a una sorta di autodifesa, noi come cristiani non possiamo tacere su questo. E’ impensabile che si taccia e dico, appunto, “noi come cristiani”. Se è vero che l’unione fa la forza è vero anche in questo argomento: se un cristiano solo, una Chiesa, una espressione cristiana, dice come la pensa avrà una voce e un impatto senz’altro minore rispetto al fatto se sono due o tre o quattro espressioni cristiane che dicono congiuntamente la stessa cosa. A me ha colpito tantissimo quando il moderatore nel suo saluto ha fatto accenno all’emergenza dei profughi e alla necessità dell’accoglienza che ci viene dal Vangelo e il Papa ha annuito, e a me sembrava di capire, davvero con grande partecipazione, probabilmente perché da quanto si può semplicemente intuire è una cosa che lui tiene assolutamente nel cuore. Ma non deve essere solo il Papa che la tiene nel cuore: deve essere la cristianità che la tiene nel cuore.

Sull’incontro, Fabio Colagrande ha sentito anche il pastore valdese Luca Baratto:

R. - Sicuramente è un momento storico importante per noi. Innanzi tutto è un momento di grande fraternità, non formale, ma autentica, anche in queste parole di perdono che ha espresso Papa Francesco e che noi accogliamo con riconoscenza; ma anche autentico dal punto di vista di chi ce lo ha portato e per questo noi siamo riconoscenti di queste parole.

D. - Quale passo in avanti  è stato compiuto oggi concretamente?

R. - Sono stati detti chiaramente due elementi teologici che ancora ci dividono: quello delle comunità ecclesiali e non Chiese e quello dell’ospitalità eucaristica, in realtà collegati  tra loro. È importante che in un momento di fraternità si dicano anche francamente alcune cose che rimangono in sospeso e che dal nostro punto di vista evangelico sono pericolosamente in sospeso. Dall’altro lato è stato importante rinnovare un’idea di collaborazione e di impegno della società, soprattutto nei confronti dei migranti. Il cristiano è qualcuno che incontra delle persone. È importante dire che i migranti sono persone; noi li incontriamo per questo, per i loro bisogni, per le loro necessità, e lo facciamo insieme.

D. – Da valdese, che cosa apprezza del magistero di Francesco?

R. – Da valdese apprezzo l’autenticità, il fatto che sostanzialmente la persona viene prima del principio e che c’è questa strana comunanza di Italia-Argentina. I valdesi sono sia in Italia che in Argentina e Uruguay. Quelli che si trovano in Uruguay sono figli di emigrati dall’Italia. È una storia che non è diversa da quella della famiglia di Francesco.

 








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