2015-06-22 14:00:00

Il Papa al Cottolengo: scartare gli anziani è peccato sociale grave


Francesco nella Piccola Casa della Divina Provvidenza di Torino, conosciuta come “Cottolengo”, ha incontrato gli anziani, i malati e i disabili. Da lui parole di compassione per quelli che ha definito “membra preziose della Chiesa” e di denuncia contro la cultura dello scarto e quel sistema sbagliato che non pone più l’uomo al centro ma il consumo e gli interessi economici. Il servizio di Cecilia Seppia:

La tenerezza, la compassione, la misericordia, in una parola sola l’amore: lo stesso che quasi due secoli fa guidò San Giuseppe Benedetto Cottolengo nell’opera grande di creare la Piccola Casa della Divina Provvidenza per accogliere i poveri, abbandonati e malati, quelli che nessuno voleva. E il Papa ricalca quell’amore, lo rende concreto nei gesti, mentre dice “non potevo venire a Torino senza fermarmi in questo luogo”. Ma poi tuona ancora contro la “cultura dello scarto”, contro chi di fronte al bisogno più estremo volta la faccia dall’altra parte:

“L’esclusione dei poveri e la difficoltà per gli indigenti a ricevere l’assistenza e le cure necessarie, è una situazione che purtroppo è presente ancora oggi. Sono stati fatti grandi progressi nella medicina e nell’assistenza sociale, ma si è diffusa anche una cultura dello scarto, come conseguenza di una crisi antropologica che non pone più l’uomo al centro, ma il consumo e gli interessi economici”.

Tra le prime vittime di questa cultura dello scarto, Francesco cita ancora gli anziani, “memoria e saggezza dei popoli”, la cui longevità, sostiene “non sempre viene vista come un dono” piuttosto “come un peso difficile da sostenere, soprattutto quando la loro salute è fortemente compromessa”.

“Questa mentalità non fa bene alla società ed è nostro compito sviluppare degli “anticorpi” contro questo modo di considerare gli anziani, o le persone con disabilità, quasi fossero vite non più degne di essere vissute. Questo è peccato, è un peccato sociale grave. Qui possiamo imparare un altro sguardo sulla vita e sulla persona umana!”.

Lo stesso sguardo che ha avuto San Giuseppe Cottolengo che “non è rimasto sordo all’appello di Gesù quando chiede di essere sfamato, dissetato, vestito e visitato”. Da lui afferma il Santo Padre possiamo imparare la concretezza dell’amore evangelico, cosicché molti poveri e malati possano trovare una “casa”, “vivere come in una famiglia, sentirsi appartenenti alla comunità e non esclusi”:

“Voi siete membra preziose della Chiesa, siete la carne di Cristo crocifisso che abbiamo l’onore di toccare e di servire con amore. Con la grazia di Gesù voi potete essere testimoni e apostoli della divina misericordia che salva il mondo”.

La ragion d’essere di questa Piccola Casa – ha concluso il Pontefice – non è l’assistenzialismo o la filantropia ma il Vangelo, perciò al centro prima di ogni azione umana deve esserci la preghiera:

“Il Vangelo dell’amore di Cristo è la forza che l’ha fatta nascere e che la fa andare avanti: l’amore di predilezione di Gesù per i più fragili e i più deboli. E per questo un’opera come questa non va avanti senza la preghiera, che è il primo e più importante lavoro della Piccola Casa”.

Infine, nel Cortile interno del Cottolengo, tra la commozione di decine di persone che non hanno trovato posto in Chiesa, il Papa ha accarezzato idealmente ogni malato e ha rivolto il suo grazie a chi, degli ultimi, continua a prendersi cura portando avanti la missione di questo “grande Santo della carità”:

“Vi saluto tutti, vi saluto di cuore! Vi ringrazio tanto, tanto di quello che fate per gli ammalati, per gli anziani e quello che fate con tenerezza, con tanto amore. Vi ringrazio tanto e vi chiedo di pregare per me, pregare per la Chiesa, pregare per i bambini…Pregare per i genitori, per le famiglie, ma da qui pregate per la Chiesa, pregate perché il Signore invii sacerdoti, invii suore, a fare questo lavoro, tanto lavoro!”.








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